Ansa

la protesta dei trattori

FdI e Lega hanno votato a favore della riforma della Pac che gli agricoltori contestano

David Carretta

Al Parlamento europeo, i deputati di Fratelli d’Italia hanno sostenuto i tre testi che costituiscono il pilastro della nuova Politica agricola comune. Anche gli uomini di Matteo Salvini, che ha denunciato le “scelte folli” dell’Ue, si sono schierati a favore di gran parte della riforma

Bruxelles. Giorgia Meloni giovedì ha detto di appartenere a “un partito che in Europa ha votato contro la gran parte delle questioni che oggi giustamente gli agricoltori pongono”. Uno dei bersagli contro cui si scagliano i trattori in collera è la riforma della Politica agricola comune (Pac). Al Parlamento europeo, i deputati di Fratelli d’Italia hanno votato a favore dei tre testi che costituiscono il pilastro della nuova Pac. Anche la Lega di Matteo Salvini, che ha denunciato le “scelte folli” dell’Ue, si è schierata a favore di gran parte della riforma

La riforma della Politica agricola comune, adottata dal Parlamento europeo nel novembre 2021 ed entrata in vigore nel 2023, ruota attorno a tre testi: l’istituzione dei piani strategici degli stati membri, che ha reso la Pac più nazionale, lasciando ampia flessibilità ai singoli governi sulla sua implementazione; il regolamento sul funzionamento, la gestione e il monitoraggio della Pac; e l’organizzazione comune dei mercati (che comprende etichette, Igp e regimi di qualità). I deputati di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo hanno approvato tutti e tre i regolamenti. Anche la Lega ha dato il suo “sì” a due dei regolamenti, astenendosi sul terzo.  A votare “no” alla nuova Pac sono stati i Verdi, ma per le ragioni opposte a quelle sostenute oggi dagli agricoltori per contestarla. Per gli ecologisti la riforma non era sufficientemente “green”. 

In effetti sia le proposte della Commissione sia i testi finali sono stati fortemente influenzati dalle lobby agricole per preservare il più possibile il settore rurale dai sacrifici legati alla transizione climatica e ambientale. La Coldiretti ha giocato un ruolo centrale nelle posizioni assunte dal governo e dagli eurodeputati italiani. Il 23 novembre 2021, dopo l’adozione definitiva della riforma in Parlamento europeo, l’organizzazione presieduta da Ettore Prandini ha messo da parte la sua retorica contestataria per salutare la riforma. “Dal Parlamento viene un importante riconoscimento del ruolo della Pac, che deve garantire reddito agli agricoltori affinché possano continuare a offrire alimenti sani nelle giuste quantità preservando le risorse naturali e contribuendo alla lotta al cambiamento climatico con più ricerca e innovazione”, ha detto Prandini.

La Pac riformata è solo una delle ragioni (confuse) della collera rurale. Ma i partiti della destra sovranista e dell’estrema destra, che cavalcano la protesta in vista delle elezioni europee, hanno tutti (o quasi) appoggiato la riforma. Dal Rassemblement national di Marine Le Pen ad Alternativa per la Germania, passando per il Fidesz di Viktor Orbán, che mercoledì ha accusato l’Ue di “non prendere sul serio la voce” degli agricoltori.  Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione, ha cercato di ascoltare la loro voce correndo ai ripari poco prima che i trattori arrivassero a Bruxelles. La scorsa settimana ha lanciato il Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura. Martedì, ha messo in pausa i negoziati sull’accordo di libero scambio con il Mercosur. Mercoledì ha annunciato restrizioni alle importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina (cereali, pollame, uova e zucchero) e un’ulteriore proroga all’obbligo di messa a riposo di terreni coltivati. Giovedì ha promesso di ridurre la burocrazia. Il problema per von der Leyen è che le ragioni della protesta sono vaghe e spesso senza fondamento nella realtà: reddito, prezzi bassi, costi elevati, importazioni, carico amministrativo, norme ambientali reali o immaginarie. Non c’è un annuncio “magico” per calmare la collera. 

La realtà è diversa da quella raccontata da alcuni agricoltori in rivolta e diffusa dai megafoni populisti. Il reddito medio per lavoratore agricolo? Tra il 2013 e il 2021 è aumentato del 56 per cento, salendo a 28.800 euro. I prezzi? Nel 2024 sono più bassi del 2022, quando permisero entrate straordinarie al settore per l’impennata dovuta alla guerra della Russia in Ucraina, ma non sono inferiori al 2021. I costi? Quelli di energia e fertilizzanti si sono riallineati al periodo prebellico, durante il quale gli agricoltori hanno beneficiato di ingenti aiuti di stato. Le norme del Green deal? Commissione, governi e Parlamento europeo hanno svuotato la legge sul ripristino della natura, bocciato la riduzione dei pesticidi, reintrodotto il glifosato. Gli odiati accordi di libero scambio? Quelli firmati finora hanno permesso all’Ue di aumentare le esportazioni agricole e registrare surplus commerciali significativi. La burocrazia della Pac? Con la riforma, “ogni stato membro ha una notevole discrezionalità”, ha ricordato ieri la Commissione: “La progettazione degli schemi di finanziamento e dei controlli è in gran parte nelle loro mani”. I trattori dovrebbero assediare le capitali nazionali, non Bruxelles. L’Ue riserva all’agricoltura un terzo del suo bilancio: 400 su 1.200 miliardi di euro in sette anni. Ma l’80 per cento dei fondi va al 20 per cento delle aziende agricole più grandi. E’ un’altra contraddizione dei populisti – deputati o organizzazioni – che dicono di difendere gli agricoltori più piccoli e in difficoltà. Hanno votato o promosso la Pac delle élite.
 

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