Il racconto

Il diario di Giambruno: "Non scherza più, si sente tradito, ma è pronto a tornare in tv"

Simone Canettieri

L'ex compagno della premier si occupa di coordinare la tramissione che conduceva, i cui ascolti ora vanno meglio. Crede di aver pagato troppo, punta a ritornare a settembre

La sala regia è la sua isola d’Elba: un esilio (dallo schermo) destinato a terminare il prossimo settembre. Dopo  dieci napoleonici mesi. Almeno così dice – sperando – ai pochissimi amici fidati Andrea Giambruno, il grande ex fatto persona. Già compagno di Giorgia Meloni, licenziato con un post sui social dalla premier; già conduttore del “Diario del giorno” su Rete 4; già ciuffo d’Italia (le parrucchiere di Cologno Monzese, che bene lo conoscono, sostengono che “con Giorgia non sia proprio finita”: chiacchiere di lacca?). E’ il conte di Montecristo del Palatino. Sul colle di Mediaset, segregato in un ruolo che gli sta stretto, sogna il gran rientro. 

 
Magari in un tg, senza più dover improvvisare tra “lupi che prima o poi ti trovano” e con il rischio di fuorionda birichini (immortale quello sul “threesome” proposto con piacioneria, un po’ romanesca un po’ da maranza, a una collega). Sa di essere l’osservato speciale, questo sì. Sa di essere stato tradito da colleghi che considerava amici, questo pensa. “Cammina radente al muro: buongiorno e buonasera, ha perso la consueta allegria guascona. Lo incontriamo al bar o in mensa: così riservato da non essere più lui”, raccontano i romani di Mediaset, comunque considerati periferia dell’impero berlusconiano. Andrea? Un bravo ragazzo, aggiungono tutti. 


Giambruno si è sentito vittima di “una caccia all’uomo”. Pensa di aver pagato più del dovuto per il ruolo pubblico  che ricopriva. In questi giorni c’è chi gli ha sentito fare ragionamenti del tipo: se avessi detto io le cose che ho ascoltato in certe trasmissioni di La7 mi avrebbero scorticato vivo. Pare si riferisse a Lilli Gruber e Corrado Formigli, chissà.   La sua nuova vita professionale inizia alle 10 e termina alle 18. Riunione del mattino con la redazione di “Diario del giorno”. Si parte: commento dei giornali, argomenti, scelta degli ospiti, scaletta, punto sui collegamenti. Poi mini riunione con chi ha preso il suo posto. A rotazione, i conduttori della trasmissione che ha lanciato e sotterrato l’ex compagno di Meloni sono: Luigi Galluzzo, Elena Tambini e Manuela Boselli. Ciò che fino a poco tempo fa era tutto un blu Estoril, adesso è diventato un nome giallo su uno sfondo grigio nei titoli di coda della trasmissione alla voce “coordinamento”. Telecamere color nostalgia, e comunque ora vige il “Blu notte” come la serie sui misteri italiani di Carlo Lucarelli. 


Ma attenzione, eccolo in cuffia: “Manda la pubblicità!”. “Siamo lunghi”. Dopo la puntata – inizia alle 15.30 e termina intorno alle 16.45 – nuova piccola riunione e appuntamento alla mattina seguente. E così è: dal lunedì al venerdì. E’ la vita quotidiana nelle segrete del Palatino.  
Notizia di dettaglio, ma forse no: “Diario del giorno” non ha avuto contraccolpi da quando non c’è più il suo mattatore “Giambrunasca”, come lo chiama Antonio Ricci. Anzi. Dati alla mano dal 19 ottobre – quando è scomparso dagli schermi sotto i colpi di “Striscia la notizia” – al 1° dicembre ha registrato una media di 478 mila spettatori pari al 5,27 per cento di share. Quando iniziò la nuova stagione, con gentile concessione aziendale di produrlo a Roma e non più a Milano, “Diario del giorno” si era fermato a una media del 4,8 pari a 403 mila spettatori. In poche parole da quando non c’è più il “first husband” decaduto, il prodotto ha acquistato mezzo punto. Anche se c’è chi ricorda che, specie in estate, Giambruno riuscì a toccare perfino il record storico del 7,5 per cento. Un botto. Come quello che lo ha visto protagonista: boom! E adesso, riservato e attento ai doppi sensi al bancone o nei corridoi, si ritrova in versione soldato: ciuffo tagliato, elmetto e lavoro. Niente più interviste a nastro per correggersi (“sono stato frainteso”), per aderire (“chi mi attacca mira a colpire Giorgia che lavora 24 ore al giorno per l’Italia”), per darsi un po’ di sintomatico mistero (“chi dice che io e Giorgia non siamo già sposati? L’anello che porto è simbolo del mio cuore gitano”, parole rilasciate a “Chi” diretto dall’amico e mentore Alfonso Signorini alla vigilia del cataclisma).

Vuole essere dimenticato e giudicato solo per il suo lavoro: coordina e non straripa. Funziona. Di Mediaset non parla. Spera di ritornare alla conduzione, com’è normale che sia. Magari come mezzobusto. Non a gennaio, forse a settembre. Quando ci saranno i nuovi palinsesti dopo quest’anno di doloroso passaggio per l’azienda fondata dal Cav. Giovedì non andrà alla prima della Scala, come accadde nel 2022. Un destino che lo accomuna alla premier che rimarrà lontana dal debutto del Don Carlo. Troppi ricordi.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.