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L'immigrazione

Come si fa a “portare” Lampedusa in Libia e in Tunisia? Idea per Meloni

Paolo Cirino Pomicino

Per contrastare l’esplosione degli arrivi dei migranti bisognerebbe costruire degli Hotspot per chiunque dovesse approdare sulle nostre coste. Qui, verrebbe trasferito per una verifica dei requisiti e organizzare i primi corsi di formazione e di lingua per alimentare i flussi regolari di migranti

L’esplosione degli arrivi dei migranti superando dall’inizio dell’anno abbondantemente quota centomila ha messo in ginocchio Lampedusa e in difficoltà l’intero paese. Negli ultimi 12 anni i migranti sbarcati in Italia sono oltre 800 mila e tutti i governi, nessuno escluso e con qualunque coalizione, hanno fatto cilecca salvo proposte immaginifiche dei partiti quando ognuno di loro era all’opposizione. Una Waterloo drammatica con una riduzione numerica solo con la gestione Minniti che aveva dato ai delinquenti della guardia costiera libica una barca di quattrini nel tentativo di frenare i flussi incontrollabili. Una scelta drammatica perché i migranti che venivano intercettati o respinti andavano nei ghetti libici nei quali – anche se so che la linea di questo giornale è differente – si consumavano atrocità di ogni tipo su uomini, donne e bambini.

D’altro canto la scelta di un rapporto diretto tra governo italiano e guardia costiera senza passare per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale era la più clamorosa testimonianza che tribù e clan ormai avevano preso il sopravvento. Un rimorso, questo, che resta una macchia sugli anglo-francesi che convinsero gli americani di bombardare Gheddafi e la sua Libia. La saggezza di Andreotti e Craxi che più volte, e non solo nel 1986, avvertirono per tempo Gheddafi salvandogli la vita non fu un atto d’amore ma solo la consapevolezza che l’alternativa a Gheddafi erano le tribù. E la Libia di oggi ne è la testimonianza. Ma torniamo alle migrazioni bibliche che affannano l’Italia e tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi due decenni. Le origini del fallimento si conoscono. La sordità dell’Europa e la nostra sostanziale debolezza degli ultimi decenni ha impedito quella redistribuzione che era insita negli accordi di Dublino che lasciava allo Stato cui approdavano i migranti solo l’obbligo di verificare i requisiti.

L’altro braccio della tenaglia che ha soffocato tutti i paesi mediterranei era la difficoltà del rimpatrio e del respingimento sia per il rifiuto dei vari Stati, sia perché non si riusciva spesso a confermare le identità nazionali e  sia perché respingerli nel paese da cui partivano significava consegnarli ai torturatori e agli stupratori. Era questa, dunque, la tenaglia che vanificava gli sforzi di tutti i governi e di tutti gli Stati europei. Eppure una soluzione potrebbe esserci. Lo slogan potrebbe essere “portiamo Lampedusa in Libia e in Tunisia”. E ci spieghiamo. Noi dovremmo costruire degli Hotspot con migliaia di posti a gestione o europea o, per fare presto, con i paesi mediterranei o ancora solo con l’Italia per cui chiunque dovesse approdare sulle nostre coste verrebbe in tempo reale trasferito in questi Hotspot a gestione italiana o europea, in cui si verificano i requisiti e si organizzano anche dei primi corsi di formazione e di lingua per alimentare quei flussi regolari di migranti di cui giustamente molti parlano.

Si dice, altrettanto giustamente, che questa tesi si scontra con il rifiuto dei governi tunisini e libici nel casi illustrato. Mai come oggi, però, abbiamo molti strumenti di convinzione. In Tunisia, grazie anche alla Meloni, è arrivata anche la Ursula von der Leyen e si sta sollecitando il fondo monetario a fare ciò che è necessario sul piano finanziario per fare uscire il paese dalle crescenti difficoltà. L’iniziativa proposta, non a caso, dovrebbe essere accompagnata da investimenti e da finanziamenti allo Stato ricevente come peraltro è accaduto con Erdogan che ebbe dall’Europa 6 miliardi di euro solo per fare una sorta di campi di concentramento in cui trasferire i migranti. Nella proposta che offriamo al governo e a tutto il parlamento, invece, è di accompagnare questa iniziativa con finanziamenti a fondo perduto e con investimenti produttivi oltre ai quei posti di lavoro procurati dall’indotto dei nuovi Hotspot a gestione Italo-europei. Solo per ricordo, l’Italia ha già con la Libia un accordo bilaterale di supporto al governo riconosciuto con la presenza di 200 militari, carabinieri compresi, nella tripolitania.

Libia e Tunisia difficilmente respingerebbero questo pacchetto fatto di posti di lavoro, di investimenti e di finanziamenti a fondo perduto. Una iniziativa diplomatica in questa direzione con il sostegno di governo e opposizione visto che il fallimento è stato di tutti (e non poteva essere altrimenti per le ragioni esposte) potrebbe essere attivata da subito considerando peraltro le attuali difficoltà della Tunisia e della stessa Libia alla quale i finanziamenti dovrebbero essere dati alla Tripolitania ed alla Cirenaica sino a quando non ci sarà un parlamento unico. Questa iniziativa servirebbe anche a dare ristoro ai paesi più poveri del Nordafrica come faceva Mattei che non aveva mai avuto l’idea di un colonialismo mascherato e potrebbe essere l’inizio di quel piano Mattei più volte richiamato dalla presidente Meloni.

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