L'indiscreto

Schlein va a vivere a Testaccio: camera con vista "sul Cremlino" a due passi da Enrico Letta

Simone Canettieri

La segretaria del Pd prende casa nel rione della Capitae vicino allo storico palazzone del Partito comunista. Una scelta di campo opposta a Meloni, che si è stabilita ormai a Roma sud

Elly Schlein ha trovato casa. E’ andata a finire a Testaccio, una volta cuore rosso e popolare della capitale con il Pci al sessanta per cento, non distante dall’appartamento di un altro segretario del Pd, Enrico Letta, che abita nel mitico palazzone soprannominato “Cremlino” perché ai tempi gloriosi del partitone nell’imponente stabile c’era la sezione più grande di Roma del Partito comunista. Dopo una breve convivenza  con la collega deputata Chiara Gribaudo e un lungo pellegrinaggio negli hotel del centro in zona Nazareno, Elly ha fatto una scelta di campo. Via dal tridente dei Palazzi e della politica politicante, spazio alla nuova vita radical-testaccina. Chissà che non diventi anche della Roma, a questo punto, dopo aver cambiato due volte fede calcistica: era del Milan poi scoprì di chi era e diventò della Juve e ora simpatizzerebbe per il Bologna. In questo caso dal campo largo (con Carlo Calenda e Giuseppe Conte) fino  a “Campo Testaccio”, primo inno giallorosso, sarebbe un passo breve (Cor core acceso da la passione / undici atleti Roma chiamò / e sott’ar sole der Cuppolone ’na bella maja e du’ colori je portò). 

Elly testaccina dunque, come Gabriella Ferri nata  in piazza Santa Maria Liberatrice 19, anche se rimane la leader più cosmopolita che ci sia con triplice passaporto.   Testaccio, con la sua movida decaduta e i ristorantini tipici, è anche il cuore di una certa sinistra, che la domenica si dà appuntamento alla “Città dell’altra economia”, già sede di feste dell’Unità, e di tante iniziative della gauche romana, anche extra Pd (al contrario di Roma sud, regno meloniano dove nascerà la villa con piscina della premier). Qui Schlein infiammò la piazza durante le primarie che non la videro arrivare, qui lo scorso luglio si è ripresentata a un dibattito  “sulla destra che macchiettizza la sinistra e sulla mascolinità tossica da sradicare”. L’avvistarono ai Parioli a casa di Claudio Baglioni, la volevano al Pigneto e a Tor Pignattara, ma alla fine ha scelto. Chissà se  si fermerà mai davanti alla casa di una vecchia quercia che abitava da quelle parti: Emanuele Macaluso, anima riformista della sinistra italiana e del quartiere, certo.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.