Il colloquio

Conte: "La Rai era al 70 per cento del Pd e accusano me di filare con Meloni?"

Simone Canettieri

Il capo M5s al Foglio: "Il governo rispetti il pluralismo, ma i dem non si attacchino a tre-quattro posizioni che ci vengono assegnate". Intanto l'ex premier prepara una grande manifestazione sul lavoro

Di mattina ha incontrato gli studenti di una scuola per aspiranti diplomatici (“ma non sono legati a Di Maio”, scherza). E adesso, di pomeriggio, sta per andare a girare un video con il quale lancerà una grande manifestazione nazionale sul lavoro contro il decreto del 1° maggio di Meloni (sarà anche una sfida a Elly Schlein e al Pd, ovvio). Prima di piazzarsi davanti alla telecamera Giuseppe Conte si gode un accenno di sole davanti ai tavolini di un bar di piazza del Parlamento. Eccolo il capo del M5s, accusato di essere l’amico della “giaguara”, cioè di filare accordi sotterranei con la premier. A partire dalla Rai, Viale Mazzini giallonera. “Sono tutte falsità. Il Pd ha avuto in passato anche il 70 per cento della Rai, e c’è chi si sta strappando i capelli se ci sono tre o quattro persone vicine a noi”, risponde Conte con il tono di chi vuole scacciare ombre e sospetti. Eppure, presidente, la segnalano molto attivo su programmi e telegiornali: vuole smacchiare la vernice rossa dalla tv di stato in tandem con Meloni? “Quando governavamo noi, siamo stati dei fresconi : scegliemmo Salini, personalità indipendente”.


Conte, anche il M5s ha governato la Rai. “Per la guida del Tg1, per esempio, fu scelta una risorsa interna (Giuseppe Carboni) e subito fu collegata al M5s. Mentre noi abbiamo un’altra idea”. Tutti i partiti lottizzano. E adesso lei fa sponda con Meloni per arginare lo strapotere del Pd. “Io dico un’altra cosa: in Rai serve pluralismo. Ed è vero che il Pd ha avuto per tanto tempo il 70 per cento della struttura. Forse il 70 è troppo, diciamo il sessanta”. Dunque adesso la sua riscossa parte con il governo più a destra della storia repubblicana? “Non è così: adesso governano loro, le norme gli consentono di esercitare il potere delle scelte come meglio credono. Mi dirà un’altra cosa”. Quale? “Che il governo Meloni risponderà poi degli ascolti e dunque delle scelte che sta compiendo”. A lei interessa una riserva grillina in Rai? “No, a me interessa che il servizio pubblico funzioni. Ecco perché ho proposto una grande riforma della radio tv di stato con una sorta di stati generali”.

Sa benissimo che non si faranno mai. “Infatti, come ho detto alla Stampa in un’intervista, vorrei che questa iniziativa ci fosse la prossima legislatura. So benissimo che adesso la destra, che è al governo, non la farebbe mai. E poi basta dire che tramo con Meloni, che faccio accordi sotterranei, questa è propaganda”. Ma ci sono diversi casi e ora si aspetta il banco di prova della Rai: la divisione di pani e pesci, tg e programmi. “Non è così. Lavoro, e basta, per costruire un’alternativa”. Lo staff di Conte intanto freme. C’è da studiare questo video che l’ex premier vuole usare per lanciare una grande mobilitazione di piazza sul lavoro. Presidente, il Parlamento l’altra sera ha dato il via alla commissione Covid: la vogliono incastrare sulla pandemia? “A me?! Non sanno cosa li aspetta!”. (s. can.)       

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.