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Il caso

Lockdown Crisanti. Dopo la perizia sulla pandemia, cellulari muti nel Pd

Simone Canettieri

Da quando è esplosa l'inchiesta di Bergamo e il microbiologo ha iniziato a rilasciare dichiarazioni a destra e a manca, nessuno tra i dem gli risponde più. E l'addetta stampa gli impone il divieto di parlare con i giornali e le tv

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Chi lo ha candidato, il Pd, non gli risponde più al telefono. E in più gli è stata piazzata una solerte addetta stampa, abituata a maneggiare i grillini, con un’unica raccomandazione: Andrea Crisanti non deve parlare con la stampa, ma nemmeno con le tv, le radio, le agenzie. Così il microbiologo e senatore dem è finito in una sorta di lockdown. Eccolo passeggiare avanti e indietro sul parquet scricchiolante del salone Garibaldi, il transatlantico di Palazzo Madama. Un’anima in pena. La sua perizia, usata dalla procura di Bergamo, è una sassata sulla catena di comando del governo Conte II, quello che gestì la pandemia. Lui la chiama “ricostruzione tridimensionale di ciò che accadde”.

Di fatto è il grimaldello usato dai magistrati per indagare Conte, ma anche Roberto Speranza, Attilio Fontana governatore della Lombardia, i vertici di allora del Comitato tecnico scientifico e dell’Istituto superiore di sanità. Da quando è esplosa l’inchiesta e il senatore ha iniziato a parlare con l’universo mondo, i telefoni dei colleghi del Pd si sono fatti muti. “Non mi risponde più nessuno: tutta colpa di quella perizia...”, si è lamentato Crisanti con le anime pie che gli parlano ancora. Chiuso in questa bolla l’esponente dem spesso ricorda che furono “loro” a cercarlo. Candidato su spinta del circolo Pd di Londra, è stato eletto nella circoscrizione Europa. Lo scelse Enrico Letta, proprio per la sua popolarità – liti in Veneto con Zaia annesse – acquisita con il Covid.

Adesso spera nel vaccino Schlein (più efficace del Pfizer?) visto che si vanta di averla sostenuta alle primarie. 

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