Foto di Fabio Frustaci, via Ansa 

il racconto

Il radicale Turco ripercorre quel rapporto controverso tra la sinistra e il 41-bis

Marianna Rizzini

Lui, segretario del Partito radicale, si è sempre detto contrario. Ma nel 1992, il regime carcerario nato in una situazione emergenziale si volle stabilizzare. E anche oggi i dem non intendono mettere in discussione la sua esistenza

Molti anni fa, quando il 41-bis si cristallizzava fuori dall’emergenza post stragi di mafia e veniva stabilizzato come regime di detenzione dura, Maurizio Turco e Sergio D’Elia, rispettivamente oggi segretario del Partito radicale e dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, facevano un lungo viaggio nelle carceri, con ricognizione dello stato fisico e psichico dei detenuti sottoposti a 41-bis. Ne usciva un libro dal titolo eloquente: “Tortura di stato. Inchiesta su ‘La comunità del 41-bis reale’ ”, con prefazione di Marco Pannella (ed. Marsilio).

 

Da quel viaggio in poi, dice oggi Turco, non si è assistito allo smantellamento di uno strumento pensato dopo il 1992, per colpire i mandanti delle stragi. Anzi: “È stato stabilizzato nel 2002 e da allora così è rimasto, anche inasprito nelle successive disposizioni del Dap”. Oggi se ne riparla a proposito di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto prima a Sassari poi a Opera, al centro delle polemiche non soltanto per il dibattito sul 41-bis, ma anche per via del caso Donzelli, il deputato di FdI, vicepresidente del Copasir, che due giorni fa si è rivolto alla delegazione del Pd che ha visitato in carcere Cospito con la frase “la sinistra dica se sta con lo stato o con il terrorismo e la mafia”.

 

E se il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ribadito che lo stato non “intende rinunciare al 41-bis”, e i parlamentari del Pd ripetono di non averlo mai messo in discussione, alcuni esponenti dem, dall’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando a Debora Serracchiani, dicono di essere andati a visitare “per ragioni d’umanità” Cospito, in sciopero della fame da oltre cento giorni. Ma in aula, due giorni fa, il tema dell’incompatibilità del 41-bis con i principi costituzionali non veniva sollevato dai dem ma dal presidente radicale di +Europa Riccardo Magi (“Dico subito che siamo tra coloro che ritengono urgente una discussione sull’incompatibilità del regime del 41-bis con i nostri principi costituzionali, e non perché oggi ci sia un caso Cospito, non per lassismo, non perché si debba aprire una trattativa con gli anarchici o con i mafiosi, ma per la nostra Costituzione…”).

 

Turco ripercorre la storia dell’inflessibilità di una parte della sinistra nel voler mantenere il 41-bis: “Un conto era il 1992. Ma nel 2002 non si era in situazione emergenziale, per non dire oggi. Eppure oggi ci sono circa settecento detenuti in 41-bis, tra cui anche persone in attesa del primo grado di giudizio. A fine anni Novanta, a sinistra, ci furono molti interventi a favore della stabilizzazione del 41-bis. Ricordo in particolare, sotto i governi Prodi e D’Alema, la posizione dell’allora sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Ayala, e le proroghe firmate a occhi bendati. E ricordo anche Nichi Vendola, allora segretario di Rifondazione comunista, spendersi a favore della stabilizzazione di una forma di detenzione pensata come emergenziale, in cui era proprio l’emergenza che giustificava la presenza di elementi di incostituzionalità. E quando Peppino Di Lello, già vice di Giovanni Falcone, mandò a Liberazione, nel 2002, un testo contro la stabilizzazione del 41-bis, se lo vide pubblicare, a mio avviso non proprio casualmente, il 15 agosto, giorno in cui era più facile passare inosservati”.

 

C’è anche un altro elemento su cui riflettere, dice Turco: “C’è chi pensa che l’iniziativa di Cospito possa far saltare il 41-bis. Domandiamoci piuttosto se, in questo quadro di polemiche, il Parlamento, a cui la Corte Costituzionale, nell’aprile del 2021, ha dato un anno di tempo per intervenire in materia di ergastolo ostativo, possa sul tema discutere serenamente. Detto questo, ricordo una visita al carcere di Sassari, quello dov’era detenuto Cospito: le celle per il 41-bis erano sotto il livello del mare – una situazione da deprivazione sensoriale”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.