Nordio smentisce Donzelli e Delmastro. Meloni li protegge. Tra Palazzo Chigi e Via Arenula c'è un problema

Valerio Valentini

I due dirigenti di FdI parlano di "documenti consultabili da ogni parlamentare". Il Guardasigilli dice il contrario, e si rimette alle indagini. La premier non sente ragioni: i suoi fedelissimi non si toccano. Ma la tensione è destinata ad aumentare. La mail del Dap che potrebbe inguaiare i meloniani. Le deleghe del sottosegretario patriota a rischio

Ai colleghi di governo che gli chiedevano un’anticipazione, e che nel farlo gli raccomandavano “cautela”, lui ha risposto in modo sbrigativo: “A me corre anzitutto l’obbligo di tutelare il mio ministero e la mia persona”. Carlo Nordio l’integerrimo, dunque? Pier Ferdinando Casini, in verità, nella relazione del ministro ci vede come un eccesso di candore: “Nordio è un’ottima persona ma temo che se non assume una postura politica  più netta non riuscirà a incidere come gran parte del Parlamento si augurerebbe”. Nordio il tiepido, allora? Certo, la pressione è stata forte. Giorgia Meloni lo ha chiamato più volte, in questi due giorni. Poi ha voluto che anche altri ministri lo accompagnassero alla Camera e al Senato, in segno di solidarietà. “Ma il nodo dovrà scioglierlo, il Guardasigilli: o resta lui, o resta Delmastro”, sentenzia il dem Peppe Provenzano. E non pare solo un puntiglio dell’opposizione. Le deleghe del sottosegretario meloniano alle carceri sono il primo elemento in discussione. 

Proprio le deleghe, forse, sono il minimo sindacale che Nordio dovrà chiedere a quel suo vice che sopporta con così malcelato, ricambiato, fastidio. Lo sono perché, come trapela da Via Arenula, la mail arrivata dal Dap a Delmastro giorni fa era “in forma confidenziale”: se l’indagine interna aperta dal capo di gabinetto di Nordio, Alberto Rizzo, confermasse la tesi, la sorte del sottosegretario parrebbe segnata. Anche se non è così che la pensano a Via della Scrofa. “Le dimissioni di Delmastro, come quelle di Giovanni Donzelli dal Copasir, sarebbero un favore a quei simpatizzanti dei terroristi che li stanno minacciando in queste ore. Il Pd e il Terzo polo vogliono unirsi?”, sbuffano i confidenti di Meloni.

Che questa sia la linea di tutto il centrodestra, in fondo, i patrioti lo danno per scontato. Al punto che quando, di buon mattino, i dirigenti di FdI chiedono agli alleati di evitare polemiche, c’è chi, come il forzista Alessandro Cattaneo, s’indispone: “Prima prendete iniziative in modo del tutto autonomo, poi ci chiedete di giustificarle?”.  Non è l’unico, a risentirsi. Maurizio Lupi, al termine del dibattito a Montecitorio, esce dall’Aula scuotendo il capo: “Bisognerebbe ricordarsi che ora si sta al governo”. Perfino dentro al gabinetto di Nordio, arrivano echi di disappunto. Giusi Bartolozzi in Transatlantico schiva domande e cronisti. Poi, si sfoga con ex colleghi azzurri: “Una vicenda allucinante”. Antonio Tajani, laconico, scolpisce il suo disappunto in uno sbuffo: “A volte bisognerebbe imparare a tacere”.

E invece, altro che tacere. Mentre il Guardasigilli parla in Aula, Delmastro intrattiene i cornisti fuori da Montecitorio. Donzelli sceglie solo apparentemente una via più cauta. Resta silente durante la riunione del Copasir, convocato per l’audizione di Tajani. Gelo, imbarazzo. Quando la seduta si scioglie, i colleghi che da San Macuto corrono verso la Camera per ascoltare Nordio lo vedono svicolare. Poi, però, ai colleghi ribadisce che di dimettersi da vicepresidente del Comitato sui servizi segreti non ha alcuna intenzione. “Giorgia è con me”. Ed è vero. Nel senso che le voci di una premier furiosa col suo fedelissimo sono così trasversali che vanno prese per buone. Al dunque, però, tutti scommettono sul fatto che sarà lei stessa a proteggerlo. 

Matteo Salvini, questo marasma lo osserva silente ma compiaciuto. Lorenzo Fontana, chiamato a convocare per la prima volta da chissà quanto tempo il Gran giurì d’onore per dirimere la contesa tra Donzelli e il Pd, allarga le braccia: “Ne sto vedendo di tutti i colori”. Stefano Candiani, salviniano tetragono, riflette: “Si rivelerà solo una bolla di sapone. Ma certo, quelli che si dicevano ‘pronti’ a governare, stanno in realtà facendo risaltare la cultura di governo della Lega”.

Nel mezzo, resta Nordio. Che certo non si scaglia contro i meloniani, ma neppure li difende. Ammette che i documenti rivelati da Donzelli “sono per loro natura sensibili”. La confutazione della tesi bislacca, sostenuta dallo stesso deputato di FdI, secondo cui “qualunque deputato avrebbe potuto consultare questi atti”. Nordio dice l’opposto: “Ai fini della loro ostensione, occorre una preventiva verifica e una valutazione del loro contenuto”. Poi, al dunque, il ministro si rimette alle indagini. Quella interna, delegata al suo capo di gabinetto. E quella della procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per rivelazione del segreto d’ufficio. E insomma forse, a breve, il Gran giurì d’onore potrebbe servire  tra Nordio e Meloni.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.