Il caso

Meloni concede l'ok preliminare sull'Autonomia alla Lega, ma è solo un titolo

Simone Canettieri

Riunione a Palazzo Chigi e gioco delle bandierine: accontentato Salvini in Lombardia, ma dal Cdm rimarranno fuori i Lep. Spinta su presidenzialismo e poteri a Roma per spingere Rocca nel Lazio

Svanito l’effetto concordia dell’arresto di Matteo Messina Denaro, Giorgia Meloni si trova al cospetto degli alleati che hanno preso gusto a metterle “il bastone fra le ruote”. L’occasione è il vertice sull’Autonomia, materia tanto cara a Roberto Calderoli e dunque a Matteo Salvini e quindi alla vecchia Lega. Il Carroccio spinge per portare a casa, intanto, un risultato simbolico: il passaggio in Consiglio dei ministri del disegno di legge prima del 12 febbraio. Un vessillo da sventolare in campagna elettorale in Lombardia a uso e consumo di Attilio Fontana.   Meloni assembla la riunione con i due vicepremier e Calderoli, convocando Francesco Lollobrigida,  Raffaele Fitto, titolare del sud, ed Elisabetta Casellati,   ministra delle Riforme e custode del presidenzialismo che sta così a cuore a Meloni. Insomma a Palazzo Chigi ci si marca a uomo. 

La giornata si accende sul far della sera quando Meloni, prima di riunirsi con Matteo Salvini, Antonio Tajani e gli altri , incontra Giancarlo Giorgetti: c’è da prendere una decisione sul futuro di Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, che oggi passerà dalle forche caudine del Consiglio dei ministri. Sull’Autonomia la premier può contare sulla sponda di Forza Italia poco interessata ad accelerare sull’argomento anche perché è alle prese con le controspinte e le preoccupazioni dei governatori azzurri del sud (sarà un caso ma proprio in serata il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto è stato avvistato in Transatlantico).

Dopo un’ora di conclave esce la nota del governo. E’ la conferma che Meloni ha esaudito le richieste leghiste. In quanto durante la riunione si “è definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del disegno di legge sull'autonomia differenziata”. 

Il via libera è accompagnato anche da due forme di compensazione: il cronoprogramma sul presidenzialismo e la riforma per dare più poteri a Roma capitale. Dalle parti di Fratelli d’Italia tendono comunque a sminuire la portata della bandierina piantata dalla Lega. Nella formula dell’ “approvazione preliminare” in Consiglio dei ministri non  è stato chiarito se, come vorrebbe Calderoli, la definizione dei Lep possa avvenire con una legge delega successiva al varo della riforma.  


C’è poi un altro aspetto a cui guardare. Il passaggio sul coinvolgimento delle forze politiche e del Parlamento potrebbe essere un ottimo modo per rallentare le spinte leghiste. D’altronde durante il Conte 1, dunque ai tempi del governo gialloverde, tutto si impantanò proprio alle Camere. Se la Lega può comunque dire di aver portato a casa mezzo risultato con vista sul Pirellone, la costruzione della narrazione del governo fa sì che anche Fratelli d’Italia possa dire altrettanto per il Lazio, viste le intenzioni di potenziare la capitale. Un  modo per aiutare   Francesco Rocca, l’uomo scelto da Meloni per fare il governatore.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.