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Al governo Meloni sta riuscendo di imporre una nuova normalità

Giuliano Ferrara

Alla destra vanno le palle in buca, della Ducia non c’è traccia e per l’opposizione è tempo di competere sullo stesso tavolo da biliardo

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Alla destra di governo va l’acqua per l’orto, le palle vanno in buca quasi tutte, per adesso, e dall’altra parte una sconfitta elettorale che, in gergo sportivo, “ci sta”, va trasformandosi in una Beresina, quando non solo perdi ma l’esercito è distrutto. La destra sembrava destinata a regnare con le sue caccole, le spaghettate alle vongole di Santanchè, le solite troie del Cav., l’intimazione di un consulente alla Cultura di cambiare nome alla strada intitolata a Tito, che poi non è il comunista Tito ma l’imperatore romano figlio di colui che ci ha lasciato tra le altre cose i vespasiani e un figlio sterminatore di giudei celebrato dal celebre arco, invece capita a Meloni e ai suoi di intercettare non dico il “sentimento italiano” celebrato in un libro dell’editore Sem da Massimo Valerio Manfredi, ma almeno il senso comune italiano, qualcosa di meno spiritualmente pregiato ma politicamente utile.

 

Per quanto la notizia sia che l’Unione europea introduce un tetto al contante, e non che lo alza, il fatto dei diecimila euro come soglia massima sembra dare ragione a Salvini e Meloni in modo brutalmente plateale. Il pagamento via Pos sarà anche nel nostro destino tecnologico globale, ma è impopolare nel piccolo commercio, che è un veicolo di popolarità per i suoi bardi di governo. Che il piano di spesa dei fondi europei possa essere rivisto è ormai un’acquisizione per i tedeschi e per altri, il che rafforza le ambizioni di Meloni e dei suoi delegati all’attuazione del Pnrr. Doveva essere una Ducia liberale venata di populismo andaluso, invece risulta una Presidenta che può aspirare a creare un nuovo establishment conservatore, senza esagerare, certo, e in attesa degli sviluppi, ma così è o appare, per ora.

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Il tracollo di Bruxelles legato ai fondi qatarioti è un colpo micidiale alla retorica europeista la più bolsa, esercizio nel quale eccellono in una parte del centrosinistra. Le ong, da Panzeri al caso della famiglia Soumahoro, hanno visto tempi migliori. Sulle rotte di migrazione nel Mediterraneo non tarderanno, scelta la via media della provocazione sorvegliata o attenuata, a esigere le loro ragioni europee, i nemici dell’immigrazione clandestina o illegale.

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A un simile disastro è difficile rispondere con un congresso, le riunioni, le tesi, i manifesti, lo statuto, il dibattito penosetto sciorinato da militanti e compagni di strada del Pd, il partito maggiore dell’opposizione che sta tutti i giorni sotto bagno politico e perde pezzi di settimana in settimana, stretto tra un pragmatismo amministrativo un po’ vecchiotto e un conformismo ideologico dei diritti all’ombra delle correnti più forti. Conte e Calenda gioiscono, eppure ciascuno per sé non è destinato a fare molta strada: ci si può veramente consolare quando è tutto un mondo, uno stile, un carattere delle vecchie élite, a sembrare appeso a idee pendule come caciocavalli appesi?

 

Visto che al governo Meloni sta riuscendo, almeno provvisoriamente, di imporre una nuova normalità, un comando abbastanza felpato e ortodosso in politica internazionale e di sicurezza, visto che al di là di oscillazioni, forzature gaffe e marce indietro, la destra si è messa al centro delle istituzioni captando un’atmosfera italiana media invece di ripetere i clamorosi errori del contratto e del Papeete, non ha senso per nessuno limitarsi alla ridefinizione identitaria, bisognerebbe competere sul terreno che chi governa ha scelto di praticare, buca contro buca, allo stesso tavolo da biliardo.

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