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L'intervista

Gelmini: "Da Draghi nessun ritardo sul Pnrr. Il governo non ha alibi: tocca a Meloni"

Carmelo Caruso

"Il governo Draghi ha conseguito tutti gli obiettivi. La Commissione Ue ha smentito ritardi. La premier in campagna elettorale diceva che erano 'pronti'. Lo dimostrino". Intervista alla ex ministra e vicesegretaria di Azione

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Mariastella Gelmini, le leggiamo alcune frasi della premier Meloni: “Draghi non voglio criticarlo ma sul Pnrr…”. Lei ha fatto parte di quel governo. Oggi è vicesegretaria e portavoce di Azione. Facciamo trasparenza, come dicono quelli bravi. E’ vero che avete lasciato Palazzo Chigi e pure il lavoro indietro? “Non scherziamo! Il governo Draghi è stato sfiduciato a luglio, pochi giorni dopo il conseguimento di tutti gli obiettivi del primo semestre. E questo ha fatto sì che l’Italia ricevesse la seconda rata da 21 miliardi di euro, dopo i 45,9 miliardi ricevuti in precedenza. E ciononostante l’esecutivo ha continuato a lavorare, in particolare proprio per il Pnrr”. Lo vuole dire? “Lo dico. E’ l’ora che i nuovi ministri si assumano le loro responsabilità”.

 

Cosa ha dichiarato la Commissione Europea sul Pnrr? “Ha smentito qualsiasi ritardo. C’è un dato politico che va rimarcato: chi ha fatto cadere quel governo sapeva che esistevano impegni stringenti da rispettare per il Pnrr e che c’era da fare la legge di Bilancio. È paradossale adesso che paventino il rischio dell’esercizio provvisorio o di ritardi sul Pnrr. Erano pronti? Bene, lo dimostrino. Invece di accampare scuse preventive”.

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Gli obiettivi da raggiungere a fine dicembre sono ben 55. Il governo Meloni ne ha ereditati 30. Sono tantissimi o si possono raggiungere, lamentandosi meno? “Non sono tantissimi e non sono impossibili da raggiungere. È del tutto normale che gli obiettivi siano in prevalenza raggiunti alla fine del semestre, essendo il frutto del lavoro da svolgere e svolto nei sei mesi”. Vuole ricordare, a marzo dell’anno scorso, il numero di quelli raggiunti? “Avevamo conseguito 6 obiettivi sui 45 del semestre; ad aprile ne erano stati conseguiti 9 e a inizio giugno 2022, quindi ad un mese dalla scadenza del semestre di rendicontazione, erano stati conseguiti 25 obiettivi sui 45, pari al 55% del totale del semestre. Eppure abbiamo rispettato la scadenza. Lo stesso è accaduto nel 2021. La verità è che quel dato dei 25 obiettivi 2022 (25 su 55 al 20 ottobre 2022, cioè a 70 giorni dal 31 dicembre), è stato più elevato di quanto accaduto nei due semestri precedenti, nei quali gli obiettivi sono stati sempre, e tutti, raggiunti”.

 

Veniamo al presente. Oggi c’è un “superministero del Pnrr. E’ quello di Raffaele Fitto. Nel suo governo chi se ne occupava? “Questo esecutivo ha compiuto una scelta politica centralizzando ciò che prima era lasciato ai singoli ministeri e ad un coordinamento che stava a Palazzo Chigi”. Che biosgno c’era di un “superministero”? “È una scelta legittima che peraltro ha investito un politico di esperienza come Fitto ma mi pare anche che ciò riveli una buona dose di sfiducia da parte di Giorgia Meloni nei confronti dei membri del suo governo. Vedremo se – operativamente – questa scelta pagherà. Quello che è certo è che con le modalità adottate dal precedente governo, le scadenze sono state sempre rispettate”. Tra “gli appunti di Giorgia” c’è pure questo con tanto di post it: “Pnrr, riscrivere interamente”.

 

Il Pnrr è da riscrivere. Si o no? “Sul Pnrr Lega e FdI hanno detto per tutta la campagna elettorale che con la guerra era cambiato il mondo e che il Pnrr era da riscrivere. Una posizione pericolosa che avrebbe messo a rischio gli impegni che avevamo preso con l’Europa e i relativi finanziamenti. Dopo le elezioni però mi pare che, come hanno fatto su molti altri argomenti, abbiano cambiato i toni”. Cambiati? “Sì, il tema è ora diventato il problema dei prezzi e quello dei tempi: ma per questo c’è uno spazio di modifica e di intervento. Considero positivo che non si parli più di riscrittura, anche se si tratta dell’ennesima retromarcia rispetto alle bufale della campagna elettorale”.

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Alleniamo  la memoria. Il governo Draghi aveva delegato al sottosegretario Roberto Garofoli il controllo del Pnrr. Al Foglio lo abbiamo definito il “soprasegretario”. Cosa faceva un “soprasegretario”? “Un monitoraggio continuo. Garofoli sollecitava puntualmente i ministeri coinvolti: non c’è stato Cdm senza che relazionasse sullo stato dell’arte e incalzasse i ministri. E quando c’erano problemi politici, come nel caso delle riforme più complesse, era lo stesso Draghi a intervenire e sciogliere i nodi”.

 

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Bankitalia ha smontato parti di manovra. In particolar modo la battaglia sul tetto al contante da alzare. Che collegamento c’è con il Pnrr? “Già la Corte dei Conti aveva messo in evidenza, nell’audizione della scorsa settimana, come alcune misure contenute nella Manovra si pongano in contrasto con gli obiettivi di lotta all’evasione contenuti nel Pnrr”. La prima manovra Meloni che manovra è? “È la manovra degli spot e delle strizzatine d’occhio a singole categorie, ma non risolve un problema. Per questo con Azione – Italia Viva ci stiamo impegnando a limitare i danni”.

 

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