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Verso le regionali

In Lombardia il Pd si gioca la Quarta(pelle). Tra i nomi anche quello di Tabacci e Della Vedova. E' un format

Carmelo Caruso

La carta coperta del Pd è la parlamentare dem. Majorino è disponibile ma il M5s non molto. Il protagonismo di Vinicio Peluffo ex capo di segreteria di Veltroni

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Rischia di non avere nessuna carica perché è perfetta per ogni carica. E’ la “Quartapelle per non giocarsi la pelle”. In Lombardia, il vero nome protetto dal Pd, per guidare la regione, è il suo: Lia. Sarebbe una magnifica candidata anche secondo Enrico Letta così come si rivelerebbe una straordinaria segretaria per il dopo Letta. Giuliano Pisapia stravede per lei. Per Giorgio Napolitano è “l’allieva” (voleva Lia Quartapelle ministro degli Esteri). I laburisti: “Avete sentito il suo inglese? Ecco, ascoltatelo, imparate e poi tornate”. E’ deputata del Pd ed è atlantista come il segretario ma è “milanese” come Pierfrancesco Maran che si è autocandidato contro Attilio Fontana e contro la burokrazia di partito. Di Maran è pure amica e dunque “se c’è Pierfrancesco candidato alle primarie non ci sarò io”. Il segretario regionale del Pd lombardo, Vinicio Peluffo, che meriterebbe un cammeo (attendete), finora non l’ha inserita nel “listino”. Nella notte di lunedì è stato infatti compilato, dai dirigenti del Pd lombardo, questo preziosissimo documento che serve a ragionare sulle primarie lombarde (che desidera l’altro Pier, Piefrancesco Majorino, europarlamentare) ma “fermo restando la volontà di superare l’impasse cercando” – e virgolettiamo ancora perché sono tutte voci Pd –  “di collaborare con le opposizioni escludendo naturalmente Calenda e Renzi che si ostinano a imporci la candidatura di Letizia Moratti…”.

 

Del listino, a firma Peluffo, fanno parte la vicesegretaria dem Irene Tinagli (che alle politiche aveva già detto: “Vi ringrazio, no”) la ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, i due Pier (Maran, e Majorino) Mauro Guerra (ex deputato dei Ds) Fabio Pizzul (capogruppo in regione) e Simona Malpezzi. Nella lista è compreso pure Peluffo. E qui è finalmente arrivato il momento di raccontarlo. Lontano da Milano non lo conosce nessuno, a dire il vero lo conoscono poco pure a Milano. Si batte per le primarie (che non ci sono) e per individuare il candidato unitario della coalizione che ancora non c’è fino a quando non ci sarà il candidato. Chi vuole provare non tanto a capire la vicenda lombarda, ma quanto a orientarsi sui tormenti lombardi del Pd, deve partire dalla biografia di Peluffo: è parallela a quella del Pd. Peluffo si può definire “l’inventore delle primarie”. E’ stato segretario nazionale della Sinistra giovanile e capo segreteria di Walter Veltroni e da Veltroni incaricato a coordinare la gestione delle prime primarie nazionali. E’ stato assessore al comune di Rho, anzi, si deve a lui la costruzione della fiera. Ha realizzato una grande opera ma gli elettori sono stati tiepidi nel giudicare il suo operato: quando si è ripresentato alle comunali non ce l’ha fatta. Solo per raccontare chi è Peluffo e come per lui, organizzare le primarie in Lombardia, sia ormai una ragione di vita. “Che figura ci faccio se non le organizzo io?”.

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La figura che sta facendo il Pd è nota. A Roma di Maran non si fidano: “Ma chi è? Da dove viene? Che faceva?”. A Milano non accettano che Roma acceleri e Roma, la segreteria, vuole accelerare. C’è sempre da comprendere quale sia l’ampiezza della coalizione. Il M5s (esiste ancora in Lombardia, sorpresa) si è già diviso su Majorino. Dario Violi, consigliere regionale, al Foglio, ha dichiarato: “Su Majorino ci siamo”. Ma l’altro consigliere 5s, Massimo De Rosa, il giorno dopo, ha precisato “che su Majorino si può ragionare, ma al momento non lo sosteniamo”. La confusione è tale che giustamente, un dirigente del Pd, l’ha detta: “E poi ci sarebbe Bruno Tabacci”. Almeno lui può contare sui marxisti veri. Sono ancora attivi “i marxisti per Tabacci”. E’ il gruppo social che sogna di avere qualsiasi parlamentare: ironia e buona intelligenza. Tabacci è stato anche presidente della Regione Lombardia ma in un’epoca fa. L’obiezione (questa giusta) ma “Tabacci è intramontabile!”. Altri due nomi sono stati formulati, in questi casi, si dice “sondati”. Uno è quello di Benedetto Della Vedova, leader di Più Europa e l’altro è quello di Lele Fiano, ex parlamentare dem e molto altro. E per entrambi: “Ma sono eccessivamente milanesi. In provincia come si fa?”. In tre settimane il Pd è dunque riuscito a bruciare più candidati dell’Inquisizione spagnola. C’è stato un giorno in cui Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, è stato perfino candidato a sua insaputa. Cottarelli è già catalogato nella biblioteca Pd “grandi speranze”. Pisapia nella sezione saggistica “Ci abbiamo provato”. Manca, e per fortuna, il nome della Quartapelle, garanzia di come nel Pd valga questa regola: “Se volete fare il mio nome, vi prego non fate mai il mio nome”.

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