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Verso le Regionali

Maran si candida in Lombardia (per il Pd che non vuole dire “Conte”)

Marianna Rizzini

Rompere la tenaglia giallorossa, sparigliare anche in campo Moratti

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Il nome che non c’era a Milano ora c’è, e verrà annunciato dal protagonista stesso questa mattina alle 11 e 30, al teatro Franco Parenti: Pierfrancesco Maran, già assessore alla Casa e Piano Quartieri nella giunta Sala, già “mister preferenza” pd alle comunali dello scorso anno, scende in campo per le elezioni regionali, con l’appoggio del cosiddetto partito dei sindaci pd. “Fare della Lombardia un’impresa collettiva”, aveva detto Maran un mese fa, quando, nei giorni duri della sconfitta nazionale, il Pd si attorcigliava su se stesso nelle ore infinite della prima direzione post-sconfitta. “Non dobbiamo avere paura delle primarie”, diceva a questo giornale, esortando il partito a non far piovere il nome per le Regionali da Roma (“c’è un elettorato che ha valori comuni anche se vota per partiti diversi all’interno del centrosinistra, e a quello dobbiamo rivolgerci. C’è il dato: sindaci eletti con il centrosinistra governano in molte città lombarde”, diceva). E, a Milano, Maran intanto convocava un’assemblea pubblica senza simboli di partito, per poter “ricominciare da capo, invertendo la rotta”. E oggi la sua candidatura arriva a sparigliare vari piani: quello di chi, nella sinistra interna del Pd, di fronte alla candidatura Moratti, stava pensando di far scendere in campo Piefrancesco Majorino, eurodeputato, già consigliere comunale, uomo dal profilo utile (questo si diceva) a fare da ponte verso i Cinque Stelle. Ma, come a Roma la candidatura di Alessio D’Amato  nel nome dell’accordo Pd-Terzo Polo rende la vita difficile a Giuseppe Conte, così quella di Maran spezza i sogni dei nostalgici rossogialli. Mai dire Conte, dunque, né a Roma né a Milano, tantopiù che la candidatura Maran, potenzialmente gradita anche a parte dell’elettorato del terzo polo, crea un elemento concorrente nel campo della stessa Moratti, e nei giorni in cui c’è chi, nel Pd, considera la candidatura dell’ex vicepresidente della Regione troppo divisiva per allontanare l’evocato rischio scissione. “E’ un fatto che Milano sia un caso a parte, vuoi per l’esperimento Pisapia, riuscito grazie alla volontà di non creare una frattura con i ceti produttivi riformisti, vuoi per la storia della città dal Dopoguerra a oggi, e una candidatura Maran, in questo momento, permette di restare in quel solco”, dice un esponente del centrosinistra milanese. 
Sullo sfondo resta l’incognita primarie: ci saranno? E quando? Maran non ha mai fatto mistero di considerarle imprescindibili: “Non farle equivale a svilire un metodo che ha dato molti frutti e  risultati a sorpresa, mobilitando energie”; diceva all’indomani delle Politiche. Sullo sfondo resta anche l’invito di Carlo Calenda: “La proposta che facciamo al Pd”, ha detto il leader di Azione due giorni fa, “è di sederci insieme con Sala, Moratti, Gori, Del Bono e gli altri sindaci lombardi per verificare se le distanze sul merito e sui programmi siano così rilevanti da impedire una candidatura comune. Prendiamoci una giornata insieme per parlare di Lombardia e programmi invece di dividerci sulla provenienza dei candidati. Non costerebbe nulla e alla fine il Pd sarebbe comunque libero di scegliere un’altra strada”. Si vedrà.

 

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