Pierantonio Zanettin (foto Fabio Cimaglia / LaPresse)

Le norme della discordia

Critiche liberali da destra al decreto anti-rave. Parla il senatore Zanettin

Marianna Rizzini

"Sei anni sono una pena esagerata. Per non dire della questione intercettazioni. E poi la formulazione è troppo generica". L'ex capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia presenterà un emendamento. Ma i distinguo nella maggioranza fanno capire che su garantismo e sicurezza le tre componenti non parlano con la stessa voce

Non ha avuto molto successo di pubblico o di critica, il decreto anti-rave presentato dal neo-ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Non è neanche uscito dal Consiglio dei ministri che le contestazioni sono arrivate copiose e da più parti, specie attorno alla genericità della norma che definisce “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati” e alla possibilità di intercettare ex post per trovare i responsabili. Il Parlamento interverrà per modificarlo. Resta la diversità di vedute tra chi, al governo, voleva depenalizzare e quindi diminuire le fattispecie di reati e chi ha voluto di fatto introdurre un nuovo reato. Il viceministro azzurro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha indicato nel portare la pena a un livello che “inibisca l’uso delle intercettazioni”, cioè sotto i cinque anni, la possibile soluzione e nel “tipizzare la fattispecie” dei rave party punibili la possibilità di evitare che la norma diventi “norma di polizia” rispetto a ogni tipo di raduno o manifestazione, per esempio puntando soltanto sugli eventi in cui il largo uso di stupefacenti può creare problemi per l’ordine e la salute pubblica.

 

Ma le critiche al decreto non finiscono qui. Pierantonio Zanettin, avvocato, ex capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia alla Camera e ora senatore azzurro, sulla libertà d’espressione aveva fatto una battaglia ai tempi del ddl Zan, da lui criticato per il pericolo di andare a colpire alcune libertà per proteggerne altre. Zanettin, ai tempi in cui lo Zan arrivava in aula, prima della palude in cui poi è rimasto, parlava di confine sottile tra libertà di pensiero e istigazione all’odio (e alla discriminazione). “Possiamo ragionevolmente escludere che nessun giudice o nessun pm perseguirà mai sacerdoti cattolici o di altre confessioni religiose o semplici credenti o movimenti laici che si rendano protagonisti, sulla base delle loro convinzioni religiose, di contestazioni più o meno eclatanti dell’utero in affitto o delle famiglie arcobaleno?”, si chiedeva allora Zanettin, preoccupato per quella che considerava una possibile restrizione del perimetro normativo della libertà di pensiero, seppure con le migliori intenzioni. Ora però siamo di fronte a un provvedimento, quello anti-rave, che può andare a colpire proprio la libertà di espressione.

 

E chi allora additava il presunto “illiberalismo” della sinistra cosa dice a questa destra? Zanettin, dal centrodestra, ha da subito espresso dubbi: “Un rave può anche configurarsi come fenomeno illegale per altri motivi, ma non attiene alla manifestazione del pensiero”, dice al Foglio. “Intanto sei anni sono una pena esagerata. Per non dire della questione intercettazioni. E poi la formulazione è troppo generica. Questo in materia penale non dovrebbe succedere. Se la norma non viene chiarita, si rischia di andare incontro a interpretazioni lesive dell’articolo 21 e dell’articolo 17 della Costituzione, sulla libertà di pensiero e di riunione”.

 

Zanettin intanto presenterà un emendamento per diminuire la pena massima per gli organizzatori dei raduni da sei a quattro anni, così da escludere la possibilità di intercettazioni successive. E se l’opposizione ha alzato, come si poteva immaginare, un muro contro il decreto, i distinguo nella maggioranza fanno capire che sul tema giustizia, garantismo, sicurezza le tre componenti non parlano con la stessa voce

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.