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Il ministro bofonchio

Airport Giorgetti. Riapre la trattativa Ita e cita Einaudi. Nelle sue smorfie c'è già la manovra

Carmelo Caruso

Parla di risparmio e difende le misure di governo. Poi la prima grande decisione: interrompere la cessione in esclusiva di Ita con Certares, Air France, Klm-Delta. La giornata del neo ministro attraverso i suoi gesti

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Roma. Farà più smorfie che deficit e, scommetteteci, sarà Maurizio Crozza a consacrare Giancarlo Giorgetti, “caro dolce ministro bofonchio”, nostro Luigi Einaudi (lo ha citato ieri) di Cazzago Brabbia. Con il suo “uhmuhm” una decisione l’ha già presa. Ha riaperto la trattativa Ita. Niente più esclusiva con il gruppo Certares, Air France, Klm-Delta. Si ritorna a parlare  anche con le altre compagnie che avevano manifestato interesse. Sono Msc-Lufthansa e il Fondo Indigo partner. La notizia è stata comunicata a Borse chiuse. Non siamo economisti e dunque ci siamo affidati ai competenti. C’è una scuola di pensiero che dice che la decisione del Mef serve ad accelerare e comprendere le reali intenzioni di Certares, Air France, Klm-Delta. Un’altra scuola vede nella decisione di Giorgetti una sconfessione piena di quanto fatto dal governo di cui Giorgetti faceva parte. Quello Draghi. Ma c’è un altro Giorgetti ancora. E’ più sovranista di Salvini ma a differenza di Salvini sembra Virna Lisi: “Con quella bocca da montanaro può dire quel che vuole”.

 

E’ lo stesso  che il 31 agosto al Secolo XIX dichiarava: “L’avvio della negoziazione in esclusiva con Certares ci ha colti di sorpresa. Siamo preoccupati perché quell’offerta non prevede un partner industriale. Manca una delle parti fondamentali della strategia”.  Non si può dire che non l’avesse detto. Noi che preferiamo stare fuori, in cortile, registriamo, e riportiamo la reazione dei sorpresi. Abbiamo fonti Certares. Avrebbero fatto sapere che lavorano giorno e notte al dossier per  arrivare in tempi rapidi a un’offerta vincolante. E pensare che la nostra giornata era cominciata in altro modo. Eravamo andati, di mattina, ad ascoltare, e osservare, il “dolce caro ministro bofonchio” per ben tre ore (dateci un reddito di resistenza) alla sua prima uscita, la 98° giornata del risparmio, all’auditorium della Tecnica, zona Eur, e siamo in grado di offrirvi un prezioso documento. E’ il grande libro della smorfia giorgettiana.

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Se volete conoscere in anticipo il Def, consultatelo. C’è infatti in ogni gesto di Giorgetti una mimica che serve ad allargare ogni suo pensiero così come scriveva  Bruno Munari (“Supplemento al dizionario italiano”, Corraini). Il ministro dell’Economia era infatti fermo e seduto quando ha preso la parola il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ma quando Visco ha cominciato a ragionare sull’inflazione, Giorgetti ha alzato le ciglia che  equivale: “Eh, ti sembra che non lo sappia?”. Ci sono tre grandi classici della sua “smorfia”. La prima è quando comincia ad annuire e significa, lo ha spiegato dopo con le sue parole, “Cordiale Europa, ridurremo il deficit ma dobbiamo proteggere le famiglie. E che cavolo!”. La seconda è la mano sulla bocca ed è il segnale “ah, se potessi parlare”. Il terzo classico  è quando chiude le palpebre: “Che fatica. Voglio il mio lago!”. Raccontano gli amici che, a volte, così come nel film di Roberto Andò, anche Giorgetti si ammali di “stranezza”. In quelle sere guarda la luna e fa “l’atavico”.

 

Ieri, ad esempio, parlava sempre del risparmio dal “significato cruciale … perché questi sono i tempi che ci costringono a ritrovare certezze più profonde, ataviche”. Ha elevato Luigi Einaudi, il presidente della mela spartita al Quirinale con Indro Montanelli (“Ne vuole metà? La  condivide con me?”) a suo faro perché “come diceva Einaudi … il senso della parsimonia torna più prezioso adesso, in un sistema economico che si trova davanti all’evidenza della scarsità e dell’incertezza”. Se lo avesse sentito Andrea Orlando, state certi che gli avrebbe conferito la tessera Berlinguer 2023. Ma Orlando non c’era.

 

Ad ascoltare Giorgetti c’erano Innocenzo Cipolletta, Giovanni Maria Flick, e c’era pure l’eterno Bruno Tabacci  Ci siamo purtroppo persi noi la smorfia decisiva ma non abbiamo colpa. Giorgetti se ne era già andato quando Carlo Messina, ceo di Intesa-San Paolo, a margine, gli ha spiegato meglio di chiunque come ogni sua decisione e ogni (eventuale) rimozione verrà presto valutata dai mercati. Noi del Foglio ci siamo avvicinati a Messina e gli abbiamo chiesto cosa ne pensasse dell’eventuale uscita del direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera. E lui, Messina, che vale quanto mezzo governo, dall’alto della sua banca, rispondeva: “Rivera, una delle persone più competenti del Mef. Perderlo sarebbe un peccato”. Un leghista presente, ridanciano,  a cui non sta simpatica la coppia Rivera-Messina, l’ha semplificata:  “In pratica Messina si vuole scegliere l’arbitro. Miga mona”. Rivera ha seguito  il dossier Ita, il dossier che ci ha rovinato la serata e probabilmente anche quella di Giorgetti ma lui, a differenza nostra, avrebbe fatto questa smorfia. Il pollice tocca la punta del naso e le altre dita ondeggiano rapidamente: Marameo!

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