Il federale della Lega

Salvini minaccia di purgare Zaia e Fedriga. Resta segretario ma dovrà condividere la lista dei ministri

Carmelo Caruso

Malgrado la sconfitta resta capo di partito offrendo collegialità e congressi regionali da tenere entro fine gennaio. In segreto ordina alle sue squadracce di attaccare i governatori. Il repulisti inizia da Via Bellerio

È passato da Forza Putin a Forza Stalin. Per non essere fatto fuori ha minacciato di fare fuori tutti: “Sono pronto a espellere”. La Lega è ormai la nave Diciotti di Matteo Salvini: l’ha sequestrata. Domenica sera, in via Bellerio, lo hanno sentito insultare Fedriga, Zaia e Giorgetti: “Mi hanno fatto perdere”. Ieri mattina ha dato mandato alle sue squadracce di “picchiarli” sui social. Di pomeriggio ha convocato un federale. Non si dimette. Non lascia. Offre però di condividere con il partito i nomi dei ministri e “più collegialità”. E’ stato sfiduciato dalla base, dal suo predecessore,  Maroni, dal fondatore della Lega,  Bossi, che non è riuscito a eleggere e che propone adesso di nominare senatore a vita, carica che voleva abolire.


Non è vero che lavora per formare un nuovo governo con Giorgia Meloni. Salvini lavora già per sfasciarlo. Con il partito, e la sua comunità, è andata benissimo. Ha condotto la Lega sotto il 9 per cento, ha sporcato un monumento come Bossi: 81 anni, 35 anni di legislatura, un ictus. Per Salvini la rovina della Lega è da imputare a Draghi, ai ministri e governatori. Ha comandato ai suoi camerati, pure alcuni “giornalisti”, di scaracchiare contro.

 

In Toscana, si sono immediatamente mossi Susanna Ceccardi e il marito di lei, Andrea Barabotti. In Veneto, Massimo Bitonci gira le province ripetendo: “Abbiamo perso per colpa loro, ma ora si cambia”. Alex Bazzaro, deputato uscente, da sempre contrario all’entrata al governo, ha definito l’agenda Draghi “il cane di Mustafà”. Salvini sta recuperando gli arditi. Non si accorge neppure che sono doppiogiochisti.

 

In Lombardia, il braccio destro di Armando Siri è stato arruolato. Si tratta di Aldo Storti e ha minacciato sui social i presidenti della Lega: “Cari presidenti, per comprendere il crollo del consenso Lega dovreste farvi alcune domande”.

 

E via con un elenco di decisioni sagge appoggiate, a partire dalla vaccinazione obbligatoria. Il suo camerata capo, Siri, non eletto, avrebbe intanto bussato a FdI. E’ di uomini di questa pasta che Salvini si è circondato. E li difende anche. Fontana e Fedriga li irretisce. Devono correre per il secondo mandato e le trattative con gli alleati le conduce Salvini, un sequestratore seriale. Un leghista l’ha detta con lingua  sanguigna: “Non abbiamo bisogno di un nuovo segretario, ma di un sicario”.

 

Il federale di ieri è stato perfino inutile. Erano trenta uomini e una sola donna e la cosa peggiore non era la foto di questi trenta leghisti ma che tutti e trentuno si sono prestati a questa immagine da parata coreana. Salvini ha copiato dal Pd. Ha detto: “Sono pronto a riflettere sul voto. Rivendico essere entrato al governo”. Chi lo ascoltava era sconcertato. Ha fatto una conferenza post elezioni dove ha detto tutto il contrario. Fa Stalin quando serve e Nelson Mandela quando occorre. Il Salvini vero è quello di lunedì, quello che privatamente ha parlato con i governatori. I leghisti di governo spiegavano a Salvini che è necessario un cambio: “Non lo vedi che raccolgono le firme nei territori?”. Proponevano: “Prendiamoci insieme responsabilità del fallimento e ricominciamo”. Salvini invece replicava: “Abbiamo pagato il governo Draghi. Da adesso io caccio chi parla con i giornali, chi lavora contro.”. E loro: “Bene, il miglior modo per favorire una rivoluzione”.

 

Al federale non era presente Bossi. Era pronto a venire a in carrozzella per chiedere il congresso. Poi il dolore dicono sia stato troppo. E’ rimasto a Gemonio ma ha rilasciato questa nota: “Dal Nord è arrivato un messaggio chiaro e inequivocabile che non può essere ascoltato”.

 

Alle 19, dopo quattro ore, il federale era ancora in corso in quella via Bellerio dove Salvini, da due anni, si vede sporadicamente e che si accinge a ripulire. Le sue purghe stanno iniziando da qui. Ha già ridimensionato una figura storica come Nadia Dragata, assistente degli amministratori. In sede è tornato in pianta stabile Alberto Di Rubba, commercialista indagato. Lo ha richiamato Salvini. Oggi Di Rubba ha le chiavi del partito. E’ una specie di tagliatore di teste. Per una rispostaccia che Enrico Salerani, il tuttofare della segreteria, avrebbe dato a Di Rubba, starebbe per essere spostato.

 

Dall’ufficio organizzativo si vuole mandare via Aldo Morniroli. E’ una figura importantissima. E’ il leghista che conosce gli statuti e i regolamenti. Stesso trattamento sarebbe riservato a Sofia Guanziroli, una calderoliana. Non sono semplici dipendenti, ma ingranaggi della Lega, una Lega che ancora una volta, Salvini, ha requisito. Al suo staff ha fatto inoltrare questa versione. Diceva che il partito gli ha chiesto di “andare al governo  in modo da recuperare il consenso perso”.

 

Come merce di scambio ha offerto l’autonomia differenziata e i congressi provinciali. Si parte con quello di Bergamo e poi quelli regionali da tenere entro il 30 gennaio. Ma il vero capolavoro è “la campagna d’ascolto” che sarebbe pronto a intraprendere in giro per le sezioni, roba da Gianni Cuperlo, con rispetto per Cuperlo. Salvini resta ancora segretario della Lega, una Lega che avrà ancora dei ministri che non la pensano come Salvini. Resta la Lega, il partito che non è di Salvini, ma di Andreotti: doppiezza italiana.
 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio