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Spin Doctors cercasi

Non solo Crosetto. Pugnalin, Orsina e gli altri: chi sono i suggeritori riservati della Meloni

Valerio Valentini

Il cofondatore di FdI, il direttore della School of Government della Luiss, l'ex vice presidente esecutivo di Sky Italia e il prefetto di Roma. Ecco chi fa parte del mondo (silenzioso) che consiglia la leader di Fratelli d'Italia

Più che consiglieri, “solo gente che dà consigli”, come dicono un po’ tutti, in un’unanime esibizione di understatement. E però è gente di cui lei, Giorgia Meloni, la consigliata, deve fidarsi non poco, se è vero che sempre più spesso – in queste settimane in cui tutti la cercano, tutti la vogliono, tutti aspirano a un accreditamento, e lei come Figaro gira l’Italia di comizio in comizio – la capa della destra italiana raccomanda a chi le chiede udienza di rivolgersi a loro.


C’è Guido Crosetto, ovvio, al vertice di questa filiera di buone relazioni. Il cofondatore di FdI, abile ad alternare alla bisogna gli abiti dell’uomo di partito e quelli di uomo delle istituzioni, ha un mandato pieno: gioca talvolta in proprio, prende iniziative che la Meloni perlopiù apprezza anche quando non approva del tutto. “Ma Guido è Guido”, dice lei. E tanto basta.


Poi, più discosto, c’è Giovanni Orsina. Che la vecchia ambizione di “romanizzare i barbari” non l’ha affatto deposta. “E’ uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare”, sorride il professore, direttore della School of Government della Luiss. Ci provò anche col capo del Carroccio, in effetti, ai tempi del grilloleghismo trionfante, ed è andata com’è andata.

 

“Ma se il prezzo da pagare è di farsi dare del liberale per Salvini o del liberale per Meloni, beh, pazienza. Sarà pur sempre meglio che sperare che il paese vada in default per faziosità politica”, spiega a chi gli chiede di questa sua perseveranza. Che poggia però sulla convinzione che sì, la Meloni sia più strutturata di Salvini, e che dunque saprà percorrere la via che il fu Capitano non seppe mai imboccare: quella che dovrebbe portarla ad accettare “il vincolo esterno”, anche a costo di perdere qualche consenso a favore del Paragone di turno.


Del resto un voler ammiccare al mondo liberale, un’ansia patriottica di costruire rapporti e consuetudini nel milieu romano che prospera da sempre al di fuori del riflesso della fiamma tricolore, la testimonia anche la vicinanza alla Meloni di Riccardo Pugnalin. Forse il più sfuggente, dei suoi suggeritori riservati. Di estrazione socialista, mai rinnegata, cresciuto nel vivaio di Marcello Dell’Utri di cui fu a lungo segretario, la sua prima passione, quella per la politica, l’ha coltivata proprio nelle file di FI. Nell’autunno del 2001 viene designato dal suo mentore come uomo macchina di un Gianfranco Miccichè pronto a dare la scalata al partito. Poi tutto s’inceppa.

 

Ma di questo giovane prodigioso si parla come del prossimo coordinatore lombardo di FI, si discute anche di una sua possibile candidatura in regione o in Parlamento, suggerita da quel Sandro Bondi di cui nel frattempo è diventato collaboratore. Non se ne fa nulla. E Pugnalin la politica la accantona per avviare una carriera da manager semplicemente invidiabile: da Fininvest passa ai vertici di British American Tobacco, quindi vice presidente esecutivo di Sky Italia (fu sua l’idea di corredare i confronti dei politici in tv con fact checking istantanei), quindi direttore degli Affari esterni di Vodafone, con la delega più delicata: quella di rappresentare l’azienda presso il governo. “La politica è comunicazione”, dice, col tono di chi non si scandalizza per la deriva social del dibattito pubblico.

 

Lettore seriale, toni sempre pacati, si porta ancora dietro quel nome che proprio Dell’Utri gli assegnò (“Mister tre anni”), per dire di un uomo inquieto che consuma presto le sue ambizioni, e poi passa ad altro. Questo, quindi, il triennio per la Meloni? Di certo lui si muove col fare del tagliatore di teste: incontra i candidati a possibili ruoli di governo nell’esecutivo che Donna Giorgia potrebbe guidare, ne vaglia la consistenza, filtra i profili interessanti dai questuanti, e definisce identikit anche per i posti più delicati, quelli nel campo dell’intelligence, nel quale Pugnalin ha ottime entrature. 


Un mondo, quello, in cui a dare consigli alla Meloni, ma senza esserne consiglieri, sono anche Giuseppe Pecoraro e Matteo Piantedosi: il primo, già prefetto di Roma, è stato candidato da FdI; l’altro, che la prefettura capitolina la guida tuttora, dopo essere stato capo di gabinetto di Salvini al ministero dell’Interno, potrebbe ottenere una promozione dal prossimo governo, forse al Viminale o forse altrove. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.