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Salvare Draghi. Appello del partito del pil

Claudio Cerasa

Da Confindustria all’Ance. Da Federacciai alle piccole imprese. E poi  agricoltori,  aziende, manager,  assicuratori, architetti, economisti. Un altro whatever it takes è possibile. Un girotondo fogliante

Salvare Draghi, whatever it takes. La giornata politica di ieri non ha ancora contribuito a diradare la nebbia della crisi di governo: il M5s è diviso tra chi vuole andare alle elezioni e chi le vuole evitare, la Lega è divisa tra chi vuole sfruttare la non fiducia del M5s per andare a votare e chi il voto lo vuole evitare a tal punto da essere disposto a governare anche senza il M5s, il presidente del Consiglio sembra irremovibile rispetto alla sua decisione di mollare tutto ma è descritto come non insensibile alla possibilità che mercoledì il governo possa ritrovare la fiducia dell’attuale maggioranza, i consiglieri del presidente della Repubblica sono consapevoli di quanto sia, così dicono, “difficilissimo” che il capo del governo ci ripensi ma allo stesso tempo confidano sul fatto che nei prossimi giorni possano verificarsi condizioni utili a rimettere il governo Draghi in carreggiata con questa stessa maggioranza.

 

Dunque siamo lì: dimissioni non irrevocabili, decisioni dei partiti non irreversibili, Quirinale preoccupato ma fiducioso, scenario fluido e parti non irrilevanti della classe dirigente italiana desiderose, come ha suggerito ieri il Foglio, di mettere in campo un whatever it takes per salvare Draghi, dare continuità  al governo, affrontare in modo ordinato l’emergenza energetica, scavallare la legge di Stabilità e avvicinarsi senza isterie alla data elettorale.

 

Abbiamo provato ieri a sondare alcuni pezzi da novanta del così detto partito del pil, tra imprenditori, manager, sindacalisti, associazioni di categoria, e gli spunti raccolti sono lì a confermarci che l’Italia produttiva è intenzionata fortissimamente a far sentire la sua voce per evitare di affrontare al buio una fase delicata come quella che sta vivendo l’Italia.

 

Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, presidente di Agecore, la centrale europea che riunisce alcuni grandi gruppi di imprenditori indipendenti associati nel mondo del retail e che rappresenta un giro di affari complessivo pari a 62,4 miliardi di euro, la mette così: “La cosa più semplice da dire è che manca talmente poco alle elezioni e c’è talmente tanto da fare da qui alle elezioni, Pnrr, manovra finanziaria, apertura di una discussione sul costo del lavoro, sul cuneo fiscale, che sono tutte basi per prevenire possibili problemi sociali che si potrebbero manifestare in autunno, che sarebbe semplicemente folle non andare avanti. Come si fa? Un modo ci sarebbe, anche per tutelare Draghi: portare in Parlamento un programma con pochi punti, chiedere la fiducia su quello e andare avanti”.

 

Sulla stessa posizione anche Federica Brancaccio, presidente dell’Ance: “In un momento di grandi difficoltà e di grande emergenza come questo è impensabile non avere un governo pienamente operativo e autorevole. Ci sono risposte urgenti e necessarie che famiglie e imprese stanno aspettando con ansia. Fermare ora l’azione di governo rischia di creare grossi danni al nostro tessuto socio-economico e di pregiudicare qualunque barlume di crescita per i prossimi mesi”.

 

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, 56 miliardi di fatturato nel 2021, è più che favorevole a un whatever it takes per salvare Draghi: “Credo si debba andare avanti, sia osservando ciò che succede nel nostro paese sia osservando quello che è il contesto internazionale: senza un Draghi alla guida, in questa fase, l’Italia rischia di ritrovarsi in difficoltà, con un rating al ribasso piuttosto che al rialzo”. La pensa come Francesco Pugliese anche Diego Della Valle, amministratore delegato di Tod’s, convinto che “un whatever it takes per far sì che Draghi continui a stare laddove sta, ovvero a Palazzo Chigi, è giusto e doveroso”.

 

La pensa così anche il presidente di Unipol, Carlo Cimbri, convinto che Draghi non vada tirato per la giacchetta, ovviamente, ma altrettanto convinto di un fatto specifico: “Nel merito non c’è dubbio che uno sforzo ulteriore, da parte di tutti, per non perdere l’occasione di questa esperienza vada fatto. Vedo rischi ovunque. Nell’esercizio provvisorio. Nella gestione dell’inflazione. Nella cura di un problema enorme come i salari. Non è la fase giusta, diciamo così, per un governo degli affari correnti, credo sia la fase giusta per occuparsi tutti dell’interesse generale del paese e di fare uno sforzo ulteriore per capire se esiste un margine o no per salvare questa esperienza di governo”. E la pensano così anche importati numeri uno di alcune grandi associazioni di categoria. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, allarga il ragionamento e considera centrale anche il tema dell’inflazione per spingere le forze politiche a una immediata assunzione di responsabilità: “Le imprese agricole attraversano una fase assolutamente critica. L’aumento dei costi di produzione è senza precedenti. La siccità sta riducendo i raccolti e servono misure urgenti per salvaguardare le produzioni e contrastare la crescita dei prezzi al consumo. A livello internazionale, avanza una crisi alimentare globale. In queste condizioni, abbiamo assolutamente bisogno di stabilità e di un governo pienamente operativo all’interno e autorevole a Bruxelles e nei consessi internazionali”. “Sono queste – aggiunge –le esigenze e le aspettative delle imprese agricole”. 

 

Antonio Patuelli, numero uno di Abi, l’Associazione bancaria italiani, offre un altro elemento di riflessione: “Viviamo contemporaneamente una emergenza economica multipla: la pandemia che si sta gravemente prolungando e l’invasione russa dell’Ucraina si sommano alla debole crescita e alle crisi economiche degli anni precedenti. Non vi è tempo da perdere: Pnrr e fiducia internazionale verso l’Italia non debbono essere rallentati, né indeboliti. Il bilancio dello stato deve essere tempestivamente presentato e l’Italia deve essere protagonista in Europa per le nuove regole di crescita e stabilità. Per tutto questo e molto altro, in una fase straordinaria come questa, innanzitutto per l’economia, bisogna evitare all’Italia ulteriori difficoltà. Occorre risolvere i problemi con ogni tempestività e non rinviarli, ma fare ogni sforzo per evitare la recessione e rilanciare lo sviluppo e l’occupazione. Facciamo appello al senso di responsabilità di ciascuno per evitare che i problemi dell’Italia si aggravino”.

 

Su questa linea lo stesso pensiero ce l’ha anche Maurizio Gardini, presidente di Alleanza cooperative: “Il paese ha bisogno di risposte. Una guerra nel cuore dell’Europa. L’inflazione che da spettro è diventata realtà. L’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. I costi di energia e materie prime esplosi che schiacciano imprese e famiglie. Il deprezzamento dell’euro. La minaccia dello spread e dei tassi di interesse. Siamo nel pieno di  una congiuntura storica unica nel suo genere, la crisi di governo è inconcepibile. E’ l’ultima cosa che possiamo permetterci. Il paese ha bisogno di certezze e di risposte.  Chiediamo al Parlamento di garantire la continuità di governo di cui ha bisogno il paese. Contiamo sulla maturità del parlamento, sulla saggezza del presidente Mattarella, sulla disponibilità del presidente Draghi”.

 

Luigi Sbarra segretario generale Cisl dice invece al Foglio: “Questo è il momento della coesione e della responsabilità e Mario Draghi è la migliore ‘riserva di stato’ di cui disponga il nostro paese. Dobbiamo dare forza e continuità all’azione riformatrice avviata in questo anno e mezzo e portarla al traguardo di un nuovo patto sociale”.

 

Una visione simile ce l’hanno alcuni importanti presidenti di Confindustria, del nord-est. Una è Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza, che la vede così: “La credibilità è figlia della serietà e della capacità di fare. Questo è ciò che si è guadagnato Draghi. Da imprenditrice, vorrei continuare a fare una cosa semplice ma importante: produrre qui, competere nel mondo e continuare a offrire lavoro alle persone. Non si capisce come per me e i miei colleghi possa essere possibile in questa situazione già gravissima, con i tempi bui che ci aspettano e con un’altra, ennesima, crisi di governo. Sarebbe un disastro. Siamo vicini a Mattarella che ha rifiutato le dimissioni, contiamo che lui e il presidente del Consiglio possano trovare una soluzione che sia qualcosa più che un compromesso. Non abbiamo bisogno di mezze misure oggi”.  E lo stesso sostiene anche Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico: “Chi conosce il mondo delle imprese sa che danno sarebbe per l’Italia non avere più, oggi, un governo come quello guidato da Draghi. La sua vera maggioranza, in questo momento, credo sia nel mondo delle professioni, dell’imprenditoria, del popolo italiano. Parli alle Camere Draghi, come è giusto che sia, ma parli anche agli italiani, che oggi come non mai sono convinto siano al suo fianco”. Posizione simile anche per Aurelio Regina, presidente di Fondimprese. “Un’eventuale caduta del governo Draghi alla luce dei complessi mesi che dovremo affrontare – ci dice – è un insulto al paese, alle imprese, ai lavoratori e ai cittadini che stanno affrontando una tempesta perfetta dovuta agli effetti ancora presenti della pandemia, ai rincari senza precedenti dell’energia e delle materie prime, all’inflazione. Senza ulteriori provvedimenti urgenti e senza implementare quelli già approvati si rischia di scivolare rapidamente in una spirale recessiva. Facciamo prevalere il senso di responsabilità da parte delle forze politiche  e al premier Draghi chiediamo un’ulteriore sforzo, lo stesso chiesto al Presidente Mattarella, al servizio del Paese. Un uomo di Stato della sua caratura sarà sensibile al richiamo del popolo italiano”.

   

“In un momento così delicato, nel quale l’Italia ha l’opportunità di rilanciarsi con il pnrr e di promuovere le riforme che da anni sono incompiute – ci dice Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda – ci troviamo nel pieno di una crisi di governo che ci preoccupa molto. Per combattere il caro energia, il reperimento e il costo delle materie prime e l’inflazione, ci aspettiamo grande responsabilità e unità da parte di tutte le forze politiche. Gli ultimi sviluppi a cui stiamo assistendo vanno nella direzione opposta. Oltre ad avere un grave impatto sulle nostre imprese e sui cittadini, questa crisi genera anche una perdita di credibilità a livello internazionale, con conseguenze che già possiamo avvertire come la salita dello spread. Occorre una presenza autorevole e decisa sui tavoli europei: rinunciare in questo momento a una guida come quella di Draghi sarebbe l’ennesima occasione persa, che non ci possiamo più permettere”. 

 

“La crisi di governo – dice Sergio Silvestrini, segretario generale di Cna – è del tutto inopportuna. Le ragioni che hanno portato alla nascita dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi non sono venute meno. Al contrario, se ne sono aggiunte nuove e ancora più preoccupanti come la guerra, l’inflazione, l’emergenza energetica, l’ambiente che chiedono un’azione di governo ferma, autorevole, innovativa che possa contare sul più ampio consenso parlamentare”. Marco Granelli, presidente di Confartigianato, ha stimato un calo di investimenti pari a 5 miliardi di euro che sarebbe generato dalla crisi di governo, e un  pacchetto da undici miliardi di interventi contro il caro-energia per le famiglie che verrebbe meno”. “Il paese e gli imprenditori – dice – rischiano di pagare un prezzo altissimo a causa dell’incertezza legata alla crisi di governo. Serve uno straordinario senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche per assicurare governabilità e stabilità, indispensabili in una fase economica e sociale così difficile. Sono a rischio gli impegni per risollevare gli imprenditori da questi due anni di crisi, per realizzare il Pnrr e le riforme, per affrontare il drammatico impatto della guerra in Ucraina su famiglie e imprese”.

 

“Stiamo assistendo – dice Mario Resca, presidente di Confimprese – a un umiliante teatrino della politica che ha costretto Draghi a presentare le sue dimissioni. Draghi è un grande professionista, ha dato il massimo dell’impegno in un momento difficile e ha riportato l’Italia al centro del dibattito internazionale, rappresentando al meglio il nostro paese. E’ stato un punto di riferimento all’interno delle dinamiche decisionali dell’Ue, rispettato e ascoltato da tutti. Ci auguriamo che il senso di responsabilità che ha dimostrato abbondantemente in tutta la sua carriera, gli consenta di superare questo momento frustrante per lui e per il nostro paese e di rimanere a Palazzo Chigi. Siamo totalmente allineati con l’iniziativa del Foglio, per un whatever it takes per salvare il governo Draghi”.

 

“Il quadro  – aggiunge Francesco Mutti, presidente di Centromarca – è paradossale. Per anni abbiamo atteso un governo capace di affrontare i problemi strutturali che frenano l’ammodernamento e lo sviluppo del paese. Draghi, nonostante le criticità del contesto internazionale e interno, ha indubbiamente segnato un cambio di passo. Ora vogliamo cancellare tutto il lavoro positivo che è stato fatto? E’ evidente che dare continuità all’azione del governo è prioritario per il bene dell’Italia. La politica si faccia carico delle sue responsabilità, creando le condizioni per garantire la stabilità e il supporto di cui il presidente Draghi ha bisogno”.

 

Un whatever it takes per salvare Draghi è anche quello che si augura un importante architetto italiano, come Stefano Boeri, convinto che “sia necessario da parte di tutti fare uno sforzo per tenere in piedi un’esperienza come il governo Draghi”, ed è anche quello che si augura un importante economista italiano, ed ex rettore della Bocconi, come Guido Tabellini: “Penso che la grande maggioranza degli italiani voglia che Mario Draghi resti a capo del governo fino al termine naturale della legislatura. Penso anche che possa esserci in Parlamento una maggioranza disposta a dargli la fiducia su un programma di pochi punti e senza bisogno di estenuanti trattative politiche, per consentirgli di portare a termine il lavoro già avviato. Mi auguro che tutti i leader politici responsabili, e lo stesso presidente del Consiglio, si impegnino per realizzare questo obiettivo, nell’interesse dell’Italia e dell’Europa. Poi, quando verrà il momento del voto, i cittadini sapranno attribuire le responsabilità di questa incomprensibile crisi”.

 

Salvare Draghi, whatever it takes.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.