Viale Mazzini

La Rai dei Giorgino. Non è solo un conduttore di Tg, ma la metafora del "metodo Rai"

Carmelo Caruso

Sei lavori oltre al conduttore del Tg1, oltre 400 giorni di ferie arretrate, la capacità camelontica di passare da Berlusconi, alla destra fino al M5s. La lite tra Giorgino e la direttrice del Tg1 è solo una parte di un grande racconto: il "Caso Giorgino"

E’ il vero grande giallo dell’estate. Si chiama il “Caso Giorgino” e non si capisce perché Rai Eri (esiste pure la casa editrice della Rai) non l’abbia ancora  pubblicato. Lasciate perdere il protagonista. Togliete il nome, Francesco Giorgino, e avrete ugualmente, un “tipo”, una “categoria” Rai, che spiega perché questa azienda non funziona.

 

E’ la storia di un conduttore che sta passando per “fannullone” ma che riesce a svolgere sei lavori, si dice sei, a “negoziare” una trasmissione in seconda serata con la Lega e a  “trattare” anche  la direzione del Tg1 (con il M5s)  restando ovviamente berlusconiano nel profondo, democristiano nelle radici, disponibile se occorre. Se la Rai facesse servizio pubblico, come ha garantito l’ad Carlo Fuortes, dovrebbe sceneggiare questo racconto per spiegarci come questo “mezzobusto”, come questo giornalista, che lamenta “l’ingiusto” allontanamento dal Tg 1 delle 20 (starebbe saturando le chat di tutti i politici a cui Giorgino crede di aver offerto un servizio) sia stato capace di accumulare quasi 400 giorni di ferie arretrate.

 

E’ un enigma che dovrebbe scatenare la sete di sapere, oltre che quella dei capi del personale Rai, e incitare gli epigoni di Graham Greene. In redazione Greene non c’era. Accontentavi del minore. In Rai un numero così consistente di ferie arretrate riguarda solo direttori e inviati all’estero e viene ritenuto un’anomalia se si tiene conto dell’altra vita intensa di Giorgino. Ci sono almeno sei Giorgino: giornalista, tennista, candidato, autore, professore universitario (doppio) organizzatore di tornei e divo televisivo. Nel tempo, non si sa quale libero, Giorgino è istruttore della  Federazione italiana tennis, e in qualità di istruttore si è perfino candidato al Consiglio elettivo del Coni (corrente Angelo Binaghi, l’anti Malagò). E’ docente universitario di Newsmaking alla Luiss, ma anche di Content Marketing Brand Storytelling della Luiss School of Government che è lo spin off politico dell’ateneo.

 

Giorgino è la  voce narrante del prezioso audiobook “I silenzi di Federer” e opinionista del sito Super Tennis. Tra i suoi articoli, sotto la rubrica “L’angolo dell’insegnante”, da segnalare è “Il corpo che parla”. E’ infaticabile malgrado gli allenamenti che (come rivelato in un’altra fondamentale intervista a Tennis Circus) sono costanti: “Tre a settimana e per due ore al giorno”. E’  riuscito pure a organizzare la “Salento Padel Cup”. L’avrebbe addirittura inventata. La notizia non è tanto questa famigerata decisione della direttrice del Tg1, Monica Maggioni, di sollevare Giorgino, e altri due giornalisti  (Emma D’Aquino, Laura Chimenti) dalla conduzione delle 20 per la mancata disponibilità nel condurre la rassegna stampa delle 6,30. Il “Caso Giorgino” non è solo un problema di Cdr, di sindacato (a proposito, dove sono finiti?) ma un metodo, la piccola storia che racconta la grande.

 

Siamo di fronte a qualcosa che sta a metà tra gli assenteisti dell’Ama e la commedia di Dino Risi. Se è vero come ha dichiarato Giorgino che i suoi problemi di stress gli impediscono i turni difficili dell’alba, non si capisce come lo stesso stress non lo colpisca durante la diretta delle 20 a cui non vuole rinunciare. Sarebbe il primo caso di adrenalina variabile. Ancora più singolare è quanto accaduto la sera dell’addio del suo “ciao, ciao” alla Ruggero Orlando.

 

Il video che ha spopolato sul web lo conoscono tutti, ma quello che non tutti sanno è che la mattina del giorno dopo, in azienda, come raccontano in  Rai, arriva un certificato medico di Giorgino per problemi di salute. Nei corridoi di Viale Mazzini assicurano che Giorgino avesse “offerto la sua disponibilità alla nuova riorganizzazione della Maggioni, per ritirarla successivamente quando ha capito che non bastava solo metterci la faccia ma preparare l’edizione”.

 

Democristiano con Enzo Carra, berlusconiano con Berlusconi (portavoce di Giuliano Urbani) entrato per chiamata diretta, Giorgino è la prova che la Rai è la bestia da soma da montare per attraversare il fiume del tempo. Si dice che in tutta questa storia l’unica a perderci è la Rai, ma con Giorgino da quanto tempo ci perde? Oltre che per quest’ultimo dissenso, Giorgino ha litigato in passato con l’ex direttore del Tg1 Clemente Mimun (aveva rilasciato una intervista dove diceva che la sua idea di giornalismo non era quella dal direttore. Sarebbe interessante sapere cosa accadrebbe in un giornale se un redattore dicesse questo del suo direttore…). Mario Orfeo, altro ex direttore del Tg1, lo aveva sollevato da capo del politico perché gli stava scappando una redazione a causa sua. C’è un elenco di angherie di Giorgino che  qualcuno ha catalogato.

 

A Giuseppe Carboni, ex direttore del Tg1, a cui deve “il grande spolvero”, stava invece soffiando il ruolo grazie alla racchetta: uno dei compagni di gioco di Giorgino, come garantiscono in Rai, sarebbe Giuseppe Conte. E si ripete davvero, non è tanto Giorgino. Lo abbiamo definito il “giallo Giorgino” ma qui, e ancora, l’unico corpo morto è il telespettatore italiano. Ogni giorno in Rai viene “assassinato” il contribuente.  
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio