Benedetto Della Vedova (LaPresse)

Un insuccesso annunciato

"Salvini? Mai stato garantista. Le regole del referendum vanno riformate". Parla Della Vedova

Ruggiero Montenegro

"Se lo sei, lo sei a tutto tondo, anche sui migranti. Il garantismo vero è quello meno popolare. Il leader della Lega ha tirato il sasso e nascosto la mano",  dice il segretario di Più Europa e sottosegretario agli Esteri che propone nuove regole per l'istituto referendario: "Più firme e quorum mobile"

“Tu promuovi questa roba qui e poi negli ultimi 15 giorni combini di tutto, organizzi un viaggio a Mosca e lasci da solo il povero, l'ottimo Calderoli a occuparsi della campagna elettorale? Questo è poco serio”. Parte da qui, dai limiti e dalle ambiguità di Matteo Salvini, l'analisi di Benedetto Della Vedova, il segretario di Più Europa: “Un insuccesso annunciato”. Al referendum ha votato circa il 21 per cento degli elettori e difficilmente poteva andare diversamente. “Ci siamo esposti più noi per il sì di quanto non abbia fatto Salvini, che pure è stato ideatore e promotore dei quesiti. Se si fa una cosa la si fa fino in fondo”, sottolinea il sottosegretario agli Esteri. 

Le premesse in effetti non erano delle migliori e Della Vedova non è sorpreso di come sia andata: “L’ho sempre detto. Con lo slogan con cui Salvini proponeva la raccolta delle firme – ‘Chi sbaglia, paga’ – si poteva fare la campagna sulla pena di morte”. E non a caso quell’iniziativa è risultata vana, alla fine a chiedere il voto sono state le regioni. D’altra parte, nella sua carriera politica, il leader della Lega è stato tante cose, ma praticamente mai un garantista. “Se lo sei, lo sei a tutto tondo, anche sui migranti per intenderci. Il garantismo vero è quello meno popolare. Quello ‘facile’ invece poi si scontra con con gli slogan e con le frasi a effetto, come ‘la difesa è sempre legittima’”. 

 

Ma non è tutto qui. Perché se il (non) contributo di Salvini appare chiaro, e resta “un elemento di riflessione”, non mancano nel ragionamento di Della Vedova altri aspetti che hanno contribuito, in varia misura, a questo flop della democrazia diretta. Contingenze specifiche, insieme ad altre di sistema. “Ci sono una serie di ragioni: il voto estivo, la mancanza di comunicazione e poi, ahimè, altre priorità nella politica”, argomenta il sottosegretario, secondo cui si è persa “un’occasione importante di andare alla radice di un tema, di un problema, che esiste e riguarda le riforme mancate in questi anni sulla giustizia. Penso alla separazione delle carriere”.

 

E c’è poi, spiega ancora Della Vedova, un ulteriore elemento: “Noi, come Più Europa, avevamo promosso attivamente altri due quesiti, sul fine vita e sulla cannabis. Con quelli sarebbe stata un’altra storia, avrebbero anche superato l’obiezione delle tecnicalità”. E aggiungiamo noi, con una battuta, in quel caso forse Salvini lo avremmo visto per davvero in campo per il referendum. “Sono d’accordissimo, ha tirato il sasso e nascosto la mano. Ma oltre a questo, per rendere la giustizia un tema popolare, di quelli che appassionano, vi era necessità di un confronto pubblico e di un’informazione che non ci sono stati”. 

Ci ritroviamo così a commentare il referendum con la più bassa affluenza della storia della Repubblica, mentre più in generale il meccanismo abrogativo, secondo le regole attuali, ha mostrato ancora una volta i suoi limiti. “Oggi il quorum del 50 per cento è quasi una misura punitiva per chi raccoglie le firme. Non più una misura di cautela, com’era stata pensata con la normativa degli anni 70. Quell’intento non è più attuale”, dice Della Vedova. E le consultazioni degli ultimi anni supportano le parole del sottosegretario: dal 2000 ad oggi, su sette referendum solo uno ha raggiunto il quorum, quello sull’acqua pubblica del 2011.

 

“Avrebbe più senso allora aumentare il numero delle firme da raccogliere, visto che oggi esiste anche la possibilità digitale, e considerare l’ipotesi di un quorum mobile, basato sulla consultazione precedente, che imporrebbe anche a chi è contrario di fare campagna elettorale”. Appunti per il Parlamento. Già per questa legislatura? “Chi ha cuore la democrazia dovrebbe darsi una mossa. Il tempo ci sarebbe. Ma se devo dirlo – conclude Della Vedova – non ho troppa fiducia che accada già entro il 2023”.