(foto di Ansa)

Qui Palazzo comunale

Padova, l'all-in del Pd per una colonia in Veneto

Francesco Gottardi

L’ennesimo caos nel centrodestra offre il fianco alla riconferma di Giordani: “Un campione di imprenditorialità e sana amministrazione”, dice Enrico letta. Perché i dem, verso Chigi 2023, scommettono sulla terza città della regione

Enrico Letta è un leader prudente con le parole. Quindi se dice che “Padova è un punto di riferimento nazionale”, c’è da segnarsi bene data, luogo e contesto. 2 maggio scorso, Palazzo comunale, visita al sindaco Sergio Giordani in cerca di rielezione. Lì il segretario dem traccia per sommi capi la futura agenda politica dal Po in su: autonomia, mano tesa agli elettori di Zaia, una duplice consapevolezza. Primo. Senza far breccia nell’industrioso Veneto verde, non si va al governo l’anno prossimo. Secondo, e più importante: quello stesso Veneto oggi è in preda a rimescolamenti talmente vorticosi ‒ Lega in picchiata, FdI in ascesa ‒ che si profila uno spiraglio perfino per il Pd ridicolizzato alle ultime regionali ‒ 15,7 per cento dei consensi. Però serve un avamposto. Solido, esemplare, di levatura notabile in tutta Italia. Per questo Padova è un’occasione da non perdere. Ai seggi, tanto per cominciare: il centrosinistra deve centrare la riconferma. E nemmeno di poco.

A Padova il Pd cerca un segnale per incunearsi nel Veneto produttivo

Anche perché la vittoria del 2017, in effetti, fu abbastanza circostanziale. Si andò alle urne perché cadde la giunta di Massimo Bitonci, un leghista di ferro, che nonostante il polverone tra le sue file mancò il colpaccio al ballottaggio per appena tremila voti. Così è toccato a Giordani. Imprenditore ‒ negli anni Novanta portò il Padova calcio in Serie A ‒, esponente del civismo moderato e impegnato nel potenziamento delle politiche del lavoro e del welfare. Dopo cinque anni la città è passata dal 42esimo al 33esimo posto per qualità della vita. E ora Letta vuole imprimere il marchio Pd sul “modello Giordani, capace di attirare investimenti come pochi altri nel Nordest” ‒ anche se il sindaco uscente sarà sostenuto da un’ampia coalizione che va da Articolo Uno al M5S e Azione. Manca solo la consacrazione dell’elettorato.

 

La Lega schiera lo "sceriffo" Peghin

E la destra padovana? Altro impelagarsi in lunghe diatribe interne. Il cui risultato si chiama Francesco Peghin. Un “candidato sceriffo, yes man di Salvini”: il suo nome sul taccuino ha aperto il vaso di Pandora fra militanti e amministratori locali, che avrebbero voluto un profilo più esperto e arrembante. Per esempio Roberto Marcato, fido assessore di Zaia. Invece la Lega romana non ne ha voluto sapere. La base del Carroccio ha reagito in rivolta, da Padova verso tutto il Veneto. Ma alla fine la decisione è rimasta su Peghin. Che si professa anche lui “un civico, imprenditore e sportivo”. Già presidente locale di Confindustria e due volte campione del mondo di vela. Al Foglio spiega che “a Padova il tema della sicurezza è molto sentito e dalla mia passione per Tex Willer qualcuno ne ha fatto becera strumentalizzazione”.

 

Fumetti pericolosi. In questi mesi l’uomo del centrodestra ha lamentato “un’autentica campagna d’odio nei miei confronti”, culminata in un episodio di aggressione durante un evento di comunità. Eppure, nonostante la corsa unitaria rispetto a Verona, l’endorsement dei partiti appare flebile. Passi per FdI e Forza Italia, che qui hanno appoggiato il prescelto della Lega per logiche interne. Ma perfino Salvini si è limitato a una rapida comparsata fra sparuti fedelissimi, il solito cavallo di battaglia della lotta allo spaccio e poco altro.

 

I sondaggi dicono che non c'è partita (per questo Salvini s'è visto poco)

Segnali di un candidato debole, velluto rosso per la sinistra. Gran parte dei sondaggi dà Giordani vincente già al primo turno, con 30-40 punti di distacco sullo sfidante. Peghin ribatte che è in corso un complotto demoscopico, e che altre rilevazioni in suo possesso mostrano tutt’altro quadro. Così incerto ‒ 49 a 47 per cento ‒ da fare appello a un ultimo dibattito fra candidati: appuntamento venerdì nella sala del Consiglio comunale. Forse. Dal quartier generale del sindaco persiste il silenzio. Giordani ha già detto quanto basta. E soprattutto Letta, non solo per Padova.