PUBBLICITÁ

Efficienza al sud

Carfagna e Visco discutono di sud e centrano un tema: la bassa domanda di buone politiche

Guglielmo Barone

Negli ultimi quindici anni il meridione è cresciuto meno anche rispetto ad altre regioni europee meno sviluppate. Con tutte le cautele del caso, allora, c’è forse anche un problema di insufficiente richiesta di buoni interventi, sul quale solo i cittadini, e non i policymaker romani o locali, possono intervenire

PUBBLICITÁ

Qualche giorno fa la Banca d’Italia, nell’ambito di un convegno che ha visto gli interventi, tra gli altri, del governatore Ignazio Visco e del ministro per il Sud Mara Cafagna, ha presentato un ricco report sull’economia del Mezzogiorno, nella migliore tradizione del “conoscere per deliberare” (Luigi Einaudi). Non è possibile discutere qui l’intero documento in poche righe, ne trarrò quindi solo alcuni spunti. Innanzitutto, perché occuparsi ancora di divario nord-sud? Al di là del noto argomento perequativo (i diritti e le possibilità delle persone non dovrebbero dipendere dal luogo in cui si nasce), sempre valido, il divario nord-sud interseca oggi il tema della sostenibilità del debito pubblico (151 per cento del Pil oggi, 134 per cento nel 2019) e la scommessa del Pnrr. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Qualche giorno fa la Banca d’Italia, nell’ambito di un convegno che ha visto gli interventi, tra gli altri, del governatore Ignazio Visco e del ministro per il Sud Mara Cafagna, ha presentato un ricco report sull’economia del Mezzogiorno, nella migliore tradizione del “conoscere per deliberare” (Luigi Einaudi). Non è possibile discutere qui l’intero documento in poche righe, ne trarrò quindi solo alcuni spunti. Innanzitutto, perché occuparsi ancora di divario nord-sud? Al di là del noto argomento perequativo (i diritti e le possibilità delle persone non dovrebbero dipendere dal luogo in cui si nasce), sempre valido, il divario nord-sud interseca oggi il tema della sostenibilità del debito pubblico (151 per cento del Pil oggi, 134 per cento nel 2019) e la scommessa del Pnrr. 

PUBBLICITÁ

 

Per onorare il primo e vincere la seconda sarà necessaria una crescita sensibilmente più elevata di quella sperimentata in passato. E questo sarà molto improbabile se il Mezzogiorno (oltre un quinto dell’economia nazionale) continuerà a ristagnare come nel ventennio precedente. 


Quale, allora, la strategia più opportuna? Un dato, poco noto, è illuminante: negli ultimi quindici anni il sud è cresciuto meno anche rispetto ad altre regioni europee meno sviluppate e, al contempo, anche il nord ha perso terreno rispetto alle aree più sviluppate del continente. Hanno perso tutti, ciascuno nella sua categoria. C’è quindi un effetto paese negativo che frena tutti i territori e che fa sì che al tradizionale Mezzogiorno d’Italia si sia affiancata, con sempre maggiore visibilità, l’Italia intera come Mezzogiorno d’Europa. Due sud, innestati uno dentro l’altro come matrioske, che condividono gli stessi problemi, solo più accentuati da Roma in giù. 

PUBBLICITÁ


Questo ridimensiona il ruolo strategico delle politiche dedicate per il sud Italia e punta invece a politiche più orizzontali tra aree geografiche: un forte cambio di paradigma che si scontra con il riflesso involontario sulla necessità di politiche dedicate (testimoniato, di recente, dalla riserva del 40 per cento delle risorse del Pnrr). Il principio delle politiche orizzontali ha certamente qualche eccezione. La criminalità organizzata, innanzitutto, è tuttora molto più diffusa nel Mezzogiorno e il suo contrasto necessita di politiche mirate. Una seconda eccezione riguarda la contrattazione decentrata che permetterebbe ai salari di allinearsi alla produttività. Purtroppo, entrambe queste due linee d’azione sembrano lontane dal dibattito attuale che si è invece concentrato, con il Pnrr, a colmare i divari infrastrutturali del sud. Ma non è chiaro se sia stata la scelta migliore: il legame positivo tra infrastrutture e crescita economica è ancora lungi dall’essere dimostrato e, inoltre, il divario non c’è per le infrastrutture digitali, quelle sì centrali in un’economia basata sulla conoscenza. Resta un interrogativo finale. Storicamente, tutto il dibattito sull’intervento pubblico al sud si è concentrato sull’offerta di buone politiche pubbliche da parte dei policymaker, su cosa cioè lo Stato può fare per la convergenza. In questo dibattito c’è un convitato di pietra, che è la domanda di buone politiche da parte dei cittadini meridionali. Quanto è forte questa domanda? Non esistono misure condivise e nuove analisi sarebbero quantomai necessarie. Ci sono però indicazioni indirette che offrono qualche suggerimento. Prendiamo il comparto della sanità, in larga parte di competenza regionale. I dati indicano che i pazienti del sud percepiscono una qualità peggiore delle strutture sanitarie disponibili sul loro territorio e che tendono a migrare al nord per le cure ospedaliere. Al contempo gli stessi cittadini non riescono però, attraverso gli strumenti di partecipazione democratica – il voto alle elezioni regionali in primis – a indurre miglioramenti nella sanità locale. Trovano cioè una soluzione privata a un problema collettivo. Con tutte le cautele del caso, allora, c’è forse anche un problema di bassa domanda di buone politiche, sul quale solo i cittadini meridionali, e non i policymaker romani o locali, possono intervenire. 

Guglielmo Barone
Università di Bologna

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ