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lo scenario

Così le faide locali del centrodestra mettono a rischio la coalizione nazionale

Luca Roberto

Non solo in Sicilia. Sono cinque i capoluoghi dove Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia andranno separati. Giammanco (Fi): "Ma un accordo per la Regione è ancora possibile", De Carlo (Fdi): "Non a tutti nella coalizione interessa essere alternativi alla sinistra"

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Da nord a sud (con una specifica postilla per la Sicilia). Quanto sta emergendo nel centrodestra a livello nazionale, in vista delle amministrative di giugno, non lascia tranquilli i tre leader della coalizione. E chiaramente la vigile osservanza non può che partire da Palermo. Dove è vero che per il comune, dopo mesi di interlocuzione, l'accordo su Roberto Lagalla si è infine trovato. Ma in quelle stesse ore, sempre dall'isola, si è alzata forte la voce di Gianfranco Micciché, coordinatore di Forza Italia. Che sull'ipotesi di ricandidare Nello Musumeci alla Regione è stato piuttosto tranchant, chiamandolo "fascista catanese". Non esattamente il ritratto di una coalizione ispirata alla concordanza d'intenti. "Ma io sono convinta che alla fine una quadra la si troverà anche per la Regione, che sia su Musumeci o su un altro profilo. Abbiamo già dimostrato di saper trovare una sintesi. E a Palermo è stato determinante il passo di lato del nostro Francesco Cascio", dice al Foglio la senatrice di Forza Italia Gabriella Giammanco. "Semplicemente non avrebbe avuto senso fare adesso un pacchetto cumulativo che tenesse insieme anche le regionali, per le quali si voterà dopo l'estate. Non c'era bisogno di forzare la mano". 

E però sul tentativo di bloccare il secondo mandato del presidente uscente s'è scorsa almeno una parte delle dinamiche che stanno facendo sì che il centrodestra venga visto, all'esterno, come perennemente percorso da correnti contrapposte. E volendola considerare una sineddoche, si potrebbe dire che le impuntature siciliane (anche a Messina ci s'è divisi) sono in parte la replica di quanto sta succedendo a Viterbo, a Parma, a Verona, dove Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia si presentano in una geografia che si compone e si ricompone a seconda delle circostanze. "Non conosco la situazione nelle poche città in cui correremo divisi", spiega Giammanco. "Ma posso dire che qui in Sicilia il tema è un altro: noi abbiamo dimostrato di avere consensi a due cifre, siamo cresciuti, grazie al lavoro del nostro coordinatore Gianfranco Micciché abbiamo acquisito nuovi consiglieri regionali e sindaci. Facciamo da traino al nostro partito a livello nazionale e siamo alla pari dei nostri alleati. L'obiettivo rimane l'unità, certo, la consideriamo prioritaria: dividersi adesso, proprio in questo lungo anno di campagna elettorale, sarebbe tafazzismo. Non ce lo possiamo permettere. Faremmo solo un favore ai nostri avversari".

E salendo un po' più su, verso il triveneto, si capisce che la corsa alle politiche del prossimo anno sia vista in maniera indistinguibile dal voto nelle città. "La situazione di Verona la conosco bene", sottolinea al Foglio il senatore di Fratelli d'Italia Luca De Carlo, veneto. "Lì si è capito che gli unici a essere davvero coerenti con i principi del centrodestra siamo stati noi. Rispettiamo le scelte di chiunque, ma evidentemente non per tutti essere alternativi alla sinistra è una questione prioritaria. Anche perché questo sta confondendo ulteriormente i nostri elettori che ci vedono all'opposizione e al governo sia a livello nazionale che nelle città". Fatto sta che anche tra i meloniani l'intento è quello di "limare le differenze". E pure la controconvention della Lega che darà il via a una serie di incontri tematici partendo da Roma non viene vissuta come una provocazione, ma anzi, come un "tentativo legittimo di strutturarsi prima delle elezioni. La nostra presenza lì non avrebbe avuto granché senso"; spiega ancora De Carlo. 

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Ma a proposito di Salvini, che fine ha fatto l'ipotesi di federazione che doveva tenere assime leghisti e forzisti? "E' un progetto per cui servirà una riflessione approfondita. Anzitutto perché dovrebbe tenere dentro tutto il centrodestra, sul modello del partito repubblicano americano. E poi perché dovremmo discutere dell'eventuale collocazione europea, visto che noi e la Lega siamo in due famiglie diverse", analizza ancora la senatrice Giammanco. "Ma credo che ne riparleremo solo dopo il 2023".

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