Il Copasir attende risposte dalla Belloni: "Davvero Orsini ha collaborato col Dis?"

Valerio Valentini

L'indagine sulle infiltrazioni russe in Rai segna un cambio di funzioni per il Comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, che un mese fa ha chiesto spiegazione al capo dell'intelligence chiarimenti sui precedenti ruoli del prof. antiamericano. L'ansia di rimuovere le incrostazioni di filoputinismo, dentro a Viale Mazzini e fuori 

Nell’attesa della data da fissare, c’è già una ricorrenza che è arrivata. Perché è ormai un mese esatto che il Copasir ha inoltrato al Dis una richiesta di chiarimento in merito alle indiscrezioni di stampa che vogliono Alessandro Orsini, questo professore ubiquo ai canali e onnipresente sui talk-show, come un ex collaboratore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che sta a capo dei servizi segreti. Trenta giorni trascorsi invano, finora, se è vero che dal quartier generale di Piazza Dante non sono arrivate né smentite né spiegazioni. Che invece al Comitato parlamentare che vigila sull’intelligence risulterebbero preziose, mentre si imbastisce l’indagine sulla Rai e sulla sua permeabilità alla propaganda di Putin, nell’attesa di individuare – eccola, la data ancora in ballo – il giorno in cui audire l'ad di Viale Mazzini, Carlo Fuortes.

Fatto, questo, che di per sé non ha precedenti: il responsabile massimo dell’azienda televisiva di stato che viene convocato dall’organismo parlamentare che si occupa di vigilare sulla sicurezza nazionale. Ci si muove, com’è evidente, su un terreno scivoloso. E forse è anche per evitare di alimentare fraintendimenti ulteriori che Adolfo Urso, presidente meloniano del Copasir, ha convenuto coi suoi colleghi deputati e senatori che non è il caso di procedere a un’audizione congiunta con la commissione di Vigilanza. Anzitutto per questioni procedurali: il materiale discusso al Copasir è quasi sempre secretato, i dibattimenti in Vigilanza avvengono invece coram populo, o quasi. E poi, appunto, si vuole evitare ogni sorta di commistione tra ruoli e funzioni: l’indagine del Comitato presieduto da Urso nulla ha a che vedere con la linea editoriale dei canali e dei programmi, né con la scelta dei palinsesti della tv pubblica. 

E però in ogni caso la stranezza resta. Ed è una stranezza che illumina un cambio di prospettiva, per il Copasir: che da semplice organo ispettivo si va trasformando sempre più in un comitato  dedito a una sorta di discreta, e talvolta fumosa, moral suasion. Perché l’obiettivo, in questo caso, non sta certo nello stabilire se certi ospiti abituali dei talk-show sono semplici opinionisti eterodossi o funzionari della dininformazia del Cremlino. Lo scopo è semmai quello di fornire, piuttosto che acquisire, informazioni. “Spiegheremo cioè – dicono i mebri del Copasir – che è in atto, e non da oggi, una guerra ibrida che vede i russi come abilissimi propagatori di fake news, e portatori di una narrazione che pretende di descrivere il conflitto in Ucraina come una battaglia tra Nato e anti Nato”. Ma può la dirigenza della Rai, se così stanno le cose, ignorare questo scenario? E può ignorarlo l’AgCom, il cui presidente Giacomo Lasorella verrà anche lui, nell’ambito della stessa indagine, audito a Palazzo San Macuto? “Di certo, dopo che glielo avremo spiegato, non potranno più ignorarlo”.

Eccola, dunque, la nuova funzione del Comitato. Che sembra quasi dover suggerire, indirizzare, specie su temi rispetto ai quali il governo preferisce restare più accorto. E in quest’ottica, di certo il clima di collaborazione tra Franco Gabrielli, delegato ai servizi segreti per Palazzo Chigi, e alcuni esponenti del Copasir, segna una svolta rispetto alle stagioni precedenti. E allora ecco il Copasir che sollecita un rafforzamento della normativa sul golden power, anticipando le mosse dell’esecutivo; ecco il Copasir stigmatizzare, quasi supplendo al Mef, l’atteggiamento troppo disinvolto delle partecipate pubbliche che mantengono affari con istituzioni russe; ecco il Copasir intervenire per sdoganare una diplomazia del disgelo nei confronti di paesi e governi con cui i rapporti sembravano compromessi (è successo nell’ultima relazione sulla sicurezza energetica, dove si segnala l’esigenza di riallacciare i rapporti di buon vicinato con la Turchia del “dittatore” Erdogan e di favorire un riavvicinamento all’Iran).

Il tutto dice di come, in tempi di guerra, in tempi di scelte di campo inequivocabili, il Copasir si sia ritagliato la funzione di rendere manifesto uno zelo che è poi lo stesso che anima, a ben vedere, anche la condotta di Mario Draghi: ribadire la collocazione atlantica dell’Italia, rinsaldare l’amicizia e la fedeltà storiche verso gli alleati americani, fare insomma pulizia. Per questo le incrostazioni di filoputinismo, vere o presunte, che si riscontrano dentro a Viale Mazzini, anche certe eredità della presidenza di Marcello Foa, fortissimamente voluto da quel Matteo Salvini che si sentiva più a casa a Mosca che non a Bruxelles, vanno rimosse. E se pure non si potrà risolverle, che almeno sia evidente che si vorrebbe farlo: che si veda, insomma, che le tossine russe (e cinesi) le si vuole smaltire alla svelta. Se poi, oltre che in Rai, certi sedimenti di antiamericanismo restassero incistati anche dentro agli apparati di intelligence, sarebbe ancor più grave. Per questo al Copasir si attende con ansia una risposta dal Dis su Orsini.
 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.