Il retroscena

Mattarella non vuole pensare a una crisi e "i patti con la Nato vanno rispettati"

Il Colle non crede possibile una rottura della maggioranza in un momento come questo. E in serata cerca Conte

Simone Canettieri

Dopo la visita di Draghi il capo dello stato registra la "fibrillazione" del governo sulle spese militari. E' l'inizio della lunga campagna elettorale

Confida tanto nel “buon senso” dei partiti, e in questo caso del M5s, da non sentire il bisogno di intervenire pubblicamente. Basta la famosa “moral suasion”. Allo stesso tempo, Sergio Mattarella ascolta, questo sì.  Lo ha fatto per 45 minuti martedì sera quando ha ricevuto la visita del premier Mario Draghi, fresco dell’incontro, non proprio rose e fiori, con Giuseppe Conte sulle spese militari. Dalle parti del Colle già, ieri mattina come poi è emerso in serata, erano convinti sulla “ricomposizione della frattura”. Nessun campanello d’allarme, dunque. Ma la consapevolezza che la campagna elettorale è partita. A colpi di “fibrillazioni”. 


Da quando è stato rieletto capo dello stato, Mattarella è la seconda volta che riceve il premier Draghi. La prima  risale al 17 febbraio quando il governo andò sotto in quattro occasioni, in commissione, sul decreto Milleproroghe. All’epoca i problemi portavano  la firma della destra della coalizione, Lega e Forza Italia. Draghi, sceso dal Quirinale, puntò i piedi mandando messaggi ai naviganti molto chiari: così non vado avanti. Poi c’è stata l’invasione dell’Ucraina, e tutto è cambiato. Nei corridoi del Quirinale non credono, o meglio non vogliono pensare, a una crisi politica in questo momento così delicato per l’Italia, l’Europa e il mondo.  L’idea che circola, ovvero che il presidente Mattarella in quanto ex ministro della Difesa nonché a capo del Consiglio supremo di difesa, abbia una posizione “schiacciata” sulle armi viene smentita da chi frequenta il Colle. “L’invio di armi a un paese che sta combattendo contro un’invasione rimane comunque una prerogativa del Parlamento”. Discorso diverso, o meglio più sfumato, sull’incremento della spesa militare. Considerato in assoluto un patto da rispettare con gli altri partner della Nato. Quasi un “debito” di serietà da pagare in base ad accordi sottoscritti più che un aumento di budget che fa pensare a chissà quale riarmo. I pensieri del capo dello stato terminano qui. Poi inizia la comunicazione dei partiti. Il segnale di una campagna elettorale che sta entrando nel vivo.  Ieri sera dal Quirinale cercavano con insistenza Conte. 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.