(elaborazione grafica Il Foglio)

Cronaca di una settimana televisiva

"Questo è maccartismo!". Ma Orsini, Zhock, Dibba, Di Cesare sono sempre in tv

Ruggiero Montenegro e Luca Roberto

Altro che pensiero unico sulla guerra in Ucraina. Accademici, sacerdoti, direttori di testate improbabili "dissidenti" affollano gran parte del palinsesto televisivo italiano. Selezione minima degli interventi nei talk show

C'è il direttore di Russia News Gianfranco Vestuto secondo cui “Zelensky si è difeso, ma per fare che cosa? Far ammazzare la sua gente? Questa è follia”. O il professor Guido Cappelli, docente di Letteratura italiana all'Orientale di Napoli convintamente no vax, per cui quello in atto è “uno scontro tra imperi, imperi neoliberisti, che si stanno scontrando in un momento di crisi profondissima per il capitalismo”. Per non parlare della star Alessandro Orsini, il nuovo martire moderno per cui le trasmissioni fanno a gara pur di averlo in studio a tinteggiare l'autodafè di Unione europea e Nato. Sono tutti pronti a gridare a una riedizione del maccartismo in salsa europea. Eppure i filo putiniani d'Italia sono incistati in ogni dove. Basta accendere la tv in un giorno a caso perché se ne possano apprezzare a pieno le gesta. Così abbiamo preso un taccuino e abbiamo provato ad annotare gli interventi che secondo chi scrive meritavano di non essere sommersi dall'oblio. Quella che segue è una selezione minima degli interventi susseguitisi in settimana, per restituire ai lettori una fotografia solo degli ultimi giorni.

 

Allora non si può che partire proprio da Orsini. Che a ben guardare era stato il protagonista anche la settimana scorsa e probabilmente pure quella prima, da quando ha preso a recitare il ruolo dello scomodo. Duemila euro a puntata di #Cartabianca per dire cosa? A esempio che per risolvere la guerra “l'Italia deve fare tre cose: rompere con l'Unione europea. Fare una dichiarazione ufficiale, dire che abbiamo sbagliato tutti, noi e anche la Russia”. Questo perché “dicono che la cosa più bella che ci sia capitata è che siamo tutti uniti. Ho capito, ma se domani gli italiani diventano tutti razzisti, allora dobbiamo essere tutti uniti? Se un'idea è tecnicamente cretina tu devi andare a rompere con l'Unione europea. Devi riconoscere le colpe dell'Occidente, chiaramente anche quelle di Putin che sono auto evidenti. L'Italia deve dirsi disponibile al riconoscimento a guerra in corso del Donbas e della Crimea”. Questo pronunciato giovedì sera, subito dopo l'epurazione dalla Rai, nel salotto di PiazzaPulita. Poco prima dell'endorsement di un altro accademico notevole, Antonello Ciccozzi, docente di antropologia all'Università dell'Aquila, sempre nella trasmissione di Corrado Formigli. “Dobbiamo capire che Putin e Zelensky sono entrambi pericolosi. Putin per un suo autoritarismo frontale, netto. Zelensky è pericoloso perché ambiguo: non sappiamo se è il Messia che porterà in salvo il suo popolo o se porterà tutti nel baratro”. Secondo il professore abruzzese nel presidente ucraino c'è un po' di Salvini: “Sono due personaggi mimetici, nel senso che imitano un copione”. Ma Zelensky non si difende forse dall'avanzata dei carri armati russi, fa notare il conduttore del programma? “Anche Salvini ha difeso la Padania e poi la patria”, risponde allora Ciccozzi. Ma le perle non sono finite qui. Perché quel che gli sta più a cuore è superare la dicotomia invaso-invasore. “Non ci sto come atto narrativo di sussunzione della complessità”. Orbene.

 

Cambi canale, può o meno gli stessi deliri. A Dritto e rovescio, sempre giovedì sera, lo storico Angelo D'Orsi sbotta: “Quello del 2014 in Ucraina è stato un colpo di stato. Ma basta con questa democrazia! Le sembra che in questo momento in Italia ci sia tutta questa democrazia? Noi siamo in post-democrazia”, dice rintuzzando Giuseppe Cruciani. Poco prima c'era stato l'intervento dell'ideologo di Putin Aleksandr Dugin, secondo cui lo Zar sta “conducendo una guerra santa contro l'anticristo e il satanismo”, che rappresenterebbero i valori dell'occidente. Senza considerare i “civili colpiti dai nazionalsti ucraini per dare la colpa ai russi”. Si capisce insomma che aria tirasse su queste frequenze.

È stato il punto di arrivo di un fuoco che covava sotto la cenere”: torniamo su La7 dove a Di Martedì si esibisce Monsignor Ricchiuti. Che pur di non scegliere tra Zelensky e Putin si fa scudo con le parole di Papa Francesco: “Ha parlato di pazzia della guerra. Non ha detto che uno è pazzo e l'altro no. Ma perché siamo arrivati a questo punto?”. E la ragione è presto detta: tutta colpa dell'espansionismo della Nato. Stessa trasmissione: la parola al filosofo Andrea Zhock, passato in men che non si dica da posizioni no green pass al più fiero anti occidentalismo. “A proposito di filoputinismo e altre amenità, cito i paesi che non stanno esercitando alcuna sanzione nei confronti della Russia: Cina, India, Pakistan, Cuba, Venezuela, Nicaragua, Brasile. Cosa pensate che abbiano in comune? Sono tutti impauriti dalla dimensione di arroganza internazionale degli Stati Uniti e della Nato. Che hanno dimostrato ampiamente nei decenni passati il proprio potenziale aggressivo”. All'esperta di diritto internazionale Nona Mchedlidze, che gli fa notare come il battaglione Azov sia composto da 900 combattenti lui risponde: “Nooo, sono 12mila”.

 

Poco prima, di fronte a Giovanni Floris, c'era stato Dibba. Quello secondo cui “Putin non ha nessuna intenzione di invadere”, come professava fino a due giorni prima delle bombe su Kyiv. Qual è la sua lettura? Questa: “Non deve passare il concetto che chiunque stia lottando debba essere armato da un paese che ripudia la guerra. A questo punto io pretendo che vengano inviate delle armi ai curdi massacrati da Erdogan o agli yemeniti massacrati dall'Arabia Saudita, o perché no ai palestinesi che non hanno uno stato anche per colpa di questa ipocrita comunità internazionale”.

Ma invece la filosofa Donatella Di Cesare, che fine ha fatto? La ritroviamo a l'Aria che tira, a dirci che “l'uso della parola resistenza serve per portarsi appresso una parte dell'opinione pubblica. Questa è una guerra tra due stati nazionali dove evidentemente spunta di nuovo il fantasma del nazionalismo, abbiamo toni nazionalistici da entrambe le parti. Non c'è una resistenza dei partigiani contro i fascisti, non c'è una guerra civile. Zelensky ha detto: il nostro popolo è diventato esercito. Questa non è resistenza”. Sarà allora forse, come sostiene il professor Cappelli, che siamo in un mondo popolato da “transumanisti, questi postmoderni che ci governano non hanno più nessuna memoria e vivono un delirio geopolitico”? La settimana non è ancora finita, c'è ancora l'Arena di Giletti. Forse però neppure il ministro degli Esteri di Putin Lavrov o il suo portavoce Peskov, vista la difesa dello Zar che viene operata in Italia, avrebbero il coraggio di intervenire.

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