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Meno Draghi, più Salvini. Così la svolta di Forza Italia preoccupa il premier

Valerio Valentini

Dalla giustizia al catasto, fino alla Concorrenza. Lo scollamento dei gruppi azzurri dai tre ministri e l'affermazione della linea di Ronzulli e Tajani. Il capogruppo Barelli: "Il governo deve ascoltarci: abbiamo dignità". E Gasparri annuncia battaglia sui balneari: "A Palazzo Chigi devono smetterla di ascoltare i consigli pericolosi di Giavazzi". E intanto chi si lamenta viene rimosso dalle commissioni

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Dovevano essere la garanzia governista nel centrodestra, la certezza su cui Mario Draghi avrebbe potuto contare per disinnescare le manovre ostili di Matteo Salvini. E invece, come commentavano tra loro in un drappello in Transatlantico, due giorni fa, “noi di Forza Italia siamo diventati la Bielorussia della Lega”. Metafora geopolitica non casuale. “Perché anche sulla guerra in Ucraina, il nostro mutismo è imbarazzante: per paura di indispettire Salvini ci siamo fatti sottrarre lo scettro dell’atlantismo  dalla Meloni”, sbotta Andrea Ruggieri. 

Ruolo ingrato, al momento, quello di chi contesta la linea dello schiacciamento sul Carroccio. Claudia Porchietto, ad esempio, il suo disagio sul tema lo ha pagato venendo sostituita in commissione Finanze, epicentro delle tensioni sul catasto. “Ai miei ho detto chiaramente che la revisione chiesta da Draghi è sacrosanta, visti i tassi di abusivismo edilizio”, si sfoga la deputata piemontese. E però, nei giorni di passione sulla delega fiscale, mentre lei sosteneva queste tesi, i vertici di FI seguivano altre vie. “Venivano da noi a pregarci di tenere duro,  così per loro era più facile opporsi alle pressioni di Palazzo Chigi”, racconta il leghista Massimo Bitonci. Altroché Ursula. E anzi, nella riunione di maggioranza di ieri pomeriggio, le regole d’ingaggio per proseguire con la delega fiscale, a partire da lunedì, si sono ridefinite –  al di là delle mediazioni tecniche trovate tra il Mef e il relatore  Luigi Marattin – tenendo  conto di un dato politico: “E cioè che noi di FI – dice Antonio Martino – sulle tasse non siamo disposti a rinnegare la nostra storia e a lasciare alla Lega la difesa delle partite Iva”.
Che è poi la stessa dinamica che s’intravvede sul prossimo campo di guerriglia, quello del Csm. “Sul sorteggio non torniamo indietro”, s’impunta il capogruppo azzurro alla Camera, Paolo Barelli, pur consapevole che tra le molte cose su cui Marta Cartabia è disposta a discutere coi partiti, in un vertice di maggioranza ancora da fissare ma che dovrebbe evitare il rischio della conta in commissione prima di fine mese, quella del sorteggio temperato non c’è, perché a Via Arenula lo reputano incostituzionale. “Ma quale provocazione”, contesta Barelli. “Semmai è provocatorio il fatto che ogni volta nel governo si parta dalla maggioranza rossogialla provando poi a coinvolgere pezzi di centrodestra. Abbiamo pari dignità, noi di FI”. 

E questo rivela anche un umore  diffuso, tra le truppe azzurre. Che si sentono ben poco obbligate al rispetto delle scelte varate in Cdm dai loro tre ministri. Anzi, forse proprio la connotazione così spiccata delle delegazione di governo, espressione dell’ala centrista del partito, spinge molti parlamentari a incapricciarsi su posizioni opposte, quelle più vicine a Licia Ronzulli e Antonio Tajani, nella consapevolezza, peraltro, che poi sarà da quelle mani che passeranno le liste elettorali, e la scelta dei pochi seggi blindati da concordare con  Salvini e  Meloni.

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E così, nel liberi tutti, succede che sia proprio FI, quella della rivoluzione liberale, a dare il contributo più sostanzioso al dossier degli oltre mille emendamenti al ddl Concorreza depositato al Senato. Messaggio, anche qui, tutto politico, come Maurizio Gasparri spiegava a un gruppo di colleghi senatori riferendo di un incontro avuto direttamente con Draghi: “Gli ho detto che la sua autorevolezza è sulla guerra in Ucraina che deve dimostrarla, e sul Pnrr. Non certo sui balneari, su cui dovrà accettare  che tutti i partiti chiedono modifiche. Per cui farebbe bene ad ascoltare il Parlamento, e a fidarsi un po’ meno dei consigli sbagliati e pericolosi del suo Giavazzi”. E forse allora non è casuale che proprio un esponente di governo azzurro, il viceministro dello Sviluppo Gilberto Fratin, sia stato individuato per sovrintendere alla mediazione politica sulla Concorrenza, con riunioni che si prolungheranno per settimane. Lui, intanto, ha deciso di non ricevere nessuno dei centinaia di questuanti delle varie categorie coinvolte – dai tassisti ai farmacisti, passando ovviamente per i balneari – nella riforma, e fuori dalla sua porta, al Mise, ha appeso un cartello: “Io speriamo che me la cavo”. 
 

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