Il racconto

"Zelensky vuole la terza guerra mondiale". Lo strano intergruppo di M5s, Lega e cani sciolti

Undici ex grillini in un'interrogazione hanno confuso la Corea del Nord con quella del Sud

Simone Canettieri

Da Lanutti a Comencini fino a Petrocelli: sono sempre di più i parlamentari che sembrano giustificare l'invasione di Putin

 “Appare comunque intollerabile l’operazione militare intrapresa dalla Russia”. Un piccolo inciso e poi l’interrogazione può procedere spedita: potrebbe essere stata scritta da Sergej Lavrov. Invece porta la firma di ben undici senatori, tutti ex M5s (Lannutti, Morra, Giannuzzi, Lezzi, Angrisani, Crucioli, Granato, Moronese, Abate, Mantero, Botto). In Parlamento sta nascendo una brigata “Sergej”. Una specie di intergruppo abitato da “né né” e con varie sfumature.    
 

L’interrogazione in questione, presentata al governo lo scorso 2 marzo, ripercorre un po’ tutto l’armamentario della propaganda filorussa: la Nato matrigna, le zampe degli Usa, i nazisti ucraini, il parallelo con Cuba nel 1962 e alla fine anche uno strafalcione geopolitico niente male: “L’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale”.

Peccato che i giochi si svolsero PyeongChang in Corea del Sud: non proprio la stessa cosa. Ma questi sono dettagli. Va chiamato Elio Lanutti, il saggio del gruppo a cui a volte escono fuori teorie un po’ complottiste nonché amico personale di Beppe Grillo dal 1994, già in Senato con l’Italia dei Valori nel 2008, embrione del M5s. “Sto pregando”. Per cosa in particolare? “Sono angosciato: Zelensky spinge per la terza guerra mondiale”. Sarebbe l’aggredito. “Ma cosa: sta provocando i russi. Dice loro: arrendetevi. Ma tace sui campi di addestramento della Nato che ospita da anni”. Lanutti putiniano. “Io non sono amico di Putin, ma questo non giustifica la possibile fine del mondo”. Sarà contro le sanzioni. “Servono, ma le paghiamo noi”.

Sarà contro le armi agli ucraini. “Certo, attizzano il fuoco. Ho la stessa posizione di Lamberto Dini: Usa e Ue sono responsabili insieme alla Russia”. Il Senato dà sempre grandi soddisfazioni, perché qui si respira lo spirito del “marzo 2018”: il primo abbraccio fra M5s e Lega, il sovranismo, l’antiamericanismo, il filoputinismo, il fascino per la Cina, l’odio per l’Europa e per l’euro. Dopo tre governi e quattro anni certe passioni sono rimaste. Il grillino Vito Petrocelli (detto Petrov) è presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama (non proprio un’assemblea di condominio): ha posizioni così nette sulla Russia che per non votare contro il decreto Ucraina volerà a Washington per incontrare l’omologo Usa dei democratici. Nei giorni scorsi si è già espresso contro la risoluzione del governo (Giuseppe Conte, leader del M5s, parla di disegno strategico di Putin e non di invasione). 


“Se mi chiama per Vito non so dove sia, quanto a me io penso che l’Italia stia sbagliando a giocare alla guerra, la facessero gli americani”, Emanuele Dessì, ex grillino ora nel Partito comunista di Marco Rizzo, lo scorso 24 febbraio, giorno dell’invasione russa, stava a Mosca.

“Sì, per un’internazionale di tutti i partiti comunisti: i nostri compagni russi sono all’opposizione di Putin quindi non ditemi che sono amico del Cremlino”.

E però? “Io non sono filo nulla”. Crede al bombardamento degli ospedali? “Credo alla propaganda che c’è sempre stata, e al pensiero unico di voi giornalisti”. Sono fatti, quelli: video, immagini. “Le guerre ci sono sempre state, meglio che non ce ne siano. E però sulla verità potremmo parlare per ore. Comunque in tutta Europa nessuno indossa più la mascherina al chiuso”. E che c’entra? “E’ libertà, anche questa”. Nella Lega, dove l’argomento è ancora più scoppiettante per via di Matteo Salvini, si cerca di parlare d’altro. E così Borghi & Bagnai si buttano su varianti del virus e green pass, salvo incursioni sugli effetti di sanzioni e caro benzina, ma poi alla fine su Twitter non posso esimersi. “Altrimenti è censura come il fascismo”. Vladimir Putin per esempio è abbastanza condiviso sui social anche da Guido De Martini, “senatore no euro e no Europa” del Carroccio, forte della convinzione che “non esiste, in questa vicenda, un torto e una ragione”. Sono le “Brigate Sergej” dunque. Parlamentari della Repubblica che fra complottismo, voglia di stupire, ricerca di verità alternative rischiano di passare per la quinta colonna italiana dell’invasore. Certo, con diverse gradazioni. Il deputato grillino Gabriele Lorenzoni, per esempio, non vuole che Zelensky sia invitato a collegarsi con la Camera altrimenti l’Italia si schiera e sostiene – “ho letto i comunicati russi” – che l’ospedale di Mariupol sia stato evacuato prima del bombardamento. L’altra grillina Enrica Segneri se la prende “con i pacifisti di guerra”. Il leghista Vito Comencini è ormai in viaggio verso il Donbass. E’ l’intergruppo parlamentare, un sentimento che inizia ad aleggiare. Così come lo spirito del marzo 2018.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.