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Il no di Letta al referendum sulla legge Severino scatena l'ira dei sindaci dem

Il segretario del Pd non sembra voler tornare sui suoi passi e lascia intendere che il cosiddetto campo largo a cui sta lavorando non può includere solo il M5s e la sinistra di Leu. Per questo cerca di mediare tra Calenda e Conte

Ieri Enrico Letta ha annunciato il no del suo partito al quesito referendario sulla legge Severino. “Ne sono convinto”, ha ripetuto per due volte il segretario del Partito democratico. Così facendo il leader del Pd ha scatenato l’ira dei sindaci dem che da tempo chiedono di modificare quella normativa, perché, come spiega il primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci, “la legge si scontra con lo stato di diritto”. Ricci, che è a capo del coordinamento dei sindaci del Partito democratico, non aggiunge altro, ma i suoi colleghi sono molto più espliciti. E non sono solo gli amministratori locali a essere sul piede di guerra perché i dem “assumono la stessa posizione di Giorgia Meloni e dei Cinque stelle”. Anche dentro Base riformista ci sono diversi mal di pancia e c’è chi ora rimpiange di non aver firmato a suo tempo i quesiti referendari. Per questa ragione nel Pd c’è un lavorio sotto traccia con l’obiettivo di convincere Letta a optare per l’astensione, nel caso in cui il Parlamento non riesca a fare la riforma della legge Severino in tempo. Un’altra scuola di pensiero invece, per tenere insieme le due anime del partito, quella filo-grillina e giustizialista e quella garantista, propone al segretario di optare per la libertà di voto, senza impegnarsi in un senso o nell’altro. Ma Letta, a quanto pare, non intende demordere. “Comunque – insistono i trattativisti – nessuna decisione ufficiale è stata presa, perciò la partita è rinviata a una prossima Direzione”.

 

Enrico Letta anche ieri ha lasciato intendere che il cosiddetto campo largo a cui sta lavorando non può includere solo il Movimento 5 stelle e la sinistra di Leu. Così si potrebbe difficilmente centrare l’obiettivo di una vittoria alle prossime politiche, che è quello che il segretario del Pd si prefigge. Per questa ragione insiste, anche nei colloqui privati con i due, per cercare una mediazione tra Carlo Calenda e Giuseppe Conte. In realtà una forma di compromesso sarebbe possibile e vedrebbe inserirsi nella partita anche Matteo Renzi. Ma sia il leader di Italia viva che il numero uno di Azione non possono certo acconciarsi a un’alleanza con il M5s senza un cambiamento vero dei grillini. Un cambiamento non a parole, ma nei fatti. Se saltasse Giuseppe Conte, per esempio, Calenda e Renzi, al di là di quanto dichiarano in questi giorni, potrebbero tornare sui loro passi e tentare la strada di un’alleanza con il Partito democratico in vista delle elezioni politiche del 2023.

 

Nei palazzi della politica raccontano che Rocco Casalino stia facendo impazzire quelli del Pd. Le malelingue nel transatlantico di Montecitorio sostengono che l’altro ieri sia stato lui a far  filtrare la notizia di un incontro tra Letta e Conte per il giorno dopo. In realtà non c’era nessun colloquio in agenda, ma la notizia ha preso a circolare e qualcuno l’ha anche scritta. Vero falso? E soprattutto, se è stato veramente Casalino a far girare l’indiscrezione di un incontro tra il segretario del Partito democratico e il leader del Movimento 5 stelle, per quale motivo l’ha mai fatto? Per evitare che dopo l’apertura di Letta a Carlo Calenda, e l’aut aut di quest’ultimo (“O noi o il M5s) qualcuno potesse scrivere che Letta virava al centro allontanandosi da Conte. E poiché l’ex premier è in difficoltà dentro il Movimento, questo sarebbe stato un brutto colpo per lui. Se è andata veramente così, si può ben dire che Casalino è riuscito nel suo intento perché ieri Letta ha sì smentito l’incontro con un tweet ma ha dovuto parlare al telefono con Conte e rendere noto anche il colloquio, nonché riaffermare la sintonia tra i due. Un’altra ipotesi, meno accreditata, vuole che siano stati invece i nemici del leader Cinque stelle a mettere in giro la voce per poter far scrivere il giorno dopo che l’incontro tra Letta e Conte era saltato. Quale che sia la verità, per il Pd diventa sempre più faticoso gestire il rapporto con l’alleato grillino e ormai molti dem tifano per il proporzionale proprio per poter dire addio a questa alleanza.

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