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È un bene o un male la rielezione di Mattarella al Quirinale?

Marco Lodoli

La smania sgretola, la quiete consolida. Lezioni dal voto per il Colle e dal mattarellismo che servirebbe alla politica

È naturale porsi questa semplice domanda: è un bene o un male che il Parlamento italiano non sia riuscito a trovare un successore a Mattarella e anzi, nello stallo dei veti incrociati, si sia ritrovato a pregare in ginocchio il nostro caro Super Sergio affinché accettasse l’incarico?

Così, d’istinto, nasce una certa malinconia di fronte all’inconcludenza dei partiti, incapaci di proporre e far votare una nuova figura, di trovare almeno una persona di “alto profilo”, come si è ripetuto ossessivamente in questi giorni. D’altra parte, però, non si può che essere contenti che Mattarella abbia acconsentito a risalire sulla sella di questo ronzino sbuffante e scalciante. La gente sa che Sergio nostro è un uomo per bene, preparato e gentile, prova affetto per i suoi toni garbati, la voce bassa e tranquilla, la compostezza, la cristiana serenità, e credo che quasi tutti dai divani di casa abbiano applaudito la sua rielezione. In fondo il mattarellismo, se esiste questa categoria dello spirito, sta tutto nel dominio degli istinti, nell’abolizione di ogni rabbia sconclusionata, di ogni ridicolo narcisismo.

“La mente piccola divide, la mente grande unisce”, diceva Lao Tze, il padre del taoismo, e Mattarella rappresenta proprio questa attitudine che cerca consapevolmente di evitare ogni inutile polemica, ogni penoso protagonismo. Viviamo in un mondo in cui si dibattono code frenetiche e moribonde di lucertole, in cui ci si agita e si sgomita per un primo piano, per un minuto in più di sciocchezze gridate in televisione: troppi attorucoli che pretendono un ruolo da protagonisti senza nemmeno aver compreso il senso della storia che si sta raccontando. Mattarella tace, sorride pallidamente, e con la sua mitezza tiene incollate le minuscole schegge taglienti della politica italiana, perché la vetrata non crolli. Serviva un altro come lui, un altro devoto del mattarellismo, ma a quanto pare un altro non c’è, sono tutti rabbiosamente immersi nel fango della palude dello Stige, tutti dominati da una becera volontà di potenza. E allora evviva il nostro anziano e stoico presidente, e impariamo qualcosa da questa vicenda, almeno questo: che la smania sgretola, che la quiete consolida.

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