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Il racconto

L'ultima conta del Cav: "Sono a 499". Ma nel centrodestra già pensano al nuovo governo

Da Arcore voci contrastanti sul ritiro della candidatura al Quirinale. La Russa: "Comunque vada noi ne usciremo vincitori"

Simone Canettieri

Oggi il vertice del centrodestra, ma Berlusconi rimarrà a Milano. Gianni Letta spinge per farlo virare su Draghi. Intanto Toti e Brugnaro già pensano al nuovo esecutivo: Marin prenota un posto da ministro 

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Ultime dal giardino di Arcore: il Cav. continua a giocare con il pallottoliere. Non molla. Per ora. A chi lo chiama risponde così: “Se rinuncio al Quirinale è perché non ho ancora compiuto 50 anni”. Oggi parteciperà da remoto al vertice decisivo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per una posizione compatta “come centrodestra”. Intanto Gianni Letta non perde la speranza. Gli ripete: “Silvio, fai la mossa: indica Draghi”. Berlusconi dice di essere a quota 499. 

Tira un’aria surreale nel centrodestra. Tutti ufficialmente dicono di aspettare Berlusconi e gli promettono “massima fedeltà” qualora fosse. Poi però nei capannelli, lontani dalle telecamere, sono convinti che si andrà verso Draghi al Colle. Al punto che, per esempio, in Coraggio Italia, la creatura di Brugnaro e Toti (32 voti fondamentali) già pensano al rimpasto del nuovo governo. Tanto da aver già prenotato un posto da ministro per Marco Marin, capogruppo alla Camera del partito fucsia con ambizioni da grande centro con dose booster di Matteo Renzi.  Un polo che potrebbe attrarre anche pezzi da novanta del mondo azzurro: c’è chi parla di Renato Brunetta, veneziano come Brugnaro, di cui è amico e, per molti, consigliere politico.

 

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Si smontano governi, si disfanno e si riassemblano alleanze all’ombra delle decisioni del Cav. Ecco Ignazio La Russa, colonnello di Fratelli d’Italia: “Vedrete, Giorgia conquisterà l’oscar della migliore attrice non protagonista. Consapevoli dei nostri sessantadue voti usciremo, comunque, vittoriosi da questa partita”. La parola chiave è: comunque.

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Non è un mistero che dietro le quinte Enrico Letta, più che parlare con Matteo Salvini dell’ipotesi Draghi al Quirinale, ne discuta da tempo con la leader di Fratelli d’Italia. Li chiamano Sandra e Raimondo, coppia fissa a tutte le presentazioni di libri che contano, con l’obiettivo di giocarsi Palazzo Chigi quando ci saranno le elezioni. Ma bisogna sempre ritornare ad Arcore. Provare a entrare nella testa di Berlusconi. Ieri ha riunito i capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini, con Licia Ronzulli. Presente anche  Fedele Confalonieri. Un pranzo di lavoro, definito “interlocutorio” pieno di vorrei e posso. Gianni Letta è rimasto a Roma, a lavorare ancora sulla sterzata, sul colpo di teatro così scontato in apparenza da risultare fin troppo banale per chi dovrebbe farlo. 

 

“Il nome di Mattarella per il bis non è sul tavolo”, assicura  al Foglio chi ha partecipato alla colazione di lavoro. Un modo, se fosse vero, per sfilare  dalla margherita il petalo più prezioso e complicato. Da Forza Italia escludono che il piano B possa essere Giuliano Amato,  poco digeribile per Fratelli d’Italia. C’è un sottinteso nervosismo in cui tutti parlano con tutti e nessuno crede che Berlusconi abbia veramente i 505 zecchini d’oro che gli permetterebbero l’elezione. Si continua a far di conto, ad Arcore. Dove gira la voce che al momento – parliamo di ieri sera – la quota di grandi elettori si sarebbe fermata a 499.

Meno sei, sulla carta. Troppo pochi. E’ una cifra non ancora sufficiente per andare in rete e, soprattutto, non tiene conto di una quota di franchi tiratori ritenuta fisiologica. Ne servirebbero almeno 560, ragionano gli esperti di numeri così in ombra e così attenti a non apparire. Alla Camera i grillini sono terrorizzati appena vedono comparire la scritta “chiamata anonima” sui display dei cellulari. Potrebbe essere uno scherzo. Oppure Lui. “Nel dubbio io non rispondo più ai numeri che non appaiono sul mio cellulare”, dice Sergio Battelli, deputato del M5s. Oggi sarà il sabato di Berlusconi. Quello della consapevolezza. Che potrebbe essere interpretato come il sabato della resa. Ma anche no, perché fino all’ultimo, la tentazione di testare la fedeltà degli alleati e di contare il centrodestra – “che ho creato” – c’è. E quindi davvero si andrà verso la quarta votazione? Salvini saltella da un forno all’altro che ha aperto. E anche questo è indicativo di quanto creda alla candidatura di Berlusconi. Manda note per dire che il centrodestra farà una proposta unitaria e poi dice di essere in contatto con Letta e Conte. Non proprio i primi elettori del Cav. Che si diverte e fino a sera continua a dire: l’obiettivo non è raggiunto, ma raggiungibile. Ma quale?     

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