La redazione di Radio Padania (foto LaPresse)

La svolta

Addio Padania, ecco Radio Libertà. “Non sarà un rifugio No vax”

Luca Roberto

L'emittente di cui Salvini è stato direttore per quattordici anni cambia volto. "Una decisione di cui il segretario non sapeva niente. Il nome Padania? Non aveva più senso usarlo. E' una stagione straconclusa", ci dice il direttore Cainarca

“Servi di Roma fuori, senza dubbi né ripensamenti. Padania bella e libera guarda avanti”, cantava tal Sergio Borsato. In quel che era una specie di tappeto o colonna sonora in cui sempre rischiavi d’imbatterti se cercavi le frequenze di Radio Padania. Poi, dal 1997, divenuta Radio Padania Libera. Da ieri dovete chiamarla Radio Libertà. Vogliamo abusare dell’espressione ‘tramonto definitivo di un’epoca’? Facciamolo. “Semplicemente non aveva senso continuare a chiamarsi così. Quella fase politica è straconclusa, non potevamo cavalcare un’istanza oramai improduttiva. E’ un passaggio che avremmo dovuto fare già 5 o 6 anni fa”, racconta al Foglio Giulio Cainarca. Il diretùr, entrato nel ‘97 con un co.co.co. E venticinque anni dopo al vertice di un’emittente che con la Lega coltiva un rapporto sempre più indiretto: è una cooperativa di 5 dipendenti, svariati collaboratori, con la volontà esplicita, questa volta, di affrancarsi ancor di più dal soggetto da cui non percepisce oramai più alcuna forma di contribuzione. Forse si vuole recidere un cordone, pur rimanendo nella storica sede di via Bellerio, accanto agli uffici del Carroccio. “E’ chiaro che proveniamo da una matrice che è quella della Lega di Bossi. Ma oramai quel partito non esiste più. Abbiamo bisogno di far entrare aria nuova dalle finestre. L’obiettivo è il rinnovamento nella continuità, per citare Togliatti”.

 

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E allora via il vecchio simbolo con il sole delle Alpi. Fuori, com’era già successo con il quotidiano La Nuova Padania, i riferimenti alla propria storia. Radio Libertà ha un sito con un font stilizzato moderno, un poco anonimo. Non esisterà nell’etere, come già dal 2016 era successo a Rpl. Solo dab e podcast e streaming. Chi negli anni novanta ascoltava gli interventi quotidiani di Bossi sarà rimasto almeno un poco spiazzato. Sicuramente la svolta sarà stata concordata con il segretario Matteo Salvini. “E invece no, a dire il vero. Lui sta su un altro pianeta. Il suo progetto politico lo conoscete, è evidente a tutti”. Vuole dire che pur essendo la voce della Lega avete deciso di non tenere in considerazione la sua opinione? “Beh, a differenza delle altre radio politiche non siamo un’emittente di partito”. Fatto sta che gli interventi del segretario, direttore di Radio Padania libera per 14 anni, non è che si siano fatti rari: sono scomparsi. Risalgono a più di tre anni fa. Più infrequenti delle sortite di Mauro da Mantova, del disturbatore Michele Caruso e del vecchio comunista Luigi di Vimercate. “Salvini di recente ci ha mandato una registrazione, ma solo per farci gli auguri”, dice Cainarca. Che durante i suoi trascorsi ha potuto apprezzare tutta la parabola del partito, compreso il salvinismo sovranista. “Quando sono arrivato nel ‘97, le provenienze erano le più disparate: dal Movimento sociale alla Democrazia cristiana, fino al Partito comunista. Il Dna leghista è sempre stato piuttosto eterogeneo. E’ vero che ora di Lega ce ne sono più di una, ma tra i territori e il vertice non vedo tutta questa differenza. Paradossalmente è una Lega più unita”. 

La radio, comunque, esibisce ambizioni. Conta tremila abbonamenti ma punta a crescere ancora, acquisire inserzioni pubblicitarie. Vuole offrire, ora che anche gli altri si attrezzano con le varie Radio Leopolda (Italia Viva), Radio Immagina (Pd), un palinsesto di discussione politica parlata dalle 7 del mattino fino alle 21. “Con una rassegna stampa sul modello di Massimo Bordin, di due ore, qualcosa di improponibile per lo standard tuittarolo di oggi”, spiega il direttore. “Possiamo diventare uno strumento di aggregazione di tante aree politiche e sensibilità diverse”. Qualcuno potrebbe pensare che vi possano trovare diritto di rappresentanza voci che molto si sono appellate al principio di libertà come i No vax e i no green pass. “Ma io questo lo rifiuto. Non saremo il refugium peccatorum di una banda di sderenati. Quel dogmatismo antiscientifico non ci appartiene. Qui si è sempre intervenuti senza filtri e censure. Delle parole non ho paura. Ma il presupposto di base deve essere sempre l’argomentazione razionale”. C’è chi sottolinea lo strano tempismo di un’emittente che cambia, si rifà il look, a pochi giorni dall’elezione del presidente della Repubblica. Cainarca però ne parla solo a titolo personale, da analista e osservatore e lettore di giornali. “Quella di Berlusconi non è mai stata una candidatura vera. Credo sia servita solo a facilitare la convergenza su Draghi. Secondo me il premier ce la può fare anche alla prima chiama”. Così almeno sostengono alla fu Radio Padania.