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All'ombra del futuro Colle

Salvini, il Pd e i luogotenenti del piano B per il Quirinale

Marianna Rizzini

"La prossima settimana dalla Lega una proposta convincente", dice il leader del Carroccio mettendo in discussione il nome di Berlusconi. I leghisti Molinari e Romeo lavorano al dialogo in vista del patto di legislatura di cui parla Letta

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C’è il Matteo Salvini che deve tenere aperti più canali, sotto il canale che porta il nome di Silvio Berlusconi, e che a metà pomeriggio dice: “Berlusconi fa i suoi incontri e i suoi conti”, ma in ogni caso “una decisione dovrà essere presa”, e “la Lega farà una proposta convincente”. E c’è la Lega – tramite i luogotenenti della Lega – che deve perlustrare in anticipo, a partire dal Parlamento, le possibili linee di movimento e i possibili punti di arrivo. Ci si deve insomma spingere nell’altro campo per cercare di dare forma preventiva al dialogo verso il Pd – Pd del “patto di legislatura” (con “presidente super partes”) proposto dal segretario Enrico Letta.

Anche Matteo Renzi, sul Corriere della Sera, oggi definiva da una parte “ragionevole” la proposta lettiana di accordo al centrodestra e dall’altra “sensata” l’idea salviniana di governo dei leader. E se alla fine saranno proprio i leader a dover formalizzare l’eventuale accordo, al momento per la Lega ascoltano e dialogano i capigruppo di Camera e Senato Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, ma anche, in forme “più sfumate”, dice un parlamentare Pd, il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni e l’ex sottosegretario alla Difesa ed ex presidente Copasir Raffaele Volpi, nonché il senatore ed ex sottosegretario all’Interno Stefano Candiani.

Molinari esplicitava il pensiero: “Il piano A è Silvio Berlusconi, ed l’unico piano in campo adesso. Se Berlusconi non dovesse candidarsi è evidente che il nome deve essere fatto dal centrodestra, e oggi il primo partito del centrodestra è la Lega, quindi da Salvini. Il centrodestra se sta compatto non implode. Deve essere leale a Berlusconi in prima fase e leale all’altro nome che dovesse venire fuori”. E dal Pd giungeva implicita conferma: “La Lega deve lavorare e sta lavorando per sbloccare la situazione”, diceva un deputato, “e solo attraverso la comunicazione con il centrosinistra si può ottenere questo risultato. Quella di Letta non è una proposta tattica, c’è davvero la possibilità di raggiungere un accordo su Quirinale e Palazzo Chigi, ma bisogna prima rimuovere l’ostacolo”.

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E se l’ostacolo per il Pd risponde al nome del Cav., per la Lega è invece prima di tutto “non poter dire ancora che cosa succederà da qui a giovedì”, dice un senatore salviniano. Da due parti – tra Pd e Lega – si ragiona su quello che questa mattina il deputato dem Enrico Borghi, responsabile Sicurezza, chiamava il “gioco di specchi del centrodestra sulla divisiva candidatura di Berlusconi”. E c’era chi, in Senato, nella Lega, ricordava che “già tre giorni fa il nostro capogruppo Romeo ha parlato di ‘confronto tra le forze politiche per trovare un candidato condiviso’”.

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Però intanto il coro ancora deve suonare per la campana del Cav. (della serie: “Il candidato del centrodestra è Berlusconi”). Mentre da Forza Italia giungeva la risposta perentoria al Salvini che metteva la deadline (“decisione entro la prima votazione”): “Non c’è contrapposizione, il nostro presidente è il profilo più autorevole”. E di nuovo si guarda a Villa Grande, dimora di Berlusconi dove un tempo abitò Franco Zeffirelli, e al piano B – quello di un nome condiviso, appunto – che si piazza in mezzo alle portate del futuro (ennesimo) pranzo tra alleati. Bando alle “letture malevole”, facevano sapere i leghisti a chi vedeva nelle frasi di Salvini uno spingersi oltre il suddetto ostacolo. Il Pd sta a guardare, in vista dell’incontro Letta, Speranza e Conte di mercoledì. 
 


 

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