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Il retroscena

Gli indizi di Mattarella per Draghi al Colle. Ma senza un'intesa dei leader, ipotesi congelamento

L'ex banchiere ha due convinzioni: non si autocandiderà per il Colle e per essere eletto dovrà accadere alla prima votazione

Simone Canettieri

Il capo dello stato alla Farnesina annuncia che "è il mio ultimo saluto alla comunità degli ambasciatori". Poi dopo qualche ora fa un appello "a rimanere uniti quando ci sono grandi scelte". Ma il premier non ha ricevuto segnali dalla politica

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Lunedì di cerimonie e indizi. In un contesto di strategici e ingarbugliati silenzi, l’unico a non usare frasi anodine è Sergio Mattarella. A metà mattina, alla Farnesina, dice che è il mio ultimo saluto alla comunità degli ambasciatori”.  In serata, al Quirinale, il capo dello stato davanti alle alte cariche delle istituzioni sprona tutti a “rimanere uniti quando ci sono grandi scelte”.  Si riferisce all’elezione del presidente del Repubblica? Mario Draghi ascolta.  Tace. Nemmeno una smorfia degli occhi sotto la mascherina. Per succedere a Mattarella dovrà essere votato subito: alla prima chiamata.   

Draghi al Colle, qualche indizio di Mattarella

La strategia del premier, che rispettando le liturgie mai si candiderà al Colle, è fatta dunque di silenzi e attese senza ansie. Domani alla conferenza stampa di fine anno ha intenzione di dribblare le domande troppo soggettive sul futuro che lo attende fra un mese. Al massimo, questo sì, Draghi sarà pronto a esprimere pareri “di oggettiva cornice”. Indizi. Messaggi in bottiglia. Tipo: la legislatura deve proseguire e arrivare a scadenza. Sottolineerà “la missione compiuta” sui 51 obiettivi del Recovery, spiegando allo stesso tempo che chi sta al suo posto difficilmente può dire di aver terminato il proprio lavoro. “E’ prassi, non si finisce mai di chiudere dossier”, spiegano a Palazzo Chigi. Dove in queste ore  lo staff del premier è al lavoro per studiare le risposte giuste alla gragnola di domande tutte in un’unica direzione: “Dirà sicuramente che è un servitore dello stato, ma non è detto che si spinga a dire di essere a disposizione”. Si pettinano le sfumature.

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Anche perché a ieri ancora non c’era una visione di insieme da parte dei quattro-cinque leader che dovrebbero, fatte salve le bizze delle truppe, unirsi per dare le carte. Un quadro d’insieme che non sfugge a Sergio Mattarella. E si può così spiegare il passaggio contenuto nel suo discorso serale al Quirinale. Un’esortazione agli italiani, ma soprattutto al mondo politico presente: “Non rinunciamo alle differenze e alle diversità. Ma sappiamo essere uniti sulle grandi scelte, quando le circostanze della vita lo richiedono. L’augurio che rivolgo a voi e al nostro amato paese – per il futuro – è che lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali”. 

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Più chiaro di così? Tuttavia la soluzione è lontana. Soprattutto perché il centrodestra danza senza sosta sulla candidatura del Cav., sempre più indispettito ma comunque consapevole dei reali piani di Salvini & Meloni (di cui rischia di non fare parte).

E’ chiaro come un’impuntatura di Silvio Berlusconi, per farsi pesare dalla quarta votazione, potrebbe portare uno scenario indecifrabile. E che potrebbe scaturire in “un congelamento”. Alla conferma dello status quo con Draghi a Palazzo Chigi e il Parlamento che girando a vuoto implora Mattarella per il bis. Il partito del Covid-19 è una variante: a gennaio è previsto il picco dei contagi.

Al Quirinale non vogliono contemplare questo scenario, ripetendo che il presidente è un “uomo di dottrina” rispettoso delle prerogative del ruolo. Allo stesso tempo da Palazzo Chigi continuano a ripetere che Draghi mai si esporrà alle follie di un Parlamento incontrollabile. Una bocciatura nel segreto dell’urna, è il ragionamento che si fa nelle stanze del governo, equivarrebbe a una mancata fiducia nei confronti del capo del governo. E quindi alla caduta “immediata” dell’esecutivo. Si contano dunque ancora una volta gli indizi, si pesano i silenzi e si rimanda tutto al giorno, il 3 gennaio, in cui il presidente della Camera Roberto Fico convocherà in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali. Ci saranno venti giorni per entrare nel vivo del grande gioco di società chiamato Quirinale.

Il congedo e il precedente di Napolitano

Nel frattempo rimane il no di Mattarella al bis. Più volte ribadito negli ultimi giorni fra visite (a Papa Francesco) e cerimonie natalizie. Anche se tutto può mutare in un contesto ancora denso di incertezze.

Il 14 dicembre 2012 l’allora presidente Giorgio Napolitano in occasione degli auguri al corpo diplomatico chiuse l’evento sottolineando che “guardando al termine del mio mandato, vi ho accolto oggi al Quirinale ancora una volta”. E tre giorni dopo, il 17 dicembre con il premier Mario Monti da poco dimissionario, aggiunse davanti alle alte cariche dello stato che “la non rielezione al termine del settennato è l’alternativa che meglio si conforma al modello costituzionale di presidente della Repubblica. E’ con questa convinzione che mi accomiato da voi”.

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