Mariastella Gelmini e Massimiliamo Fedriga (Ansa)

La conferenza

Le regioni chiedono un incontro a Draghi: "Urgente riflessione condivisa"

Ruggiero Montenegro

I governatori spingono per il modello austriaco con una distinzione tra attività essenziali e non. Per Palazzo Chigi non ci sono ancora le condizioni per la stretta: si punterà ancora su terza dose e mascherine anche all'aperto. Fedriga: "Dobbiamo anticipare eventuali scenari di criticità"

È il giorno delle regioni che, dopo aver lanciato nello scorse ore una sorta di campagna, a suon di interviste, dichiarazioni e post social, in favore di una stretta sul green pass, avanzeranno al governo la loro proposta, il cui assunto di base è molto semplice: penalizzare i no vax in caso di ulteriori restrizioni. A guidare la partita, Massimiliano Fedriga, il presidente della Conferenza Stato-regioni, nonchè del Friuli-Venezia Giulia, il territorio che più di tutti vive una fase difficile. Ma quella di una stretta è una necessità condivisa ben oltre Trieste, si deve all'aumento dei contagi, che ieri hanno superato quota 10mila - non succedeva da inizio maggio - ma anche al fatto che la copertura vaccinale inizia a scemare dopo 6 mesi e al rischio di riempire gli ospedali, con conseguenti nuove chiusure va scongiurata, per salvaguardare la crescita economica e il Natale,

Una strana congiuntura che ha messo insieme i governatori delle regioni del nord, in particolare quelli che fanno riferimento all'area di centrodestra, e pezzi del centrosinistra, anche di governo, fino a riproporre quel dualismo tra regioni e governo centrale che ha caratterizzato lunghe fasi della gestione dell'emergenza Covid.

 

Questa mattina i presidenti degli enti locali, riuniti per la Conferenza unificata che precede quella con il governo, hanno messo a punto il documento da presentare oggi pomeriggio e hanno chiesto al presidente del Consiglio Mario Draghi un incontro urgente: "È urgentissima una comune riflessione governo-regioni sulla tenuta delle regole attualmente vigenti che furono adottate in assenza dell'attuale percentuale di vaccinati e dello strumento della certificazione verde", ha detto Fedriga. "L'obiettivo è quello di mettere in sicurezza sia il sistema sanitario, sia le attività economiche e sociali, anche per anticipare eventuali scenari di criticità".

 

Le regioni vorrebbero che nel caso di cambi di colore ci fosse un doppio registro che tenga conto della vaccinazione e distingua tra attività essenziali e no: per le attività sociali e ricreative sarebbe così necessario essere immunizzati, una sorte di super green pass, mentre per lavorare resterebbe la soluzione attuale, la possibilità di fare un tampone. 

 

Nella giornata di ieri il fronte aperto dalle regioni si è ingrossato, trovando sponde a sinistra: come quella di Enrico Letta, "Sono sulla linea più rigorosa, se non si fa così torniamo a chiudere tutto”, ha detto il segretario del Pd. O quelle del presidente campano De Luca, che in maniera colorita ha invocato il “napalm” per i non vaccinati, e di quello toscano Eugenio Giani. E incassando l'apertura di alcuni ministri. In particolare quella di Mariastella Gelmini, titolate del dicastero per gli Affari regionali e principale figura di raccordo e mediazione tra Roma e i territori, che ancora due giorni fa dichiarava “per adesso con le restrizioni ci fermiamo qui”, ma ieri ha raddrizzato il tiro: “Se la situazione dovesse peggiorare credo che dovremmo tenere in seria considerazione le istanze delle Regioni”. Una prospettiva su cui si ritrova anche l'altra ministra forzista Mara Carfagna. E nel frattempo c'è anche chi si è mosso in autonomia, come a Bolzano, a Trento o Verona, dove per esempio per accedere allo shopping e ai mercatini di Natale sarà necessaria la mascherina all'aperto. Una piccola fuga in avanti, secondo qualcuno. Ma che in qualche modo potrebbe anticipare la risposta del governo.

 

La posizione di Draghi non è cambiata, al netto delle mezze aperture di Gelmini e Carfagna, il governo non pare intenzionato per il momento alla stretta no vax: il ragionamento è che, in base ai numeri di oggi, fortunatamente diversi da quelli di altri paesi Europei, come Germania e appunto Austria, il contesto non richieda un intervento così drastico. L'intenzione è spingere ancora sui vaccini, sul rafforzamento della campagna per la terza dose, riducendo contestualmente la validità del green pass da 12 a 9 mesi, e puntare sull'utilizzo delle mascherine anche all'aperto. C'è poi anche un tema legato ai controlli, come già evidenziato dai numeri realtivi alle verifiche sul green pass, che rende di difficile applicazione il lockdown selettivo, già nell'immediato. E ci sono questioni sociali, le tensioni che una misura di questo tipo protrebbero ulteriormente acuire, oltre che politiche: la discussione sugli 8 miliardi di euro da spendere nella prossima manovra è appena iniziata, una decisione netta come il modello austriaco non sarebbe condivisa da tutta la maggioranza. Di certo se ne riparlerà in base all'andamento della curva pandemica, come intanto si continua a parlare, dietro le quinte, di obbligo vaccinale: in questo senso la strada più probabile è che venga introdotto per la dose di richiamo per la categorie più esposte, a partire dai sanitari. Una misura, questa, che potrebbe arrivare presto.

Di più su questi argomenti: