Il retroscena

Quirinale rosa, spunta la carta Belloni. Intanto il Parlamento implode

Il premier scioglierà la riserva sul Colle prima di Natale e ha poco fiducia nella mossa di Letta

Simone Canettieri

Madame 007, a capo del Dis, potrebbe essere il nome a sorpresa se Draghi dovesse sfilarsi. Nel frattempo i partiti si spaccano. Toti è già pronto a staccarsi da Coraggio Italia di Brugnaro

Opzione donna per il Quirinale. Se ne parla. Sono nomi scritti sulla sabbia, certo. Prima, stante l’indisponibilità di Sergio Mattarella a un bis, tutti pendono dai desiderata di Mario Draghi. Il premier – così raccontavano ieri tra la Camera e Palazzo Chigi – dovrebbe sciogliere la riserva sotto le feste di Natale. Prima del messaggio di fine anno del presidente della Repubblica. Il possibile rifiuto dell’ex banchiere sarebbe l’innesco per il piano B. Una roulette di nomi e veti. Che passano da Giuliano Amato ma che arrivano anche all’opzione donna. C’è una carta coperta: si chiama Elisabetta Belloni.  

Il governo Draghi l’ha nominata lo scorso maggio alla direzione generale del Dis. Prima donna alla guida di una struttura dell’intelligence.

Ambasciatrice, romana, è considerata da sempre neutrale alle dinamiche dei partiti. Anche se gode della stima di Luigi Di Maio (prima del Dis era segretaria generale della Farnesina), ma anche di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni. Nel centrodestra ha da sempre un filo diretto con Gianni Letta.

E’ la donna dei primati. Oltre alla particolarità del ruolo al Dis, è stata la prima studentessa ammessa al liceo gesuita Massimo, quello di Draghi.

Ma anche la donna del “quasi”. Nel 2018  Elisabetta Belloni danzò sui giornali per qualche giorno come quasi premier di una maggioranza Pd-M5s, scenario che andò subito in frantumi (salvo ripresentarsi dopo un anno). Questo nome ritorna adesso nei ragionamenti del deep state qualora la matasse diventassero difficili da dipanare. Davanti cioè a un sostanziale muro contro muro delle forze del Parlamento con franchi tiratori in stato di grazia e partiti spappolati. L’ipotesi rosa merita un capitolo nel romanzo chiacchierone del Quirinale. Di cui fanno parte anche Paola Severino e Marta Cartabia. Nomi spendibili e di alto profilo, ma per motivi diversi considerati divisivi quando ci saranno da contare i voti. Specie quelli del M5s, principale gruppo di mischia con 233 schede a disposizione, senza contare i fuoriusciti che soprattutto al Senato hanno conservato un rapporto con i grillini. C’è chi fa notare infatti che la carta Draghi potrebbe essere impallinata proprio da un pezzo importante di pentastellati che siede a Palazzo Madama. Gli stessi che non hanno mai digerito il nuovo premier e che in qualche modo sono fuori dal controllo di Giuseppe Conte (come dimostra il clamoroso risultato dell’elezione del capogruppo: alla fine l’ha spuntata Maria Domenica Castellone). 


Sono questi giorni di forti scomposizioni del quadro politico in vista dell’appuntamento del Quirinale. Anche il centrodestra è attraversato da piccole e grandi scosse. Come il caso di “Coraggio Italia”, creatura fondata da Luigi Brugnaro. Il sindaco di Venezia sembra essere arrivato ai ferri corti con Giovanni Toti, e tutto il gruppo di ex forzisti transitati da Cambiamo che non condividono la linea politica del “piccolo doge”. Brugnaro infatti vede l’approdo della sua creatura in un nuovo scacchiere che guardi alle forze liberal di centro: Matteo Renzi e Carlo Calenda, passando da altri possibili fuoriusciti di Forza Italia. Toti, ma anche Paolo Romani e Gaetano Quagliarello, non la pensano così. Puntano infatti a rimanere nell’alveo del centrodestra tradizionale come gamba moderata dell’asse Salvini-Meloni. Toti ha parlato di questo suo malessere anche  con il leader della Lega. E Romani si è sfogato con Silvio Berlusconi. In questi giorni, se non si ricomporrà la frattura, i critici di Coraggio Italia (già soprannominati in Transatlantico “Scoraggio Italia”) potrebbero formare un gruppo al Senato con il Maie di Ricardo Merlo. Tutto dunque si muove, di ora in ora, in un Parlamento sempre più balcanizzato. Ecco perché Draghi agli appelli di Enrico Letta per un tavolo comune con tutti i leader ci crede poco. Anche Salvini glielo propose lo scorso 13 ottobre, durante il consueto vertice a Palazzo Chigi, ma il premier sembrò poco interessato. In uno scenario così frastagliato tutto può accadere. A partire dall’opzione donna. Che porta, magari, a Elisabetta Belloni. Chissà. 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.