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L'esclusiva

Salvini: “Milano? Chi se ne frega. Ora si vota nel 2023. E Meloni la smetta di rompere"

Ruggiero Montenegro

Il segretario del Carroccio attacca la leader di Fratelli d'Italia “rottura di coglioni”, poi ammette la sconfitta “con ignominia nelle grandi città” e dice che il governo andrà avanti. Il Foglio s’infiltra all’assemblea della Lega

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Dice che “con tutto l’affetto per Milano, il mio obiettivo sono le politiche”. La Meloni? “Stia all’opposizione senza rotture di coglioni”. E le elezioni? “Se uno pensa di andare a votare prima del 2023 è un illuso”. Al riparo da telecamere e cronisti (tranne quello del Foglio che si è infiltrato), Matteo Salvini si rivolge ai suoi deputati e senatori quasi dissociandosi da se stesso, o almeno dagli slogan e dai tic del leader pubblico. Si toglie la maschera e dismette il politichese, fino a rivelare il vero stato d’animo e le strategie del Carroccio. Le preoccupazioni, e gli equilibri della sua coalizione, un po’ meno stabili rispetto alle dichiarazioni di facciata, soprattutto all’indomani di una cocente sconfitta. Che ammette, per la prima volta: “Le elezioni non sono andate bene”, dice infatti Salvini. “Aritmeticamente, uno potrebbe dire che abbiamo 64 sindaci in più. Ma quando perdi con ignominia, con trenta punti di distacco in alcune grandi città, c’è poco da festeggiare. Sicuramente la divisione del centrodestra in due o tre pezzi non aiuta. Con tutto l’affetto per le comunali di Milano o di Genova, e per le regionali in Sicilia, la mia azione, la mia visione è calibrata sul 2023-2028”.

 

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L’analisi la fa davanti allo stato maggiore della Lega – manca solo Giorgetti –  radunato assieme ai parlamentari al Teatro Sala Umberto di Roma, dove ieri si entrava soltanto con il green pass, nonostante i Borghi, i Siri e i Pillon. Stralci di una riunione privata che il Foglio è in grado di riportare e documentare alla lettera. All’ordine del giorno, i risultati delle recenti amministrative. Ed è proprio da qui che parte il ragionamento di Salvini, scortato al suo arrivo dai capigruppo Romeo e Molinari, ma non prima però di aver profeticamente strigliato i suoi: “Leggere ricostruzioni con particolari che solo chi è in alcune riunioni poteva sapere, evidentemente mi fa capire che non c’è quella maturità, da parte di tutti, che ci si aspetterebbe in un momento così complicato”. Maturità che il fu Capitano, non riconosce, a quanto pare, nemmeno nei suoi alleati di centrodestra.

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E così, addentrandosi nell’analisi, nelle ragioni della sconfitta elettorale ecco che Salvini mette a fuoco le criticità, alzando il tiro, poco alla volta. Un crescendo: “Ieri, durante il pranzo con Berlusconi e la Meloni, mi è sembrato che fosse evidente a tutti che litigare tra i ‘centridestra’ per un voto in più, ha come effetto che al massimo sei il migliore dei perdenti”. Il tono si fa più alto: “A me non me ne frega un cazzo di essere il più forte di quelli che perdono”. Poi Salvini continua, svelando ai suoi parlamentari altri dettagli del menù di centrodestra. La nuova strategia, concordata nientemeno a tavola con il Cav.: un appuntamento fisso con i ministri di Lega e Forza Italia, “tutte le settimane, perché un conto è andare in Consiglio dei ministri in ordine sparso, un altro è andare con sei persone coordinate, con una linea condivisa e concordata a priori. La manovra di Bilancio sarà il primo banco di prova”. 

 

E la Meloni? “Ovvio che noi abbiamo un centrodestra al governo e uno all’opposizione. Però c’è modo e modo: si può concordare una quota comprensibile di rottura di coglioni, che però vada a minare il campo di Pd e Movimento 5 Stelle. E non fatta scientemente, come è accaduto negli ultimi mesi, per mettere in difficoltà la Lega e il centrodestra”. E menomale che erano uniti e compatti. Figurarsi. Ma non è finita, perché prima di passare alle altre questioni all’ordine del giorno, dalle riforma delle pensioni alla Finanziaria, Salvini trova il tempo per smentirsi ancora una volta e smentire la cantilena che vorrebbe il premier Mario Draghi al Quirinale a gennaio ed elezioni subito. “Mancano un anno e quattro mesi – sottolinea il leader del Carroccio –  e se uno pensa di andare a votare prima è un illuso. Ma se continuiamo a darci martellate sulle gengive e poi miracolosamente a marzo 2023 ci presentiamo insieme è complicato. È stato complicato per i comuni di Roma e di Milano, figuriamoci quanto può esserlo a livello nazionale”.

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