"È l'occasione di Salvini e Meloni per smetterla con le ambiguità". Parla Campi

Luciano Capone

"Non si può vivere in un’epoca segnata dalla paura della morte senza riportane danni psicologici e senza che si determino forme di reazione estrema". Il politologo Alessandro Campi spiega perché il nuovo estremismo è più complesso dell’allarme fascismo

Alessandro Campi, politologo dell’Università di Perugia e profondo conoscitore della destra italiana, dice che sciogliere le formazioni neofasciste come Forza Nuova  “è una possibilità che deve valutare il governo, o eventualmente l’autorità giudiziaria” ma che, in ogni caso, non è la soluzione “a meno di non pensare che si sia davvero dinnanzi a un ritorno in forze del fascismo come movimento politico di massa”. E non lo dice, Campi, per sminuire la gravità dell’assalto squadrista alla sede della Cgil, ma perché “temo che la realtà sia tragicamente più complessa”.


“Scomodare il fascismo per spiegare questa forma estrema di malessere delle democrazie è un riflesso ideologico pavloviano della sinistra che può tornare redditizio in clima da campagna elettorale”, dice Campi. Ciò non vuol dire negare le infiltrazioni nelle proteste di piazza dell’estrema destra, ma che non sono sufficienti a spiegare cosa sta accadendo nel profondo della nostra società. E che non riguarda solo l’Italia, visto che “proteste e violenze si registrano da mesi in molti paesi europei, per non parlare di quel che abbiamo visto nell’America trumpiana”. E’ un malessere più profondo ed esteso. “Bisogna partire dalle condizioni di disagio psicologico, sociale ed economico che la pandemia ha portato drammaticamente alla luce. E il peggio rischia di venire – dice il politologo –. S’è rotto qualcosa nel meccanismo, emotivo prima che legale, che regolava il consenso e la lealtà politica nelle nostre democrazie. D’altro canto, non si può vivere in un’epoca segnata dalla paura della morte senza riportane danni psicologici e senza che si determino forme di reazione estrema come risultato di quest’accumulo di angoscia e ansia. Se fa comodo, chiamiamolo fascismo, ma è una semplificazione ideologica che non ci fa capire cosa sta accadendo”.

 

Una volta c’era il M5s a rappresentare quelle istanze. “Grillo l’aveva detto, il M5s è servito anche a canalizzare uno spirito di rivolta antisistema che con la pandemia è cresciuto. Peccato che nel frattempo sia diventato un partitino pragmatico-centrista nel quale i contestatori non si riconoscono più. E così dal Parlamento la protesta è tornata nelle strade”. Si può risolvere il problema per decreto, dichiarando illegali i movimenti neofascisti? O si corre il rischio di renderli ancor di più fuori controllo? E’ questo il dilemma. “I gruppi estremisti si controllano in due modi. Offrendo loro un minimo di agibilità legale, per evitare appunto che scivolino nella clandestinità. Salvo ovviamente reprimerli a norma di legge quando, col pretesto della libertà d’espressione e di manifestazione del dissenso, questi gruppi si rendono protagonisti di violenze o di atti sovversivi. L’altro modo di controllarli, tradizionalmente assai più efficace, consiste nell’infiltrarli e nell’avere al loro interno informatori ben pagati”. Ciò che però sorprende Campi è “la libertà d’azione che è stata riconosciuta a Forza Nuova. Il suo leader, Roberto Fiore, non è uno sciamano spuntato chissà da dove, ma un personaggio ben conosciuto per la sua attività nella galassia del radicalismo di destra. Lo stesso vale per la gran parte dei dirigenti di Forza Nuova”. Questa libertà, a prescindere dallo scioglimento o meno di FN, pone due alternative comunque inquietanti: la prima è l’incapacità del Viminale di monitorare gruppi estremisti in una situazione incandescente come questa; la seconda, ancora più inquietante, è “il sospetto che qualcuno abbia interesse a manovrare queste fazioni violente. Un sospetto legittimo visto anche quel che è accaduto in Italia nei decenni passati, quando pezzi dello Stato, in certi casi nemmeno troppo deviati, hanno utilizzato manovalanza politico-criminale d’estrema destra e d’estrema sinistra per fomentare il caos politico”.


E’, quest’ultima, l’ipotesi sollevata da FdI e alla base delle critiche al ministro dell’Interno Lamorgese. In ogni caso, la manifestazione e gli incidenti di sabato hanno messo in difficoltà anche la destra istituzionale, Lega e FdI, che hanno a lungo utilizzato un linguaggio simile a quello delle piazze violente e ora rischiano di pagare un prezzo politico elevato. Ma, paradossalmente, per Campi ora “Salvini e Meloni hanno un’occasione d’oro per smetterla con ambiguità e ammiccamenti agli ambienti sbagliati. Il primo più volte ha civettato col radicalismo di destra. La seconda non è stata abbastanza forte da costringere alcuni suoi dirigenti e militanti a operare uno strappo netto non col fascismo, ma con la parodia a babbo morto di quest’ultimo. Il che, per certi versi, è anche peggio”. E’ il momento, insomma, di tracciare un solco profondo alla propria destra. Ma perché non è accaduto finora? “Perché si portano dietro una psicologia da piccolo partito d’opposizione. Quando sei piccolo raccatti qualunque cosa, ogni singolo voto può esserti utile, anche quelli del gruppuscolo estremista. Ma quando sei grande e maturi ambizioni di governo hai invece delle responsabilità. Devi fare delle scelte e operare delle discriminazioni nette, sapendo che quel che perdi da una parte – un’estrema destra che peraltro elettoralmente credo che non valga nemmeno l’uno per cento – lo guadagni dall’altra”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali