Habemus papam

Il risultato di Calenda, la santa romana sinistra e l'innovazione possibile

Giuliano Ferrara

Ora il leader di Azione può andare verso una leadership seria, leader sul serio, del centrosinistra, in una posizione non più tecnopolitica ma con un’arte della competenza che ne fa un oggetto abbastanza raro nel panorama della classe dirigente 

Carlo Calenda ha detto di non aver centrato l’obiettivo di governare Roma, non voleva fare testimonianza. Io sono un esperto di testimonianza, al Mugello contro Di Pietro e la carovana dei finti progressisti, sull’aborto contro tutto e tutti. Vent’anni dopo i risultati del testimone si conoscono: promosso per tigna e bocciato irrimediabilmente per ineffettualità in entrambe le occasioni (una possibilità, la trombatura, che mettevo forse nel conto). Ma Calenda ha avuto invece una doppia promozione, per tigna e per un risultato politicamente molto utile, scandalosamente utile per corposità, utile alle sue idee, al suo branco di volontari accaniti e alla sua area d’opinione, al suo progetto riformista. Per non parlare della soddisfazione, condivisa da noi suoi elettori, di dare un po’ di biada e strada anche alla Reine des ordures, che da oggi, a battaglia terminata, torna a essere la distinta signora Virginia Raggi, ex sindaca. 
       
La Raggi è stata il simbolo della prima versione dei grillozzi, quella insopportabile, da combattere e combattuta, che aveva raccolto il sovversivismo delle classi dominanti, questo sputazzo della casta contro le élite e il popolo, e lo aveva trasformato in banale populismo d’assalto. Ora che Di Maio si fa fotografare con il sindaco di Napoli e il meravijoso De Luca, colui che per tempo definì “una bambolina” la vincitrice dei Littoriali indetti dal Pd più stupido di sempre, tra disprezzo e sessismo, si vede quanta acqua è passata sotto i ponti, anche quello bellissimo, indimenticabile, bruciato in parte nel giorno del voto. Calenda si era attardato, legittimo, nella polemica dura contro l’opportunistica e opportuna svolta che aveva portato il suo schieramento a infliggere una storica bastonatura all’ex ministro dell’Interno e capo fascioleghista mediante alleanza anomala, spuria, impura, ostica, impopolare, equivoca con il partito delle bamboline e dei bambolini. 
       
Ora Prodi (in epoca draghiana, secoli dopo) ha dissolto l’equivoco dell’alleanza strategica e del punto di riferimento per tutti i progressisti con una formula meravijosa: alleanza sperimentale. Tutti sappiamo che Calenda voterà Gualtieri, non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, e tutti sappiamo che non è tenuto a farsene galoppino, sopra tutto niente zelo, anche perché i gualtieristi non gli hanno risparmiato l’accusa stramba di essere di destra, avendo Calenda un appeal anche verso elettori moderati e non “de sinistra”. Altra acqua passata. Ora Calenda può andare, se non dove lo porta il cuore, dove lo porta il bel voto che ha ottenuto con una magnifica campagna elettorale: verso una leadership seria, leader sul serio, del centrosinistra, in una posizione non più tecnopolitica ma con un’arte della competenza che ne fa un oggetto abbastanza raro nel panorama di una classe dirigente non troppo ricca di idee e capacità, nemmeno povera, ma non troppo opulenta. 
       
Finita l’epoca dei convegni tematici, delle propostine di area laico-liberal-riformista, dei montezemolismi corretti e dei montismi carichi di accademia, della prospettiva unica di un ministero in un eventuale governo dei non peggiori, diciamo così. Chi ha sollecitato sempre Calenda a presentarsi sindaco di Roma a questo pensava, e a questo avrà spero pensato anche lui: ci voleva un tipo nuovo e radicato in una vera esperienza, con un pezzo di classe dirigente in formazione e scuola politica di base, per nutrire un’idea non penosa, punitiva, moralistica e povera dell’Italia, e irrobustirla con un certo grado, non ostentato, non chiacchierone, di innovazione politica e programmatica. Habemus papam, sta a lui, per adesso cardinale di santa romana sinistra, evitare di disperdere il munus, il potere, la responsabilità e la libertà di una scelta che sarebbe stata clamorosa da sindaco, d’accordo, ma che resta scandalosamente utile e irrinunciabile da numero tre dei runners e da numero uno di lista in una delle competizioni più dure e sensate che la storia delle città italiane ricordi. Auguri.
       

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.