“Fascista” e “leghista”

Il Pd trasforma Calenda nel nemico epocale. E così lo pubblicizza gratis

Salvatore Merlo

Più lo aggrediscono, più lui si ingrossa. E adesso il candidato riformista può davvero arrivare al ballottaggio a Roma

Fascista, leghista, amico di Salvini, traditore. Più lo aggrediscono, più lui si ingrossa. Quanto più cercano di mascariarlo, tanto più  invece la sensazione è che sia la  loro maschera a colare giù: sotto il cerone dell’aggressività ecco forse il volto della paura. E infatti Carlo Calenda, da qualche giorno, queste  dichiarazioni ringhianti dei dirigenti del Pd che gli urlano “a fascio!” le colleziona come fossero francobolli, le espone pubblicamente sulla sua bacheca di Instagram, se ne bea su Twitter come fossero medaglie, i suoi Nastri d’argento, i suoi Leoni d’oro, i suoi Oscar elettorali che valgono più di mille sondaggi. La prova, anzi la conferma, chissà, d’essere un pericolo, il candidato riformista che a Roma può andare al ballottaggio spintonando fuori il Pd e Roberto Gualtieri. E allora Francesco Boccia  lo ribattezza “leader dei salotti e ladro di seggi”. E lui lo pubblica. Andrea Orlando lo denuncia “candidato della destra e della Lega”. E lui si frega le mani. Valeria Fedeli conferma che “vuole portare Roma a  Salvini”. E lui la aggiunge alla collezione. Bettini infine assicura che il suo “è l’ultimo rantolo”. E lui lo ringrazia.  

    

Più lo attaccano più diventa forte, come Hulk con i raggi gamma. Più gli sparano, più lui se ne nutre. Quasi Braccio di Ferro con gli spinaci. Un altro po’ di Cirinnà, per favore. Ancora una porzione di Orlando. Datemi un sorso di Boccia. Un’altra sparata di Bettini: fate fuoco, che mi piace. Così, mentre quelli sono impegnati nelle mitragliate, mentre mettono in chiaro che il nemico non è certo l’improbabile Enrico Michetti, mentre in pratica lo pubblicizzano gratuitamente anche agli occhi di quegli elettori di centrodestra che magari non lo conoscevano nemmeno (“ah, se Calenda sta sulle scatole alla Cirinnà quasi quasi lo voto”) ecco che si compie un altro miracolo alla rovescia – abracadabra – ed ecco infatti sparire dalle loro  stesse parole il candidato che pure i dirigenti del Pd dovrebbero sostenere ricordandone quantomeno i meriti: Gualtieri. Scalmanati come sono, neppure capiscono di annullare il loro uomo. Gualtieri chi? Boh. Posato, tralasciato, ignorato, conta solo Calenda, e non lui che pure fu il ministro che ottenne il Pnrr e che ben gestì l’Economia in un momento difficile per l’Italia. Finisce nel sottoscala, il bravo Gualtieri. Immeritatamente trasformato dai suoi stessi compagni  in un funzionario senza nome, “il nostro”, confuso e indistinguibile, il puzzle tipicamente italiano del generico, dell’imprecisabile, un profilo che non ha identità,  quasi senza naso e senza bocca, una parentesi graffa come il ritratto stilizzato con cui Hitchcock presentava i suoi film alla televisione. Non una persona, ma una casella. Ovviamente occupata dal Pd.

 

Insomma nemmeno Calenda nei suoi sogni più dolci avrebbe mai immaginato che lui un giorno, leader di un partito fin qui mai misuratosi alle elezioni, sarebbe stato elevato a nemico epocale dal più grande partito della sinistra italiana, dal partito del socialismo europeo, dal partito che da tre anni regge i destini di tutti i governi. Lo trattano come i no global trattavano le multinazionali, come gli indiani metropolitani trattavano l’Amerika, come i comunisti trattavano Craxi quando persino nelle vignette diventava prepotente e muscolo flettente, in sostanza: Mussolini. E ovviamente più fanno così, più lo rendono leader, e rivelano il pericolo che rappresenta per la loro stessa sopravvivenza.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.