Puglia e non solo. Quando l'ecologismo frena la transizione ecologica

Valerio Valentini

Ci sono imprese che attendono dal 2013 di poter avviare i lavori per installare impianti eolici o fotovoltaici. Ma i contorsionismi burocratici e l'ambientalismo ideologico bloccano tutto. "Così è a rischio anche il Recovery", avverte Cingolani. Di cosa parliamo quando parliamo di ecologisti oltranzisti. Un'indagine

La Pv Invest di Benevento, per costruire il suo impianto solare a Lecce, s’è vista bollinare il  progetto il 27 luglio scorso. E di certo spera che il destino che la attende non sia lo stesso della Apulia Agroenergy di Bari, la cui procedura per l’avvio dei lavori necessari a realizzare la centrale a biomasse a Corato ha ricevuto il timbro della regione il 17 maggio nel 2013. Eccole, dunque, la prima e l’ultima dell’elenco: una lista di pratiche sospese che riempie cinque pagina di Excel in un file che sta sepolto in un qualche computer di un qualche funzionario della regione Puglia. Si tratta di 395 progetti in sospeso, accumulatisi nel corso di oltre otto anni: circa 20 miliardi di watt potenziali da fonti rinnovabili che nessuno può sfruttare. Perché, semplicemente, non ci sono. La burocrazia della regione guidata da Michele Emiliano continua a non dare l’autorizzazione decisiva che servirebbe ad avviare la produzione di energia pulita, eolica, fotovoltaica e a biomasse. E continua a farlo, e qui sta il colmo, in nome dell’ecologismo.

 

Ecco, per capire quanto poco ingiustificati siano gli sfoghi del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani contro un certo “ambientalismo oltranzista” basta farsi un giro tra gli uffici regionali pugliesi. “Da un punto di vista tecnico, il problema si chiama ‘Piano paesaggistico pugliese’”, sorride con amarezza Fabiano Amati, consigliere regionale del Pd. “Ma l’impedimento reale, quello da cui tutte queste storture derivano, sta nel divorzio tra ambientalismo e paesaggismo. Da quando la cultura ambientalista ha prodotto il dogma dell’ecologismo – prosegue Amati –  ha generato anche di questi paradossi. Ovvero che la transizione ecologica, cioè un grande processo industriale prima ancora che culturale, viene impedita dai supremi tutori del paesaggio”.

 

Non succede, va detto, solo in Puglia. E lo sanno bene al ministero della Transizione ecologica, dove sempre più spesso si ritrovano a dovere fare i conti con piani paesaggistici regionali in cui il perimetro delle aree protette, sensibili o strategiche, quelle insomma in cui installare impianti fotovoltaici o eolici non è possibile, continua a crescere di anno in anno. “Di questo passo – ha ribadito Cingolani martedì scorso a Giuseppe Conte e ai suoi ministri grillini arrivati a colloquio al quinto piano di Via Cristoforo Colombo – diventerà complicato rispettare non solo gli impegni inseriti nell’Accordo di Parigi, ma anche gli obiettivi fissati nel Pnrr”.
 Il principale lo aveva illustrato anche Mario Draghi alla Camera nell’aprile scorso, indicando “il target del 72 per cento  dell’elettricità globale da fonte rinnovabile nel 2030. Vuol dire installare circa 70 gigawatt di potenza rinnovabile nei prossimi dieci anni”. Significa, in sostanza, decuplicare il rimo attuale. E invece, senza un cambio di prospettiva e di rapporti tra Roma e le regioni, tra il Mite e le molte e varie soprintendenze, si rischia perfino di rallentare.

 

Perché, altra assurdità con cui i tecnici di Cingolani si sono ritrovati a fare i conti, è che in  alcune regioni l’autorizzazione a rinnovare o potenziare gli impianti eolici, che spesso significa dotarli di piloni più solidi e pale più lunghe, viene subordinata all’osservanza delle nuove normative nel frattempo introdotte da quando quegli impianti sono stati inaugurati. E le nuove ordinanze sono quasi sempre più restrittive, più severe, più proibitive. E dunque, perversione somma della logica prima ancora che del diritto, in certi casi l’unico modo per evitare di non poter riattivare impianti potenziati e ammodernati, è lasciarli vivacchiare così come sono, nella loro versione più vecchia e scadente. “Qui in Puglia – riprende Amati – abbiamo perfino un’area oggetto a Bonifica, in provincia di Brindisi, per la quale viene negata l’autorizzazione a costruire impianti fotovoltaici in nome della tutela del terreno. Che però va bonificato. Ma è mai possibile?”.

 

Ora la chimera che gli ambientalisti oltranzisti inseguono, l’illusione che immette in dimensioni edeniche e che ogni problema può risolvere, si chiama idrogeno. E però, per produrlo, anche quello ha bisogno di energie rinnovabili, a meno di non volerlo ottenere da combustione fossile. E si ritorna al punto di partenza.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.