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Dai rapporti con Putin al dopo-Merkel: così Salvini ora litiga coi suoi alleati sovranisti in Ue

Valerio Valentini

Alla riunione del gruppo Id volano stracci, e ai leghisti viene rimproverata la loro svolta anti Russia. Il Carroccio si giustifica: "Ora siamo in coalizione al governo". Ma per gli estremisti di AfD il tracollo probabile della Cdu non ammette scantonamenti: "Con la fine di Merkel tutto può cambiare". Scenari

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A sorprendere i loro alleati, più che il merito delle scelte, è il tempismo. “Ma come? Proprio ora che l’èra Merkel sta per chiudersi, proprio ora che il sistema politico a Berlino, e quindi a Bruxelles, può essere stravolto, voi scantonate?”. L’accusa di tradimento, gli europarlamentari della Lega se la sono sentita rivolgere dai colleghi di AfD, e in particolare da Maximiliam Krah, quarantatreenne di Dresda, esponente del partito d’ultradestra tedesco che siede nello stesso gruppo di sovranisti di cui fa parte anche il Carroccio. E’ stato lui, durante la riunione dei membri di Identità e democrazia (Id) di martedì scorso, a esternare con più fermezza un’insofferenza che in realtà è condivisa da altri compagni  antieuropeisti, che di fronte agli ammiccamenti leghisti verso il Ppe sbuffano assai.

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A sorprendere i loro alleati, più che il merito delle scelte, è il tempismo. “Ma come? Proprio ora che l’èra Merkel sta per chiudersi, proprio ora che il sistema politico a Berlino, e quindi a Bruxelles, può essere stravolto, voi scantonate?”. L’accusa di tradimento, gli europarlamentari della Lega se la sono sentita rivolgere dai colleghi di AfD, e in particolare da Maximiliam Krah, quarantatreenne di Dresda, esponente del partito d’ultradestra tedesco che siede nello stesso gruppo di sovranisti di cui fa parte anche il Carroccio. E’ stato lui, durante la riunione dei membri di Identità e democrazia (Id) di martedì scorso, a esternare con più fermezza un’insofferenza che in realtà è condivisa da altri compagni  antieuropeisti, che di fronte agli ammiccamenti leghisti verso il Ppe sbuffano assai.


L’ultima baruffa s’è consumata intorno alla questione russa, e non a caso. Perché la settimana prossima la plenaria di Bruxelles dovrà esprimersi sul cosiddetto Rapporto Kubilius. Si tratta di un protocollo che impegna l’Ue a definire una nuova strategia di rapporti diplomatici con Mosca che persegua due obiettivi:  “Fermare l’aggressività esterna e le repressioni interne da parte del Cremlino e sostenere il popolo russo in un percorso verso la costruzione della democrazia”.  Così, almeno, li ha riassunti l’europarlamentare lituano del Ppe Andrius Kubilius, da cui il dossier prende il nome. Una posizione, questa, che fino a qualche mese fa non avrebbe scomposto affatto l’unità dei sovranisti, e sarebbe stata convintamente respinta da quel Matteo Salvini che diceva, ancora nell’ottobre del 2018, di sentirsi a casa a Mosca e non in tante capitali europee. E però in quasi tre anni di cose ne sono cambiate, per la Lega. E così a metà luglio scorso, quando la commissione Affari esteri del Parlamento europeo ha votato sul Rapporto Kubilius, le due esponenti leghiste presenti, Anna Cinzia Bonfrisco e Susanna Ceccardi, hanno appoggiato l’iniziativa. “Ma ciò contraddice le nostre battaglie”, è sbottato il tedesco Krah durante la riunione di gruppo. “Chiedo a chi si è espresso a favore se crede che sia davvero una buona idea che Bruxelles imponga ai russi un cambio di regime che dovrebbero semmai essere loro a promuovere”.
Tanto è bastato, insomma, per accendere la polemica. E se è vero che la distanza che è andata maturando tra la Lega e gli alleati sovranisti di AfD e Rassemblement National intorno alle faccende russe non è una novità dell’ultima settimana, è anche vero che è proprio alla luce delle scadenze elettorali più incombenti che il gruppo di Id si va disunendo.


Perché i leghisti che seguono il credo di Giancarlo Giorgetti, e in generale quelli più disillusi rispetto alle tentazioni del sovranismo estremo, nella ricomposizione del fronte delle destre intorno al Ppe, se non addirittura in un ingresso della Lega tra i popolari, ci credono davvero. “Non fino a che c’è la Merkel”, ha spiegato il ministro dello Sviluppo ai suoi confidenti, evidenziando come le ingiurie personali che Salvini ha rivolto negli anni alla cancelliera rendono impraticabile ora questa ipotesi. Però la stagione eterna di frau Angela ormai è prossima al tramonto. E quindi tutto si rimette in discussione. “Per questo noi assumiamo una posizione più responsabile”, hanno spiegato i leghisti ai loro colleghi. “Come centrodestra – è entrato nel dettaglio Marco Campomenosi – facciamo parte di una maggioranza dove non è sempre facile trovare una sintesi. Ma alle porte c’è un test elettorale, quello delle amministrative in molte grandi città,  che è importante anche per noi”. E però i sovranisti tedeschi, a questa strategia della moderazione, sembrano credere poco. “La nostra politica sta pagando”, ha rivendicato appunto Krah. “AfD ha l’11-12 per cento dei consensi e dobbiamo prepararci a un grande cambiamento. La Cdu non andrà oltre il 20 percento: ha perso più di un terzo dei seggi e non potrà più indicare il cancelliere. Potrebbe perfino restare fuori dal governo. E questo è  un fatto positivo. Perché la caduta della Cdu potrebbe far nascere in Germania un polo di centrodestra simile a quello sorto in Italia dopo la fine della Dc. Se i sondaggi non sbagliano, è finita non solo l’èra Merkel, ma la Cdu”. Tutto da verificare, certo. Ma l’unica certezza che pareva condivisa tra gli europarlamentari leghisti aggiornati dai loro referenti sull’esito della riunione, è che ormai, arrivati a metà della legislatura che doveva vedere il trionfo del sovranismo, il gruppo di Id sembra destinato a sfaldarsi inesorabilmente.
 

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