La Lega alla prova

Salvini non pass. Draghi e Giorgetti discutono già dove applicare il green pass

I leader della Lega fa adesso il liberale. Draghi è preoccupato per l'aumento dei contagi

Carmelo Caruso

Il segretario della Lega è rimasto solo. Vaccinati i suoi governatori, i suoi ministri (ora dice che si sarebbe prenotato). Sarà costretto ad accettare anche l'adozione del green pass che per il governo è "l'ineluttabile per conservare la libertà". Giorgetti gli spiega come funziona in Cdm

Adesso è entrato nella fase Voltaire. Sta già dicendo che “non si possono mettere in discussione le libertà costituzionali” che “non ha senso parlare di obbligo vaccinale per gli insegnanti” e che il “green pass alla francese non si può accettare”. Accetterà quello che stabilirà Mario Draghi perché non è più in discussione se farlo ma solo come. I contagi aumentano in Spagna, Olanda e Inghilterra. I ministri di Matteo Salvini potrebbero presto trovarsi di fronte una proposta che ne sancirà l’adozione per tutto ciò che riguarda “il consumo al tavolo”. Chi sta vicino a Salvini, e significa Giancarlo Giorgetti, gli ha spiegato come funziona: “Si discute ma poi decide lui”.

 

Dopo aver dichiarato che la Lega è il partito più leale, che figura farebbe se la sua delegazione si astenesse? Innanzitutto chi vuole bene al leader della Lega gli ha spiegato che è necessario che si vaccini e subito. Perché finora non lo ha fatto? Perché ha la febbre da banchetto referendario e perché anche questo suo “mi vaccino o no” è stata una grande calamita. Si è parlato (male) di lui. Ma se ne è parlato. Gli chiedono “ma cosa aspetta?” e lui sorride. Strizza l’occhio a Matteo Renzi, ragiona di ddl Zan. In pratica, cambia discorso. Ha spiegato al partito: “Li farò parlare un altro po’ e poi vado a farlo”. Si sarebbe prenotato. Lo ha confessato alle sue persone più care. E c’è da scommettere che se non fosse inseguito da FdI, dal pensatore Lollobrigida (“no al vaccino sotto i 40 anni”) si sarebbe già vaccinato, lui che (chi lo ricorda?) si faceva fotografare  sul lettino da donatore: “Stamattina ho donato il sangue. Fatelo anche voi, cari amici”.

 

Sta insomma gareggiando con Giorgia Meloni a chi si vaccina per ultimo, a chi interpreta meglio la (in)coscienza liberale. Nella Lega si sono vaccinati Giorgetti, Massimiliano Fedriga (doppia dose), Attilio Fontana, Luca Zaia. Anziché dire “non voglio che mi figlio venga inseguito con una siringa”, come ha detto Salvini, i governatori della Lega stanno portando avanti una campagna pro vaccinazioni, fanno debunking di cialtroni anti vaccinisti. Temporeggiando non fa altro che mettere in difficoltà proprio loro che hanno tutta la voglia di riaprire in sicurezza. La base della Lega non è contro il green pass. Lo è solo una schiuma che dice “no” ma perché ce l’ha con il mondo intero.

 

Al momento il governo non prevede obblighi vaccinali per le scuole ma il governo vuole che passi questa idea: il vaccino come un antidoto, una panacea e dunque “vaccinarsi presto e vaccinarsi subito”. Che ragione avrebbe fare una campagna contro il green pass che viene definito, e non lo dice Draghi, ma chi dialoga con Draghi, “non una limitazione delle libertà ma il solo modo che abbiamo per conservare la libertà che ci siamo ripresa”? È qualcosa di ineluttabile. Giorgetti che è il “leghista empirico”, una specie di Cartesio, da giorni, non a caso, ripete che sul green pass l’unico modo è trovare un modo per farlo bene, farlo insomma “passare solo per tutte quelle attività che hanno a che fare con il tempo libero e lo svago”.

 

La minaccia di Salvini sul green pass è come quei fischietti che non fischiano, le maniglie che non aprono. Infine. Lasci perdere una volta per tutte la professoressa Elsa Fornero. Ieri è stato Bruno Tabacci (che l’ha chiamata) a precisare che parteciperà solo a due riunioni in un anno e che non interverrà sul Pnrr. Salvini è preferibile quando raccoglie firme rispetto a questo (ultimo) che si crede adesso Isaiah Berlin.   
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio