L'intervista

"Grillo vuole fare del M5s un movimento di garzoni". Parla lo scrittore di Padre Padrone

"Da buffo rischia di rimanere solo buffone"

Carmelo Caruso

"Grillo è davvero padre padrone. Non vuole che i figli si emancipano. Il M5s non può essere un movimento posseduto. Conte è una buona guida". Parla Gavino Ledda, l'autore del libro simbolo citato dall'ex premier

E’ ancora e sempre “padre padrone”? “E’ stato il titolo di un romanzo fortunato, un frutto sgorgato dalla terra. Le parole di un pastore analfabeta che ce l’ha fatta. Ero io”. Giuseppe Conte dice adesso che Beppe Grillo si è comportato da “padre padrone” e che la sua è  la paura della “roba” che scompare, l’angoscia del genitore che  non accetta la vita che continua. “E ha ragione Conte. Che movimento può essere un movimento posseduto? Può diventare un ovile, un movimento di garzoni”. E lei cosa è diventato? “Lo scrittore Gavino Ledda, autore di Padre Padrone, storia di un’emancipazione, figlio di contadini sardi”.


I fratelli Taviani ne hanno girato un film che ha vinto perfino la Palma d’Oro. Si dice infatti “padre padrone” quando si vuole indicare dell’Italia aspra, della ricotta e del bastone, degli schiaffi e del bestiame. “E oggi si dice padre padrone anche in politica. E’ un’espressione che è finita per entrare nel lessico comune. Ha fatto il giro del mondo. Nel mio caso era, e rimane, il racconto di un genitore che impediva il riscatto di suo figlio”. Come Grillo? “Come lui”. Padre padrone come Mastro Don Gesualdo e come quel Mazzarò di Verga che “pareva fosse suo pure il sole che tramontava? “Certo, come tutta quella “letteratura della terra” ma padre padrone come lo era pure Gianroberto Casaleggio. La parola stessa “movimento” indica il muoversi. Sia Grillo che Casaleggio vogliono invece il recinto. Ci ho sempre riflettuto e ho sempre pensato che in questo loro possedere il movimento ci fosse qualcosa di pericoloso”. Dove vive? “A Siligo, in provincia di Sassari. Non me ne sono mai andato”. In passato ha votato il M5s? “Sono uno scrittore. Mi definisco a-politico. Ma non mi impedisce di riconoscere le qualità di Conte. E’ stato un buon presidente del Consiglio in un anno difficilissimo. Sono tutte caratteristiche che lo candidano di fatto a essere l’unico che possa guidare il M5s. Non è vero che non vale nulla e non è vero neppure che non ha un programma e visione. Adesso ha anche l’esperienza”. E invece, per Grillo, è “seicentesco”. “E lui così facendo è un egoista”. Non è solo un leader che non accetta che qualcuno possa prendere il suo posto? “Ma il suo movimento non era nato per mettere fine a tutto questo? C’è qualcosa altro. C’è la sua impossibilità, il non sapere seguire la natura come fanno le aquile. Cacciano per i figli, li sorvegliano ma poi li lasciano andare. Lui non ci riesce”.

 

Meno di un anno fa, da premier, Conte scriveva “parlo da padre di famiglia”, e dunque italiani figli “miei”. E pure Grillo rivendicava che Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista erano tutti figli “suoi”. E se scrivessimo una storia dei partiti attraverso gli aggettivi possessivi? “Sarebbe sicuramente la più autentica”. Padre, padrino, padrone, padronale. E’ una sciagura fare il padre? “Avrei tanto voluto esserlo. Non ho avuto questa fortuna. Mio figlio è morto presto. E’ una vicenda dolorosa che mi fa male”. Quanto sta pesando la vicenda del figlio Ciro sul padre Beppe? “Credo tantissimo. Ho l’impressione che Grillo stia passando un periodo malinconico. E però deve tornare a fare il buffo se non vuole rischiare di finire per fare solo il buffone”.

 

Dice Gavino Ledda che il suo romanzo resta “il capostipite” di un genere che non ha avuto gemelli e che un libro così lo potrà forse scrivere “un ragazzo dalla pelle nera o forse un asiatico”, qualcuno che si deve affrancare. Sono passati quasi cinquant’anni dalla pubblicazione di quel romanzo. Perché Conte si è servito di questo titolo? “Perché aveva bisogno di un epiteto, la necessità di ripudiare Grillo che come si vede è antistorico. Non è più l’Italia di Padre padrone. Conte si è rivolto a questi ragazzi da buon pastore”. Chi sono i nostri buoni pastori? “Sergio Mattarella e Mario Draghi”. Vede che servono padri e pastori? “Certo che servono i padri e i pastori. Ma i figli non sono “roba mia, vientene con me”. Quelli che non servono sono i padroni padri”.

 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio