Grillo vs grillini. L'ultimo show del comico è trasformarsi in uno scudo umano per proteggere il metodo Draghi

Claudio Cerasa

Il movimento 5 sberle e lo scontro tra sultanati. Spasso, deliri e conseguenze di una variante pericolosa per il governo

La variante Delta spaventa l’Italia, la variante Conte spaventa il M5s, la variante Grillo spaventa Travaglio, la variante grillina spaventa il governo e alla fine della giornata di ieri ci sono almeno due domande che restano sospese. Prima domanda: quanto deve essere preoccupata l’Italia per la presenza sempre maggiore di contagi derivanti dalla stessa variante (la Delta) che in pochi giorni ha portato l’Inghilterra a registrare un aumento di infezioni pari al 50 per cento?

  

Seconda domanda: quanto deve essere preoccupata la maggioranza di governo per la presenza sempre maggiore di scricchiolii presenti nel martoriato corpaccione grillino? Per quanto possa apparire paradossale, rispondere alla seconda domanda è più difficile che rispondere alla prima domanda (sì: la variante Delta è più contagiosa delle altre varianti e potrebbe far aumentare i contagi anche in Italia ma le due dosi di vaccino offrono una copertura sufficiente per evitare guai) e per questo esercitarsi sul secondo tema può essere utile per provare a capire  il gran casino grillino.

 

La storia grosso modo la conoscete. Prima Beppe Grillo chiede a Conte di guidare il M5s. Poi Beppe Conte prova a guidare il M5s facendo a meno di Beppe Grillo. Quindi Beppe Grillo ricorda a Beppe Conte di non essere un coglione (letteralmente). Infine, questo è successo ieri, Beppe Conte minaccia di mollare tutto (che fai, mi caccio?), di lasciare il Movimento 5 stelle (al momento 5 sberle) e di essere pronto a fondare un altro partito (si vede che Casalino è tornato). Il caos grillino si presta a mille interpretazioni diverse (il più diabolico è Matteo Renzi che contianamente twitta: “Sta andando tutto bene”) e a mille ironie diverse si presta la lotta nel fango tra vecchi compagni di manette (il Fatto quotidiano ieri ha accusato Grillo di voler “sfasciare il M5s”, ma come ha giustamente notato  Luca Bizzarri è effettivamente pazzesco che “Grillo voglia comandare in un partito fondato da Grillo, voluto da Grillo, dove sconosciuti chiamati grillini hanno preso i voti di Grillo, detto l’Elevato, e che i suddetti sconosciuti hanno definito il Garante senza il quale sarebbero rimasti sconosciuti”).

 

Dietro alla grande commedia grillina (nel 2009 fu Piero Fassino a consigliare a Grillo di fondare un partito, e poi vediamo quanti voti prende, oggi potrebbe essere Grillo a trovarsi in quella situazione) vi è però un dato politico interessante che in qualche modo costituisce la vera trama politica che si intravede dietro al vaffa atomico che Grillo ha rivolto a Conte e che Conte ha rivolto a Grillo. Un vaffa che apparentemente riguarda i dettagli tecnici dello statuto del M5s (chi ha l’ultima parola) ma che in verità riguarda la volontà di Grillo di partecipare come attore protagonista a uno show che per quanto possa risultare comico esiste davvero e che potremmo sintetizzare utilizzando il titolo di un famoso spettacolo del comico genovese: “Grillo vs Grillo”.

 

Il Grillo vs Grillo oggi andrebbe però sostituito da un Grillo vs grillini e la volontà di Grillo di non disimpegnarsi dal suo ruolo di garanzia è legata a un fatto che prevale sugli altri: quella di voler essere lo scudo umano di Mario Draghi (“un vero grillino”, come disse comicamente ma seriamente Grillo a febbraio). Se si vuole dunque andare all’osso di ciò che succede nel M5s il punto è anche questo. Un pezzo di M5s pensa al modo giusto per affrancarsi da Draghi (Conte-Travaglio), un pezzo di M5s pensa al modo giusto per difendere l’equilibrio attuale (Grillo-Di Maio). In mezzo a tutto questo, poi, c’è il Pd, che dopo aver trasformato Conte nel punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti capisce con una certa preoccupazione che le fibrillazioni del M5s, complice il prossimo semestre bianco, potrebbero costringere il Pd ad appellarsi proprio a Grillo (e Di Maio) per evitare che il punto di riferimento fortissimo dei progressisti (Conte) possa trasformarsi nel punto di debolezza fortissimo del governo Draghi. Se non ci fosse di mezzo una pandemia, verrebbe quasi da ridere.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.