Piero Fassino (foto Ansa)

Il colloquio

Fassino: "Appendino sbaglia. A Torino sì a un accordo con il M5s al ballottaggio"

Luca Roberto

L'ex primo cittadino: "La partecipazione alle primarie è stata inferiore alle aspettative, ma non è un segnale di debolezza. Letta e Conte favoriscano una convergenza al secondo turno, contro la destra"

Quando toccò a Piero Fassino calarsi nelle primarie di coalizione, l'affluenza ai gazebo nelle piazze di Torino superò i 53mila elettori. Più di cinque volte i partecipanti alle primarie dello scorso weekend, che hanno incoronato con uno scarto di 300 voti Stefano Lo Russo come candidato del centrosinistra. “Un numero inferiore alle aspettative, ma ogni comparazione con dieci anni fa è fuori luogo. Nel frattempo è cambiato il mondo, l’Italia, i partiti”, dice al Foglio l'ex primo cittadino. Ci spieghi, non è un segnale di debolezza? “Le primarie sono state la prima iniziativa pubblica dopo un anno e mezzo di reclusione per la politica. Peraltro a pandemia e vaccinazioni in corso. In più la scelta di votare in anticipo rispetto a Roma e Bologna non ha aiutato: votare in tutte le città in una stessa giornata avrebbe avuto un effetto mobilitante. Detto questo, meglio far scegliere il candidato da 12mila elettori che da pochi dirigenti politici. Se non altro è un metodo di selezione che ci ha messo di fronte alle difficoltà che dovremo affrontare in campagna elettorale”.

 

Già, la campagna elettorale. Per Paolo Damilano, sostenuto dalla destra, è iniziata a dicembre. Mentre il M5s, dopo il passo di lato della sindaca Appendino, ancora deve decidersi su chi puntare tra i consiglieri Valentina Sganga e Andrea Russi. Dopo cinque anni di grillismo, Lo Russo è il profilo giusto per riprendersi la città? “Ha una grande esperienza, è stato capogruppo prima di maggioranza e poi di opposizione, ottimo assessore all'Urbanistica. Rispetto a Damilano conosce la macchina amministrativa e un minuto dopo le elezioni saprebbe come muoversi”, sottolinea Fassino. Anche se, facciamo notare, la sua vittoria alle primarie sembra aver ostacolato una convergenza con i Cinque stelle, che avevano sostenuto (lo ha fatto il viceministro Castelli, con un endorsement pubblico) Enzo Lavolta, poi arrivato terzo. Cosa dovrebbe fare adesso Lo Russo per allargare il più possibile il perimetro della coalizione? “Anzitutto, un patto con gli sfidanti alle primarie, che hanno riscontrato un consenso di cui è bene tenere conto. Dopo di che, dovrà cercare di muoversi in più direzioni, rivolgendosi a Italia Viva, Azione e coinvolgendo la società civile torinese. E dando spazio alla parità di genere. L'invito rimane aperto anche al M5s”.

E però la sindaca è stata categorica: ha escluso possibili apparentamenti al secondo turno se un accordo non lo si stipula prima delle elezioni. Un'impuntatura che l'ex sfidante di Appendino, però, rispedisce al mittente. “Credo che il dialogo con i Cinque stelle sia stato inficiato da un grosso equivoco. La Appendino a più riprese ha detto di voler lavorare a un candidato di sintesi con il Pd, ma la maggioranza 5stelle che la sostiene in Consiglio comunale è sempre stata contraria. Peraltro, dopo cinque anni in cui ci siamo contrapposti, un’intesa non è facile. Ma la rigidità della sindaca contro un accordo al ballottaggio non la capisco: così si rischia di favorire la scalata della destra. Dati i difficili rapporti di questi anni, è più credibile una convergenza al secondo turno”.

 

L'ex governatore Sergio Chiamparino ha suggerito un avvicinamento circoscrizione per circoscrizione. “È una proposta ragionevole, per lavorare sui territori, a partire dalle periferie come Falchera, le Vallette e Mirafiori sud, che nel 2016 premiarono la Appendino e solo due anni dopo, alle Europee, delusi dalla sindaca, votarono in massa Lega. Il punto di partenza è riconoscere che questi cinque anni della giunta 5s non sono stati di buon governo. In eredità non è stato lasciato niente, c'è stata solo ordinaria amministrazione”, analizza l'ex segretario dei Ds. Certo, una mano la potrebbero dare anche i vertici nazionali di Pd e M5s, che hanno lasciato Torino al suo destino mentre ad esempio in Calabria lavorano ancora a una candidatura unitaria. Eppure, come dice ancora Fassino, “è giusto che i vertici nazionali lavorino su intese larghe, ma ci sono specificità locali che non possono essere annullate da un'omologazione nazionale. Torino e Roma, per ragioni evidenti, sono le città in cui è più difficile tessere un'alleanza al primo turno. Ciò detto, un eventuale appello di Letta e Conte per unire le forze al ballottaggio, sia che prevalga Lo Russo o il candidato dei Cinque stelle, credo possa fare solo bene”.

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