il retroscena

Conte blinda Bonafede e la prescrizione. E la riforma del processo penale rischia di slittare

Valerio Valentini

Il testo dovrebbe andare in Aula, alla Camera, entro giugno. Ma gli emendamenti di Via Arenula ancora non ci sono. La trama della Cartabia per superare le resistenze grilline, che però vengono rafforzate dall'ex premier. "Giuseppe non può rimangiarsi la nostra riforma", dicono i 5s

La versione ufficiale parla di minuzie da correggere, di piccole incognite residuali da definire nel dettaglio. Roba da funzionari, insomma. Solo che in Transtalantico le rassicurazioni di Via Arenula rimbalzano con un tonfo meno rassicurante: anche perché i giorni scorrono, sul calendario, e gli emendamenti del ministero della Giustizia al disegno di legge sulla riforma del processo penale non arrivano. “Segnale che l’intesa politica ancora non è stata trovata”, spiega ai suoi colleghi di partito il leghista Igor Iezzi, salviniano di rango, col tono di chi addita le prevedibili complicazioni a dimostrazione dell’opportunità dell’iniziativa referendaria promossa dal Carroccio. Gli emendamenti in questione, quelli con cui Marta Cartabia indirizzerà i lavori della commissione Giustizia di Montecitorio, dovevano in effetti arrivare a fine maggio; poi s’era spostato il termine alla settimana scorsa, quindi a quella che va declinando ora. E siccome, secondo la tabella di marcia concordata dai capigruppo di maggioranza col ministro Federico D’Incà, entro giugno il disegno di legge dovrebbe essere portato in Aula, il trascorrere dei giorni preoccupa un po’ tutti.

 

A partire forse dalla stessa Cartabia, che pure ha fin qui fatto del troncare e sopire il suo metodo di lavoro preferito. E però anche lei sa quel che il dem Alfredo Bazoli afferma, e cioè che “un minor tempo di discussione presuppone una maggiore condivisione di partenza”. Insomma, serve ormai un accordo blindato. Che però al momento pare difficile su più di un aspetto: e quasi tutte le insidie da superare hanno a che vedere con l’intransigenza del M5s. Perché la sostanza delle proposte che verranno da Via Arenula è già stata anticipata dal dossier elaborato dal gruppo di lavoro presieduto dal prof. Lattanzi. E su nessuna delle tre novità più rilevanti - modifica della prescrizione, inappellabilità delle sentenze di primo grado e indirizzo parlamentare nella definizione della priorità dell’azione penale - le rimostranze dei grillini si vanno placando.

 

Anzi, nei conciliaboli di corridoio alla Camera è emersa, da parte del M5s, la volontà di difendere a oltranza la bontà della riforma che porta il nome di Alfonso Bonafede. E il fatto che martedì sera Giuseppe Conte abbia rivendicato i successi di quella norma, ha dato nuovo ardore alla resistenza grillina. Specie sul punto della prescrizione: rispetto al quale, stando a quel che trapela, Bonafede vorrebbe proporre di ripartire dal “lodo Orlando”, quello che l’attuale ministro del Lavoro propose a poche ore dal tracollo del BisConte, mentre Roberto Fico era ancora in versione esploratore e al Quirinale già s’apprestavano a chiamare Mario Draghi. “E’ una questione di tempi sfortunati, per Giuseppe”, dice chi gli sta vicino, per spiegare come sarebbe arduo, per il Conte che s’appresta a chiedere il plebiscito alla base di attivisti, presentarsi sul proscenio deturpando uno dei totem del grillismo duro e puro. Solo che le mediazioni proposte in epoca di BisConte periclitante è evidente che non possano essere potabili in questo nuovo quadro politico e con una maggioranza in cui il M5s non ha alcun effettivo potere di veto. “Noi abbiamo presentato le nostre due proposte, sulla prescrizione, e ci sembrano dei buoni punti di caduta per tutti”, spiega Bazoli, come a invitare gli alleati grillini a fare un passo in avanti e a non intestardirsi su una via in cui resterebbero da soli.

 

E non a caso Enrico Letta, nel voler incontrare la Cartabia, ha lanciato un segnale politico preciso: “La totale condivisione dell’operato e dell’agenda dalla ministra”. Il che vale a ribadire, certo, la contrarietà del Nazareno alle scappatoie referendarie; ma serve anche a dire a Conte e Bonafede che no, sulla giustizia, stavolta, non arriverà alcun soccorso rosso.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.