Lo stato impietoso dei servizi e dei bilanci delle partecipate a Roma

Andrea Venanzoni

Assenza di efficace controllo, prolungata mancanza di approvazione dei bilanci, scarsa propensione alla valutazione strategica ex ante: la navigazione delle società partecipate romane è a vista, in un mare nebbioso e infestato di squali. Gli appunti della Corte dei conti 

Ogni giorno, vivendo la città di Roma, ci rendiamo conto di qualcosa che la burocrazia dipinge in maniera più asettica ma non meno impietosa: la scarsissima qualità dei servizi pubblici. Le società partecipate, che quei servizi essenziali devono o dovrebbero erogare, da tempo navigano in acque agitate. E in queste settimane lo riconosce la Corte dei conti, con la relazione di deferimento adottata il 30 marzo del 2021, e che ha visto poi celebrarsi udienza digitale il 10 maggio 2021, dopo un primo rinvio: il quadro che ne è emerso non è dei migliori e indica plasticamente un intricato groviglio di partecipazioni incrociate e soprattutto di una nemmeno troppo latente mancanza di esercizio di controllo da parte di Roma Capitale.


Quella relazione dovrebbe essere compendiata dalla attenta lettura, anche se non facilissima per i profani, della precedente deliberazione, la n. 22/2021 del 24 marzo 2021, con cui la Sezione regionale di controllo per il Lazio ha ricostruito la fisionomia problematica del quadro finanziario e dei bilanci delle partecipate capitoline.


Le perplessità e le criticità sono notevoli, ed evidenti, notano i magistrati contabili: la stessa deliberazione origina dai rilievi dell’Organo di revisione che nei questionari sul rendiconto 2018 (a pag. 12) e 2019 (a p. 11) e nella relazione al rendiconto 2019 (a pag. 26), esprime seri dubbi sulla piena attendibilità “dell’accantonamento riservato a fronteggiare le perdite delle società partecipate, in considerazione, tra l’altro, della mancata approvazione dei bilanci di alcuni organismi”. Perché infatti assenza di efficace controllo, prolungata mancanza di approvazione dei bilanci, scarsa propensione alla valutazione strategica ex ante riproducono un quadro in cui la navigazione delle società partecipate è a vista, in un mare nebbioso e infestato di squali.


Le regole dei bilanci pubblici, nel generale quadro di un tentativo di riordino e razionalizzazione, a far tempo dal 2014, prevedono per le amministrazioni, in presenza di un esercizio negativo di bilancio, l’obbligo di procedere all’accantonamento di risorse in un fondo vincolato, proprio per far fronte a eventuali problemi. Questa operazione, essenziale, notano i magistrati, è divenuta per certi versi improbabile nel cuore di Roma Capitale, per la mancata approvazione in passato dei bilanci di esercizio, come ad esempio quello di Ama e di quelli di Roma Metropolitane, partecipata ormai in liquidazione, secondo quanto aveva segnalato già l’Organo di revisione.
Il bilancio è uno strumento essenziale. Seguendone la linea si assiste ad esempio in maniera evidente al tracollo di Farmacap, ormai prossima alla dismissione. I tentativi di chiarificazione dell’amministrazione, ovvero la costituzione di una sorta di stanza di compensazione a mezzo accantonamenti nel Fondo passività potenziali, vengono giudicati come non contraddistinti dal necessario rigore imposto dal quadro normativo. Addirittura, la Corte rileva una “inosservanza marcata” delle previsioni normative concernenti il rapporto credito/debito con gli organismi partecipati: nei fatti, quindi, l’ente controllante, Roma Capitale, oltre a non aver svolto le sue prerogative di controllo, avrebbe determinato anche una ragnatela non districabile di crediti e debiti, con speciale riguardo proprio ad Ama e Atac, con un non secondario tema di quantificazione ed esatta perimetrazione dei crediti di dubbia esigibilità, ovvero quei crediti che esistono solo in via  teorica ma che nessuno potrà mai incassare.


E proprio in questo quadro suscitano perplessità le idee di salvataggio di Farmacap mediante incorporazione in Zetema, come proposto dall’assessore al Bilancio Lemmetti. Una mossa che finirebbe per rendere ancora più inestricabile il groviglio citato sopra e stigmatizzato dai giudici contabili.


Al di là di ogni tecnicismo, appare evidente come il labirinto di partecipazioni non agevoli in alcun modo l’efficiente gestione e, anzi, spesso si traduca nello spettacolo cui assistiamo  su base giornaliera, facendo venire meno qualunque forma di controllo e di connessa responsabilità.

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