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Qui Nazareno

Via ai congressi regionali del Pd. Inizia la danza delle correnti intorno a Letta

Valerio Valentini

Il Nazareno fissa due finestre temporali: una estiva e l'altra autunnale. La resa dei conti in dieci regioni e molte province scongela la sospensione della guerriglia interna imposta dal Covid. Dalle amministrative al Quirinale: il segretario si gioca tutto in sei mesi

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Due finestre temporali, una estiva e l'altra autunnale, e dieci regioni coinvolte. E una lettera che potrebbe segnare l'inizio della battaglia interna al Pd, la prima nell'era di Enrico Letta. A firmarla, quella missiva inviata ai capi dei vari presidi territoriali del Pd di mezza Italia, sono Stefano Vaccari e Marco Meloni, il responsabile organizzativo e il coordinatore della segretaria dem. Ed è il segnale che il congelamento alla dialettica intestina del partito, imposto evidentemente dal dilagare della pandemia, è finalmente finito. Il Nazareno prende atto, dunque, delle nuove misure introdotte dal Dpcm delle 2 aprile scorso, e dal conseguente allentamento delle restrizioni, e dà avvio al processo che porterà ai congressi di 10 regioni e di decine di province. 

 

"In particolare si individuano due 'finestre temporali' entro le quali SI DOVRANNO svolgere i congressi di ogni livello, giunti o che giungano a scadenza naturale nel 2021", si legge nella lettera diramata da Meloni e Vaccari. La prima finestra va dal 30 giungo al 31 luglio; la seconda dal 1 settembre al 7 dicembre. Dunque a cavallo dell'appuntamento decisivo delle amministrative d'autunno, che avranno luogo tra settembre e ottobre. E anche questo spiega il perché, da un lato e dall'altro della geografia interna del Pd, in tanti vedono nell'avvio dell'iter congressuale la possibilità di un nuovo confronto interno, se non di una vera e propria resa dei conti sospesa dopo la tumultuose dimissioni di Nicola Zingaretti e l'arrivo di Letta. Il ragionamento, condiviso con diversi toni ma analogo furore sia dentro Base riformista (la corrente di Luca Lotti e Lorenzo Guerini) sia nella sinistra interna che fa riferimento per lo più al ministro Andrea Orlando, è infatti questo: come si può pensare di ridefinire i vertici di dieci regioni, tra cui l'Emilia-Romagna, la Puglia e la Campania, senza innescare anche un confronto a livello nazionale, imboccando dunque la via del congresso prima delle elezioni politiche del 2023?

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Tutto, certo, dipenderà dall'esito delle amministrative e dall'esito delle elezioni per il capo dello stato, a febbraio 2022. E in quel semestre di fuoco, che si apre coi congressi regionali e finisce con la scelta del nuovo presidente della Repubblica, che Letta si gioca il suo destino. E con lui, tutto il Pd.

 

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