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Roma capoccia

Dopo (l'ennesimo) no di Bertolaso, Salvini e Meloni tacciono

Marianna Rizzini

Destra attendista su Roma. Battaglia sommersa sul nome politico?

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Lui dice no, lo ribadisce anche da Facebook. E loro non ci credono neanche quando il “no” è sonoro. Lui è l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso – che anche ieri ha fatto sapere che il suo futuro “è lontano da Roma”. Loro sono i partiti del centrodestra che sembrano non volersi rassegnare all’evidenza: e se ancora ieri mattina, da Forza Italia, Antonio Tajani confidava a Radio Capital la speranza che il diniego di Bertolaso non fosse definitivo, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il giorno prima, aveva invitato a non prendere il rifiuto come notizia certa. E però poi, visto l’ennesimo chiarimento in senso negativo (Bertolaso dice che Roma è “ridotta a un caravanserraglio” ma non per questo accetta di scendere in campo), sempre da Fratelli d’Italia filtrano anche altri ragionamenti, all’ombra del rinvio del vertice dei leader.

 

 

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Il tutto mentre ieri si svolgeva un altro vertice, “gemello” di quello svoltosi sette giorni fa, in cui i responsabili Enti locali del centrodestra raggiungevano l’accordo sui sindaci uscenti (per sostenerli compatti) e sul correre uniti nei comuni maggiori di 15 mila abitanti, fermo restando “il rebus Roma e Milano”. E così gli altri ragionamenti che filtrano da FdI girano attorno all’idea di mettere in campo il “profilo politico” in una Roma ancora scalabile a destra.

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E se sul nome del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli adesso anche gli avversari interni forse convergerebbero, Meloni temporeggia. E la Lega, che per mesi, Matteo Salvini in giù, ha detto di voler puntare su un profilo civico, osserva in silenzio l’alleata sul territorio (e avversaria dall’opposizione), nascondendosi a sua volta. Sottotraccia corre infatti il timore leghista che il gioco finale sia quello di far sfiorire le altre ipotesi per far emergere un profilo che a Roma sarebbe appunto quello di un esponente di FdI. Che pure corre  il rischio di far spazientire qualche militante, tentato addirittura dal voto disgiunto al primo turno per Carlo Calenda.

 

Non temporeggia invece Forza Italia, attivissima su più fronti, nonostante non sia rappresentata in consiglio comunale: il ministro Mariastella Gelmini si è spesa per il tavolo per i poteri speciali a Roma, per non dire di Tajani e di Maurizio Gasparri, commissario romano del partito (e c’è chi si domanda: ma perché non lo chiedono a lui, di candidarsi?).

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Nel generale stallo, si attende tra altri sette giorni il vertice con i diretti interessati – i leader, appunto. 

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